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Partecipazione dei lavoratori nelle imprese e democrazia economica. Il modello cooperativo


Il dibattito aperto dalla proposta di Legge d’iniziativa popolare promossa dalla Cisl sembrava potesse rappresentare un’occasione utile per nuove iniziative di diffusione della democrazia economica. Il testo licenziato dal parlamento (Legge 15 maggio 2025, n. 76) dopo un lungo iter – che ha visto il contributo di ben quattro altre proposte concorrenti formulate da varie forze politiche – rappresenta per molte ragioni più una delusione che una reale e significativa innovazione.

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L’obiettivo era particolarmente ambizioso: dare piena attuazione all’art. 46 della Costituzione, secondo il quale “la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.

Purtroppo, alle nobili intenzioni, è seguito – come hanno commentato altri osservatori – ben poco e le principali innovazioni contenute nel testo promosso dalla Cisl sono state fortemente annacquate.

Tanto rumore per nulla. O quasi.

In materia di partecipazione alla governance delle imprese, ad esempio, l’originaria indicazione di una “rappresentanza minima degli interessi dei lavoratori dipendenti” negli Organi Sociali delle imprese si è risolta in un semplice quanto ridondante e inutile rinvio all’autonomia statutaria. Non c’era, infatti, alcun bisogno di una Legge specifica per affermare che “gli statuti possono prevedere” la presenza di rappresentanti dei lavoratori negli organi di governo di imprese e società.

Analogamente, in materia di disposizioni per la partecipazione economica e finanziaria dei lavoratori al capitale e agli utili di impresa, la nuova Legge si limita a ritoccare le disposizioni di carattere fiscale che agevolano l’attribuzione di dividendi ai lavoratori, modificando leggermente i limiti applicabili.

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La riprova che non siamo in presenza di innovazioni rilevanti e sostanziali nemmeno sotto questo profilo la fornisce la stessa relazione tecnica di accompagnamento alla Legge che chiarisce che alle innovazioni introdotte non fa seguito alcuna perdita di gettito, eccezion fatta per il 2025 che potrà godere di agevolazioni “una tantum”.

La Legge si limita poi a prevedere forme di partecipazione organizzativa dei lavoratori e modalità di consultazione degli stessi rimandando ai contratti collettivi per la definizione del loro ambito concreto di applicazione e per le specifiche modalità di attuazione.

Ovviamente, coerentemente con quanto spesso avviene nel nostro Paese, non poteva mancare l’istituzione di una “Commissione Nazionale Permanente per la partecipazione dei lavoratori”, incardinata presso il CNEL, sulla cui utilità è lecito quantomeno dubitare.

Partecipazione dei lavoratori e impresa cooperativa.

È sicuramente positivo che il testo approvato si sia completamente astenuto dall’operare interventi sull’ordinamento cooperativo vigente, introducendo deroghe o principi che si sarebbero rivelati con esso contraddittori, limitandosi, all’articolo 14 ad affermare che “le disposizioni della presente legge si applicano alle società cooperative in quanto compatibili”.

Non vi à dubbio, infatti, che l’ordinamento dell’impresa cooperativa – dettato dagli articoli 2511-2548 del Codice civile e, per quanto nello specifico riguarda le cooperative tra lavoratori, dalla Legge n. 142/2001 – pone tale tipologia di imprese in una posizione assiologicamente superiore rispetto ad ogni altra tipologia societaria, in ordine alla possibilità di dare attuazione e realizzazione ai valori costituzionali in esame.

Le società cooperative, infatti, – e, in particolare, le cooperative costituite tra lavoratori per assicurare la gestione di un’impresa – in quanto improntate al mutualismo e alla assoluta democraticità di funzionamento interno (c.d. principio “una testa un voto”) rappresentano una forma di diretta integrazione democratica dei lavoratori nella gestione e nell’accesso diretto ai risultati dell’attività economica ed imprenditoriale e, dunque, realizzano “ex se” gli scopi di inclusione democratica delle persone e dei lavoratori nei processi economici ed imprenditoriali richiamati nell’art. 46 della Costituzione.

Le difficoltà incontrate e i limiti della Legge recentemente approvata dovrebbero, piuttosto, portare ad una riflessione che non può che partire dalla considerazione che, diversamente da quanto accade per le società cooperative, il perseguimento dei dettami dell’articolo 46 della Costituzione in tutti gli altri contesti societari può essere garantito solo con specifiche soluzioni normative tese, nella sostanza, a inserire deroghe al loro normale ordinamento al fine di agevolare ed accrescere la partecipazione alle decisioni di soggetti normalmente estranei alla proprietà e al governo dell’impresa.

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L’articolo 46 della Costituzione e Il modello cooperativo.

Le considerazioni formulate al punto precedente acquisiscono particolare e speciale rilevanza per le cooperative di lavoratori costituite per assicurare la gestione di un’impresa e di un’attività economica.

