Specchietti laterali, altoparlanti stereo, pompe dell’olio, tergicristalli, sensori per le perdite di carburante e per le frenate: sono alcuni degli elementi di un’auto che hanno bisogno di elementi rari. Che sono per lo più in mano alla Cina. Qualcuno cerca alternative ai magneti
Le aziende automobilistiche conoscono già bene l’effetto “collo di bottiglia” sulle forniture. E ciò che temono ora è che l’approvvigionamento di terre rare si trasformi nel terzo fenomeno di questo tipo in cinque anni. La Cina ha il coltello, o si potrebbe dire, il magnete dalla parte del manico nelle sue trattative con Donald Trump che ha voluto scatenare la guerra dei dazi. Forse l’amministrazione Usa non aveva informato il presidente di che portata potesse avere la “bomba” commerciale cinese, mentre i dirigenti delle case automobilistiche e i fornitori di componenti sono ben consci e proprio per questo sono ora esasperati e alla disperata ricerca, per ora senza successi efficaci, di fonti alternative di magneti, la cui disponibilità è scarsa a causa delle restrizioni all’export cinese. Intanto sono stati nuovamente costretti a fare appello alle loro scorte.
Frank Eckard, ceo di un produttore tedesco di magneti, ha ricevuto una valanga di telefonate nelle ultime settimane, riporta Reuters. Alcuni gli hanno detto che le loro fabbriche potrebbero chiudere entro metà luglio senza le scorte di magneti di riserva. “L’intera industria automobilistica è nel panico”, ha dichiarato Eckard, ceo di Magnosphere, con sede a Troisdorf, in Germania. “Sono disposti a pagare qualsiasi prezzo”.
L’incontro a Londra per ricucire gli strappi del dopo-Ginevra
La giornata di oggi potrebbe essere cruciale. I rappresentanti di Stati Uniti e Cina si incontreranno a Londra e tenteranno di rilanciare quell’accordo commerciale preliminare raggiunto a Ginevra il mese scorso per ridurre almeno temporaneamente i dazi che erano saliti a oltre il 100%. Da allora però entrambe le parti si sono reciprocamente accusate di aver rinnegato l’accordo e i successivi colloqui si sono rapidamente arenati.
Gli Stati Uniti si sono lamentati del calo delle spedizioni di magneti in terre rare, essenziali per i veicoli elettrici e i sistemi di difesa americani. La Cina si è irritata per le restrizioni statunitensi sui chip di intelligenza artificiale di Huawei Technologies, sui software per la progettazione di chip, sui motori di aerei, oltre che sui visti per oltre 280.000 studenti cinesi.
Nel corso del fine settimana è emerso che la Cina ha intenzione di concedere licenze di esportazione temporanee (circa 6 mesi) ai fornitori di terre rare delle tre principali case automobilistiche statunitensi, una mossa che dovrebbe rimettere in moto le catene di approvvigionamento.
Intanto il governo cinese ha informato che nei colloqui tenuti la scorsa settimana a Parigi tra il ministro cinese del Commercio Wang Wentao e il commissario europeo per il Commercio Maros Sefcovic, Pechino ha espresso la sua intenzione di creare un “canale preferenziale” destinato a “rendere più rapido il processo di approvazione” per esportare determinati minerali verso l’Europa.
Il passato non insegna: è paura supply chain
L’industria teme che la situazione delle terre rare possa trasformarsi nel terzo enorme shock della catena di approvvigionamento in cinque anni. Tra il 2021 e il 2023, la carenza di semiconduttori aveva cancellato milioni di auto dai piani di produzione delle case automobilistiche. Prima di allora, la pandemia di coronavirus del 2020 aveva costretto le fabbriche a chiudere per settimane.
Queste crisi hanno spinto il settore a rafforzare le strategie di supply chain. I dirigenti hanno dato priorità alle scorte di riserva per i componenti chiave e hanno riesaminato l’uso di inventari just-in-time, che consentono di risparmiare denaro ma possono lasciare le aziende senza scorte in caso di crisi.
A giudicare dalle telefonate in entrata di Eckard, però, “nessuno ha imparato dal passato”, ha detto.
Questa volta, con il restringimento del collo di bottiglia delle terre rare, l’industria ha poche valide opzioni, dato il dominio cinese sul mercato.
Le automobili odierne utilizzano motori basati su terre rare in decine di componenti: specchietti laterali, altoparlanti stereo, pompe dell’olio, tergicristalli, sensori per le perdite di carburante e sensori di frenata.
La Cina controlla fino al 70% dell’estrazione globale di terre rare, l’85% della capacità di raffinazione e circa il 90% della produzione di leghe metalliche e magneti a base di terre rare, ha affermato la società di consulenza AlixPartners. Un veicolo elettrico medio consuma circa 0,5 kg (poco più di 1 libbra) di terre rare, mentre un’auto a combustibili fossili ne consuma solo la metà, secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia.
L’affannosa ricerca di strade alternative dà pochi frutti per ora
La Cina ha già adottato misure severe in passato, come nel caso della disputa con il Giappone del 2010, durante la quale ha limitato le esportazioni di terre rare. Tokyo ha dovuto allora trovare fornitori alternativi e, nel 2018, la Cina rappresentava solo il 58% delle sue importazioni di terre rare. “La Cina ha avuto la carta delle terre rare da giocare ogni volta che ha voluto”, ha affermato Mark Smith, CEO della società mineraria NioCorp, che sta sviluppando un progetto sulle terre rare in Nebraska, la cui produzione dovrebbe iniziare entro tre anni. In tutto il settore, le case automobilistiche hanno cercato di svincolarsi dalla Cina per i magneti in terre rare, o addirittura di sviluppare magneti che non ne richiedano l’utilizzo. Ma la maggior parte degli sforzi è lontana anni luce dal raggiungere la scala necessaria. Alcune case automobilistiche tra cui General Motors e BMW e importanti fornitori come ZF e BorgWarner stanno lavorando su motori con un contenuto di terre rare molto basso o addirittura nullo, ma pochi sono riusciti ad arrivare a una produzione sufficiente a ridurre i costi. David Bender, co-responsabile dell’attività di riciclaggio dei magneti dell’azienda tedesca Heraeus, specializzata in metalli, ha detto che l’azienda sta operando solo all’1% della sua capacità e che dovrà chiudere l’anno prossimo se le vendite non aumenteranno. Niron, con sede a Minneapolis, ha sviluppato magneti privi di terre rare e ha raccolto oltre 250 milioni di dollari da investitori tra cui GM, Stellantis e il fornitore di automobili Magna. L’inglese Warwick Acoustics ha sviluppato altoparlanti privi di terre rare, il cui debutto è previsto per un’auto di lusso entro la fine dell’anno. L’amministratore delegato Mike Grant ha affermato che l’azienda è in trattative con un’altra dozzina di case automobilistiche, sebbene si preveda che gli altoparlanti non saranno disponibili sui modelli di punta prima di circa cinque anni.
Gli analisti sostengono che tali vincoli potrebbero costringere le case automobilistiche a produrre auto senza determinate parti e a tenerle in magazzino finché non saranno disponibili, come hanno fatto GM e altri durante la crisi dei semiconduttori.
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