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Corte dei Conti dell’UE ne boccia l’efficacia


A quattro anni dall’avvio del PNRR emerge un bilancio tutt’altro che entusiasmante: la Corte dei conti dell’UE, nel suo ultimo rapporto, solleva forti dubbi sull’efficacia dello strumento cardine della ripresa post-pandemica.

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In particolare nel mirino dei giudici contabili comuitari c’è il Recovery and Resilience Facility (RRF), cuore finanziario del programma NextGenerationEU. Pur riconoscendo che le misure previste sono state ampiamente implementate, i magistrati contabili mettono in evidenza risultati poco incisivi sul piano delle riforme strutturali e della reale convergenza con gli obiettivi comunitari.

Secondo l’analisi, il RRF manca di un impianto autenticamente orientato ai risultati: non consente di valutare quanto i fondi abbiano effettivamente inciso sulla vita dei cittadini europei, né permette di stimare se le risorse siano state impiegate in modo efficiente. La trasparenza, elemento cruciale per un sistema di spesa pubblica virtuoso, risulta carente.

Un piano non “basato sulla performance”

Sebbene il regolamento del RRF definisca il meccanismo di finanziamento come legato al raggiungimento di “traguardi e obiettivi”, la Corte contesta questa classificazione. Il motivo? Tali obiettivi, spesso generici e privi di indicatori chiari, fotografano lo stato di avanzamento delle attività più che i risultati ottenuti. Mancano, inoltre, dati sui costi reali sostenuti, e gli indicatori comuni non risultano adeguatamente allineati alle priorità strategiche dell’Unione, come la transizione ecologica e quella digitale.

In particolare, non sono previsti valori di partenza né soglie attese, rendendo di fatto impossibile misurare il progresso rispetto agli obiettivi. A peggiorare il quadro, la disomogeneità tra i Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR) presentati dagli Stati membri ha compromesso la comparabilità tra i vari Paesi, aumentando il rischio di trattamenti diseguali.

Un bilancio da oltre 800 miliardi, ma con molte incognite

Varato nel dicembre 2020, nel pieno della crisi sanitaria globale, il programma NextGenerationEU è stato pensato come strumento straordinario per sostenere la ripartenza economica. Con una dotazione complessiva di oltre 800 miliardi di euro, di cui 723,8 miliardi assegnati al RRF (tra prestiti e contributi a fondo perduto), l’iniziativa rappresenta una delle più ambiziose operazioni di finanziamento mai messe in campo dall’UE. Tuttavia, entro la fine del 2024, erano stati effettivamente allocati circa 650 miliardi, poiché alcuni Paesi hanno deciso di rinunciare alla quota di prestiti prevista.

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L’assenza di criteri univoci per la definizione degli obiettivi e la difficoltà di tracciarne con precisione l’efficacia rischiano di vanificare l’intero impianto, avverte la Corte. L’ampiezza dei settori coperti dal piano – che spazia dall’innovazione alla sanità, dall’ambiente alla digitalizzazione – espone inoltre il sistema a sovrapposizioni con altri strumenti finanziari europei, creando confusione e dispersione di risorse.

Allarme anche sulla vigilanza

Sul fronte dei controlli, il report segnala debolezze preoccupanti. Pur riconoscendo il lavoro svolto dalla Commissione europea per rafforzare i meccanismi di audit e verifica, la Corte denuncia che il quadro normativo dell’RRF resta fragile. I pagamenti non sono subordinati al rispetto delle normative europee e nazionali, ma solo al formale raggiungimento di condizioni prestabilite. Questo approccio, avverte il rapporto, limita la possibilità di rilevare abusi o utilizzi impropri dei fondi, lasciando ampi margini d’incertezza sull’effettiva destinazione delle risorse.

Gli audit condotti sui bilanci 2022 e 2023 hanno infatti rilevato numerosi errori finanziari, come il mancato raggiungimento degli obiettivi dichiarati, l’uso di fondi per coprire spese ordinarie nazionali o l’inserimento di interventi fuori tempo massimo. Anche le ambiguità normative e le interpretazioni divergenti tra Paesi hanno favorito queste criticità.

Le raccomandazioni per il futuro

Per evitare che simili problematiche si ripetano in futuri strumenti di finanziamento europei, la Corte avanza alcune proposte chiare. Primo: legare i finanziamenti a risultati verificabili, supportati da dati di costo realistici. Secondo: armonizzare le modalità di definizione e applicazione degli obiettivi per garantire equità tra Stati membri. Infine, stabilire una chiara correlazione tra le sfide strategiche di ogni Paese e l’allocazione delle risorse.

Il rapporto invita inoltre a rafforzare la trasparenza nella comunicazione ai cittadini e a rendere più chiara la catena di responsabilità tra Bruxelles e gli esecutivi nazionali.

La replica della Commissione europea

Alla pubblicazione del documento, la reazione della Commissione europea non si è fatta attendere. A parlare è stato Raffaele Fitto, ministro italiano per gli Affari europei e PNRR, che ha difeso lo strumento definendolo “potente e motivo di orgoglio”. Fitto ha ricordato che ci sono ancora 16 mesi per dimostrare pienamente l’impatto positivo del piano.

Ma per molti osservatori, il tempo stringe e la credibilità dell’intera architettura di ripresa europea si gioca proprio adesso: sulla capacità di passare dalla logica della spesa a quella del risultato.

La relazione della Corte dei Conti dell’UE sul PNRR

Qui il documento completo.

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