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Non è un lavoro per giovani


Non è un lavoro per giovani

Il presente manifesto nasce per contribuire a ripensare la cultura del lavoro in Italia ed è frutto di diversi incontri e confronti tra giovani cittadini, istituzioni e imprese, con l’obiettivo di promuovere una riflessione condivisa e un concreto dialogo intergenerazionale per costruire un mondo del lavoro etico, inclusivo e innovativo.

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In tutto il mondo è in crisi la cura del bene comune e il valore della comunità è messo in dubbio. Le persone e i loro legami sono sempre più fragili, indebolendo quindi le istituzioni democratiche che vivono in una crescente incertezza e incapacità di riforma.

Questi cambiamenti, in un contesto sempre più globalizzato ma anche sempre più frammentato, influenzano ogni aspetto della vita, a cominciare dal lavoro, che rappresenta il principale mezzo attraverso cui le persone partecipano attivamente alla vita collettiva.

Il mondo del lavoro ha natura plastica, si adatta al contesto e alle pressioni che le nuove culture, le nuove esigenze, personali e collettive, e i nuovi mercati richiedono. 

Questa dinamicità impone alle istituzioni, agli enti di formazione, alle imprese e ai lavoratori di ripensare i propri strumenti per stimolare vocazione individuale, capacità di adattamento e competenze diverse rispetto al passato.

La formazione universitaria non riesce più a dare risposte sicure a studenti sempre più privi di fiducia ed entusiasmo, meno stimolati a riflettere sul significato più profondo di quanto si apprende.

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La ricerca in Italia ha un ruolo ridotto ai minimi termini con un impatto negativo non solo sul lavoro di professori e ricercatori ma sul progresso stesso della società.

La dittatura del fare ha reciso l’equilibrio tra lavoro e vita privata riducendo il tempo dedicato alla cura dei propri affetti e delle proprie passioni, generando nuove  forme di ingiustizia sociale.

La competizione esasperata, unita alla debolezza degli strumenti forniti, sia alle nuove generazioni sia ai lavoratori, causa emarginazione e produce conseguenze negative sulla qualità di vita e sulla speranza nel futuro.

Il fenomeno della fuga di cervelli è sempre più evidente. Negli ultimi dieci anni circa 550 mila under 35 sono emigrati all’estero in cerca di opportunità lavorative, senza però essere bilanciati da altrettanti ingressi, causando una consistente perdita di risorse umane ed economiche. 

I tirocini non retribuiti rappresentano una delle principali criticità del mercato del lavoro giovanile in Italia. Circa il 60% dei tirocini extracurriculari in Italia non prevede alcuna forma di rimborso spese, con percentuali ancora più alte nel Mezzogiorno.

Lo scontro tra nazionalità, età, genere, condizioni economiche, fisiche e sociali deteriora lo stato di salute della comunità, abbandonando le persone alle proprie difficoltà, arrivando ad escluderle dalla vita sociale.

La disparità di genere riduce la produttività, mina la libera realizzazione delle persone e genera una società più ingiusta e debole: stipendi più bassi, discriminazioni e minori possibilità di carriera e indipendenza.

I contrasti intergenerazionali tendono a costruire una competizione eccessiva sul piano culturale, economico e lavorativo, compromettendo il naturale e positivo scambio tra persone di età diverse.

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I progressi dell’informatica e lo sviluppo delle tecnologie hanno inserito i rapporti di lavoro in una dimensione digitale modificando i tempi e le modalità di lavoro, obbligandoci a riflettere su come garantire sviluppo economico, benessere individuale e sociale. 

I cambiamenti ambientali e climatici impattano sui singoli e sulle società, modificano lo sviluppo dell’attività lavorativa, la prospettiva e la qualità della vita delle persone minando la sicurezza e la stabilità di intere aree geografiche.

Ripensare la cultura del lavoro significa restituire valore all’impegno di ciascuno, ridefinendo una nuova idea di Paese. 

La scuola e l’università devono essere realmente accessibili a tutti e orientate allo sviluppo della persona e al progresso della società. Il lavoro di professori, ricercatori e 

insegnanti deve uscire dalla precarietà ed essere valorizzato perché è un pilastro della crescita culturale, sociale ed economica.

La formazione professionale deve coinvolgere tutti, durante l’intera età lavorativa. L’aggiornamento di competenze e conoscenze è alla base dello sviluppo di capacità di adattamento e pensiero critico, strumenti necessari per un tessuto lavorativo dinamico e creativo capace di sostenere le sfide del presente.

La salute mentale è una priorità di cui lo Stato e le imprese devono farsi carico facilitando l’accessibilità economica, mettendo a disposizione professionisti e abbattendo lo stigma legato alle problematiche psicologiche.

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Le diverse generazioni devono dialogare e  collaborare affinché la condivisione di saperi e competenze valorizzi le specificità di ognuno, migliorando l’ambiente professionale e coinvolgendo tutti nelle attività lavorative.

La parità di genere deve concretizzarsi nella retribuzione, nelle responsabilità, nelle opportunità di carriera e nell’equa condivisione dei doveri di cura, garantendo a tutti l’accesso agli stessi diritti e alle stesse possibilità, senza alcuna distinzione.

Il lavoro non deve invadere la vita privata occupando indiscriminatamente il tempo libero delle persone e violando, attraverso una reperibilità costante e troppo spesso non retribuita, il diritto alla disconnessione di ciascuno.

I luoghi di lavoro devono essere sicuri e a misura delle persone favorendo l’incontro e la socialità. L’affermarsi dello smart working impone la nascita di spazi comuni dove tutti possono lavorare e condividere la propria attività.

L’AI e lo sviluppo delle tecnologie aprono opportunità inedite. Per questo motivo, devono essere integrate nella formazione e nel lavoro innovando i processi, migliorando la produttività e contribuendo al progresso di tutta la società.

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Vittorio Emanuele Agostinelli +39 3512098294; vittorioemanuele.agostinelli@gmail.com

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