Molti aspetti delle Considerazioni Finali 2025 erano prevedibili, sebbene sia sempre importante considerare l’opinione della Bankitalia alla fine di maggio. Non sorprende che il Governatore Fabio Panetta abbia espresso preoccupazioni riguardo alla guerra commerciale innescata dagli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump, inclusa una riduzione delle previsioni sul PIL italiano di un punto percentuale. Era attesa anche una nuova conferma del sostegno agli eurobond, non solo come strumento finanziario ma come simbolo politico di un’Unione Europea che “deve muoversi”, ha incitato il leader di via Nazionale, con una vasta esperienza in BCE.
Tuttavia, è stata evidente – e non contraddittoria – la chiamata al controllo dell’espansione del debito pubblico, non solo in Italia ma anche a livello europeo e mondiale. Non ha stupito nemmeno l’impegno rigoroso come regolatore attento sul settore bancario e assicurativo che Panetta ha sostenuto per palazzo Koch, aspettando però – come ha sottolineato il Governatore – i risultati delle varie offerte pubbliche annunciate nel mercato.
L’accento messo dalle Considerazioni su “Produttività e innovazione” è stato specifico e piuttosto marcato. Un’analisi approfondita, tutt’altro che tranquilla o scontata, che non necessita di interpretazioni o commenti. “Negli ultimi trent’anni – ha detto Panetta – la produttività del lavoro nell’Unione europea è aumentata del 40 percento, ben 25 punti percentuali in meno rispetto agli Stati Uniti. Dal 2019, il divario si è allargato: in Europa la produttività è cresciuta del 2 percento, contro il 10 negli Stati Uniti, spinta principalmente dai settori ad alta tecnologia. Questo ritardo riflette soprattutto la difficoltà di innovare.
In termini di PIL, le aziende europee investono in ricerca e sviluppo la metà rispetto a quelle americane. La maggior parte di questi investimenti proviene da aziende attive da decenni in settori di tecnologia intermedia, come l’automobilistico; invece, è limitato il contributo delle nuove imprese innovative, che spesso decidono di trasferire la loro attività all’estero. Negli Stati Uniti, al contrario, il panorama imprenditoriale si rinnova costantemente grazie a nuove aziende che riescono a imporsi nei mercati più dinamici; l’investimento in ricerca si focalizza nei servizi digitali e in quelli ad alta intensità di conoscenza.”
Nonostante l’ascesa rapida della Cina, l’Europa rimane un punto di riferimento nella ricerca scientifica, al pari degli Stati Uniti in numerosi settori avanzati. “Questa forza – ha rimarcato Panetta – tuttavia non si trasforma in innovazione produttiva: i brevetti, specialmente nel settore digitale, sono pochi. Per esempio, nell’intelligenza artificiale, i brevetti europei sono meno di un quinto di quelli statunitensi, nonostante un divario molto più contenuto, del 30 percento, nella produzione scientifica.”
Le parole di un policymaker europeo esperto non lasciano spazio a dubbi: “In Europa, la spesa pubblica per ricerca e sviluppo è simile a quella degli USA, ma è frammentata tra gli Stati membri. L’assenza di una coordinazione efficace limita la possibilità di realizzare progetti su scala continentale”. E la crisi della produttività è alla base – ha dichiarato apertamente il Governatore – della crisi delle retribuzioni reali, quindi di molte tensioni sociali.
Il settore industriale, comunque, non ha torto – secondo la Banca d’Italia – quando lamenta un divario di competitività nel costo dell’energia. La manifattura italiana condivide con quella europea “un problema irrisolto dei costi energetici elevati. Dopo l’invasione dell’Ucraina, i costi sostenuti dalle industrie europee sono aumentati notevolmente, ampliando il divario con le altre principali economie. A metà del 2024, il costo dell’elettricità era doppio rispetto a quello di Stati Uniti e Cina, e superiore di un quinto rispetto al Giappone. Questo svantaggio ostacola gli investimenti e compromette la competitività, aumentando il rischio di delocalizzazione. È fondamentale agire con decisione per bilanciare il contenimento dei costi energetici con il processo di decarbonizzazione.”
Se la Commissione europea ha di recente proposto misure che vanno in questa direzione, Panetta ha tuttavia evidenziato che “una transizione efficace deve considerare anche gli aspetti sociali e le esigenze produttive, trovando il giusto equilibrio tra ambizione e fattibilità”. Il tono è leggermente sfumato, ma riflette chiaramente il ripensamento in corso a tutti i livelli della governance UE sulle politiche verdi e quindi sull’uso temporaneo di risorse fossili in un contesto di accelerazione verso il riavvio del nucleare di nuova generazione.
Il messaggio centrale nelle ultime Considerazioni firmate da Panetta è chiaro e deciso: “L’economia europea necessita di interventi rapidi e strutturali. È necessario un programma di riforme basato sulle proposte già disponibili a livello europeo, supportato da risorse adeguate e con tempi certi. Bisogna eliminare le residue barriere interne alla circolazione di beni, capitali e persone. È essenziale investire in tecnologia, infrastrutture comuni e settori con alto potenziale di sviluppo. In un contesto globale instabile, la priorità è rafforzare l’autonomia strategica.”
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