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“Il nostro sistema industriale è vivo ma serve visione”


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«Dobbiamo uscire da questa fase di crisi rafforzando il nostro sistema industriale. Per farlo servono imprese più grandi, maggiormente innovative e in grado di attrarre investimenti. E servono anche nuovi imprenditori»: questa la sintesi dell’intervento del Presidente di Confindustria Alto AdriaticoMichelangelo Agrusti, ai lavori del Consiglio Generale di CAA svoltosi nella sede di Gorizia, dove ha colto l’occasione per illustrare in sintesi i pilastri del piano decennale per la nuova manifattura che viene definito in queste settimane con la Regione e McKinsey & Company.

Il piano nasce dall’osservazione della struttura produttiva del territorio dove oltre il 95% delle imprese ha meno di 15 dipendenti e il 65% di esse non supera i cinque. In questo contesto frammentato, la crescita dimensionale non è più una scelta opzionale, ma una condizione necessaria per competere. «Abbiamo vissuto troppo a lungo nel mito che piccolo è bello – ha detto Agrusti – ma oggi questa dimensione non è più sostenibile se vogliamo creare valore, aumentare la competitività e offrire salari più alti. La frammentazione produttiva genera debolezza: molte imprese operano in settori a basso valore aggiunto, spesso nella subfornitura, senza forza contrattuale né margini per investimenti strutturali». Da qui l’idea di costruire un modello industriale in cui le grandi imprese già presenti in regione diventino riferimento e guida per tutto l’ecosistema, aiutando le realtà più piccole a riorganizzarsi, fondersi quando necessario e migliorare in efficienza e innovazione. Un approccio che implica responsabilità condivise e che punta a superare la logica della subfornitura passiva.

Un altro asse fondamentale del piano riguarda l’innovazione: il Friuli Venezia Giulia può contare su una rete scientifica e formativa di altissimo livello ma la sfida vera è il trasferimento efficace delle conoscenze alle imprese. Secondo il Presidente, infatti, «possiamo avere le migliori competenze tecnologiche ma se esse non trovano applicazione nel sistema produttivo restano scollegate dalla realtà». La sfida è duplice: da un lato rendere accessibili le tecnologie anche alle PMI, dall’altro lavorare sulla formazione del capitale umano. In questo senso, il sistema Alto Adriatico – che integra ITS, Università, Polo Tecnologico AA e centri di ricerca – rappresenta una risorsa preziosa e imprescindibile. Parallelamente è necessario che anche gli imprenditori si “trasformino”; l’innovazione non è solo una questione tecnica, ma anche culturale. «Non serve andare ai convegni a sentir parlare di intelligenza artificiale: serve diventare imprenditori digitali», ha osservato Agrusti, sottolineando l’importanza di accompagnare questa evoluzione anche nelle figure dirigenziali e operative.

Il piano guarda poi all’esterno, con l’obiettivo di attrarre imprese ad alta tecnologia e favorire l’insediamento di nuovi soggetti produttivi. Non si tratta “solo” di attrarre investimenti, ma anche della creazione di nuova imprenditoria locale. «Il ricambio generazionale – ha aggiunto Agrusti – non può essere l’unico motore dello sviluppo: servono imprenditori di prima generazione capaci di portare nuove idee e nuove energie. È in questa prospettiva che CAA auspica la nascita di strumenti finanziari dedicati alle startup e un sistema bancario più pronto a valutare progetti innovativi, anche con un certo grado di rischio».

Per attrarre imprese e talenti, però, serve un ecosistema favorevole. Questo significa, ad esempio, disporre di aree industriali accessibili, di un sistema scolastico pronto ad accogliere studenti internazionali e di un’infrastruttura formativa avanzata. «Un investitore – ha proseguito il Presidente di CAA – sceglie dove insediarsi anche per la qualità della vita e la facilità di integrazione della propria famiglia. Dobbiamo fare in modo che il nostro territorio sia competitivo sotto ogni profilo». Anche, ma non solo in quest’ottica, durante il Consiglio, CAA ha chiesto con fermezza la nomina immediata di Antonio Gurrieri alla presidenza dell’Autorità portuale di Trieste e Monfalcone, sottolineando che l’importanza del Porto di Trieste è tale da richiedere una governance piena e stabile, non una gestione commissariale.

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Un passaggio particolarmente intenso, infine, ha riguardato la questione dell’acciaio e dell’Ilva: secondo Agrusti, infatti, il rischio concreto di chiusura dello stabilimento siderurgico è una minaccia diretta anche per le imprese del Friuli Venezia Giulia. «L’Ilva non riguarda solo Taranto. Senza l’acciaio non c’è produzione. Le nostre aziende – dalla cantieristica all’elettrodomestico – lo utilizzano ogni giorno. Non possiamo restare in silenzio». Per questo, il Presidente ha proposto una iniziativa che veda insieme, a Taranto, imprese e lavoratori affinché «l’Ilva in ogni modo torni a produrre acciaio per il sistema Paese. D’altra parte, la strategicità dell’acciaio – ha concluso – è tanto più testimoniata dalle iniziative dell’amministrazione Trump per quanto riguarda i dazi sullo stesso acciaio e sull’alluminio».

Ai lavori, cui ha partecipato anche il Presidente di Confindustria FVG, Pierluigi Zamò, Agrusti ha richiamato la figura di Giuseppe Bono, già Presidente di Confindustria FVG senza il quale, probabilmente, è stato detto, CAA non sarebbe nata – ed ha proposto l’intitolazione della nuova sede di Trieste proprio all’ex AD di Fincantieri.



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