La disciplina dettata per tale tipologia societaria, infatti, prevede:

  • che i soci dell’impresa siano i soci lavoratori dell’impresa stessa;
  • che solo i lavoratori dell’impresa possano assumere la qualifica di socio e che tale duplicità di posizione (lavoratore dipendente e imprenditore in forma associata) costituisce la “norma” di funzionamento di tale tipologia giuridica, rispetto alla quale sono possibili deroghe motivate solo per la prima e transitoria fase del rapporto sociale (c.d. “soci in prova” ex art. 2527 co. 3 cod. civ.) o per una libera scelta del lavoratore di non assumere la qualifica di socio;
  • che, laddove la società preveda a fianco ai soci lavoratori la presenza di soggetti meri apportatori di capitali (“soci sovventori” ex legge 59/92 o “soci finanziatori” ex art. 2526 cod. civ.), la gestione dell’impresa sia comunque assicurata dai soci lavoratori;
  • che il diritto di voto nelle assemblee societarie dei “soci sovventori” e dei “soci finanziatori” e la loro partecipazione diretta agli Organi Sociali siano soggetti alle limitazioni previste dal vigente ordinamento (che li fissano ad un massimo di un terzo dei voti assembleari e ad un massimo di un terzo dei componenti gli Organi amministrativi e di controllo).

Inoltre, per quanto attiene all’accesso ai benefici economici e agli utili realizzati dall’impresa di proprietà comune, va ricordato che, nelle cooperative tra lavoratori:

  • l’art. 2545sexies cod. civ. prevede che i risultati economici dell’attività mutualistica dell’impresa siano attribuibili ai soci lavoratori anche a titolo di ristorno e, quindi, “proporzionalmente alla quantità e qualità dello scambio mutualistico” realizzato e all’apporto di ciascun lavoratore e non, come avviene per le società di capitali, unicamente in funzione del capitale detenuto dal singolo socio;
  • le cooperative “a mutualità prevalente” – così come definite dall’art. 2512 e 2513 cod. civ – sono soggette a specifiche limitazioni in ordine agli utili distribuibili ai soci, che non possono, in particolare, eccedere quanto stabilito all’art. 2514 co. 1 lettera a) cod. civ..

Risulta di tutta evidenza, dunque, che le società cooperative costituite tra lavoratori per la gestione dell’impresa, indipendentemente dalla loro dimensione e dal numero di lavoratori occupati, assicurano – in sé e meglio di quanto possano realizzare altre tipologie societarie – gli obiettivi e i valori costituzionali dettati dall’art. 46 Cost. che la legge approvata intendeva perseguire.

Alcuni suggerimenti per rafforzare ulteriormente il modello cooperativo e la sua capacità di assicurare l’attuazione dell’art. 46 della Costituzione.

Dalle considerazioni sopra sviluppate e dalla rinnovata volontà del Parlamento di operare per dare attuazione all’articolo 46 della Carta costituzionale, dovrebbe, dunque, discendere l’individuazione e l’approvazione di istituti volti a rafforzare la diffusione di imprese cooperative costituite tra lavoratori per la gestione dell’impresa e il loro successo.

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Come è noto, tale modello societario ha prodotto risultati particolarmente positivi in particolare nelle cooperative costituite tra lavoratori;

  • per la rigenerazione di imprese in crisi (c.d. “workers buy out”);
  • per dare continuità ad imprese destinate alla chiusura per assenza di passaggio generazionale;
  • per garantire la re-immissione nei circuiti dell’economia legale di beni immobili e imprese sequestrate e confiscate alla criminalità organizzata;
  • per assicurare inserimento lavorativo e stabile occupazione a soggetti in condizione di svantaggio personale e sociale (cooperative sociali di tipo B, ex legge 381/91);
  • per assicurare la gestione di servizi, particolarmente in campo socio sanitario, culturale ed educativo.

La rilevanza costituzionale di tale modello di impresa dovrebbe suggerire l’adozione di specifiche misure premiali, quanto meno lungo due direzioni fondamentali.

  1. La previsione di misure specificatamente rivolte ad agevolare la capitalizzazione delle imprese cooperative da parte dei propri soci lavoratori, compensando le naturali difficoltà e limitazioni di investimento degli stessi.

Ciò potrebbe essere utilmente perseguito prevedendo la detraibilità dall’Irpef, nei limiti del 19%, delle somme investite – entro il limite massimo di 50.000 euro – dai soci lavoratori a titolo di capitale sociale delle imprese cooperative.

Una disposizione analoga è prevista, ad esempio, nell’ordinamento francese vigente.

  1. L’introduzione di misure premiali in relazione ai benefici economici attribuiti – utilizzando l’istituto del “ristorno” o attraverso la mera “distribuzione dell’utile di esercizio” – dall’impresa ai soci lavoratori.

Ciò potrebbe essere utilmente perseguito elevando in modo significativo – ad esempio sino al limite annuo di 40.000 euro – la non imponibilità ai fini dell’Irpef del valore delle azioni oggetto di assegnazione gratuita ai soci lavoratori.

Il limite indicato era quello previsto in uno dei progetti di legge sulla partecipazione dei lavoratori.

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Mauro Frangi

Amministratore Delegato – CFI – Cooperazione Finanza Impresa. www.cfi.it



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