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La Ristrutturazione dell’Impresa in Crisi: Tutti gli Strumenti Legali


La tua impresa è in difficoltà economica, i debiti si accumulano e temi di dover chiudere? La ristrutturazione aziendale è lo strumento legale che può aiutarti a salvare l’attività e ripartire in modo sostenibile.

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Questa guida dello Studio Monardo – avvocati esperti in crisi d’impresa e risanamento aziendale – è pensata per aiutarti a capire come funziona la ristrutturazione dell’impresa, quali soluzioni sono previste dalla legge e quali passi fare per proteggere il tuo patrimonio e continuare a operare.

Scopri quali strumenti puoi usare per ristrutturare i debiti (dalla composizione negoziata al concordato, fino alla transazione fiscale), come coinvolgere i creditori, quali sono i vantaggi rispetto al fallimento e come costruire un piano approvabile e credibile.

Alla fine della guida troverai tutti i contatti per richiedere una consulenza riservata, analizzare la tua situazione con un avvocato esperto e definire una strategia concreta per salvare l’azienda e darle un futuro, anche nei casi più complessi.

Introduzione:

La ristrutturazione dell’impresa in crisi è regolata in Italia da una complessa disciplina che combina strumenti giudiziali e stragiudiziali, aggiornata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, in vigore dal 15 luglio 2022) e da numerose leggi speciali di revisione e aggiustamento. Tale disciplina si applica alle imprese che versano in stato di crisi o di insolvenza, secondo le definizioni di legge (art. 2 CCII). Lo scopo è perseguire il risanamento economico-finanziario dell’azienda, salvaguardando l’attività produttiva e il valore del complesso aziendale, o in subordine procedere a una liquidazione controllata al miglior soddisfacimento dei creditori.

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In questa guida esauriente trattiamo tutti gli strumenti previsti per la soluzione della crisi d’impresa, con un linguaggio giuridico approfondito ma accessibile. Dopo una panoramica normativa introduttiva, esporremo strumenti giudiziali e strumenti stragiudiziali (Titolo IV del Codice della crisi, artt. 57-64 e ss.), analizzando profili giuridici, fiscali e contabili. Riporteremo prassi applicativa e giurisprudenza aggiornata al 2025, completeremo con tabelle comparative di sintesi e una sezione FAQ con quesiti avanzati. Infine forniremo simulazioni numeriche pratiche per ciascun strumento e una bibliografia normativa e giurisprudenziale di riferimento.

Quadro normativo generale

Il Codice della crisi e dell’insolvenza (CCII), introdotto col D.Lgs. 14/2019 e successive modifiche (DLgs. 83/2022 “correttivo” e DLgs. 136/2024 “terzo correttivo”), ha riformato profondamente la materia; ha sostituito la vecchia Legge Fallimentare (R.D. 267/1942) e integrato strumenti sia giudiziali che negoziali. Gli strumenti ristrutturativi si distinguono innanzitutto in giudiziali (sottoposti all’autorità del tribunale) e stragiudiziali (negoziati tra le parti senza procedura concorsuale formale). I principali riferimenti normativi includono:

  • Art. 57-64 CCII: strumenti negoziali (accordi di ristrutturazione dei debiti, piani attestati di risanamento, transazioni fiscali, convenzioni di moratoria).
  • Art. 160-198 CCII: strumenti giudiziali (concordato preventivo, liquidazione giudiziale).
  • Norme speciali: D.L. 118/2021 (conv. L.147/2021) sulla composizione negoziata, Legge Fallimentare ancora richiamata in taluni aspetti, norme fiscali d’emergenza (es. D.L. 34/2020 “Rilancio”).

In particolare, gli strumenti stragiudiziali sono ora tutti riuniti nel Titolo IV del CCII (artt. 57-62), mentre gli strumenti giudiziali si collocano nel Titolo III (concordato e liquidazione). In più, il legislatore ha introdotto misure transitorie e semplificazioni (ad esempio il “concordato semplificato” per PMI e le misure anti-COVID). Riassumendo, gli strumenti disponibili sono:

  • Strumenti giudiziali: Concordato preventivo (art. 160 e ss. CCII; con continuità o liquidatorio; anche “semplificato”), Liquidazione giudiziale (ex fallimento, art. 198 ss. CCII), omologazione di accordi di ristrutturazione (de facto applicazione giudiziale degli accordi ex art.57), transazione fiscale e contributiva in concordato o accordi (artt. 63-64 CCII).
  • Strumenti stragiudiziali: Composizione negoziata della crisi (D.L. 118/2021, art. 10-13), Piani attestati di risanamento (art. 56 CCII), Accordi di ristrutturazione dei debiti ex art. 57 e ss. CCII (anche con efficacia estesa), Convenzioni di moratoria (art. 62 CCII).

Ulteriori strumenti minori (es. “accordo sul patrimonio” od. “consenso sui pagamenti”) sono meno rilevanti. Di seguito entriamo nel dettaglio di ciascun istituto.

Strumenti giudiziali

Concordato preventivo

Il concordato preventivo è la procedura concorsuale tradizionale finalizzata al salvataggio dell’impresa. Può essere ordinario o semplificato (introdotto dal d.l. 118/2021, vedi infra), e si articola in più fasi:

  • Istanza iniziale: l’imprenditore presenta al Tribunale istanza di apertura del concordato, accompagnata da una descrizione dello stato patrimoniale e dei presupposti (art. 160 CCII).
  • Nomina di professionisti e commissione: viene nominato il C.S.M. (Commissario Straordinario o Commissario Giudiziale) e, se richiesto, il C.R.E. (Commissione dei Creditori). Un professionista indipendente attesta i dati aziendali e la fattibilità del piano.
  • Proposta e piani: l’imprenditore deposita un piano di concordato con modalità e termini di pagamento dei creditori. La proposta può prevedere continuità d’impresa (con mantenimento in tutto o in parte dell’attività produttiva) o liquidazione del patrimonio. Nel piano vanno distinti i trattamenti per le diverse classi di creditori (privilegiati, chirografari, ecc.).
  • Voting dei creditori: i creditori si riuniscono in assemblea per approvare la proposta. Le maggioranze richieste sono elevate: occorre tipicamente il voto favorevole di più del 50% dei crediti ammessi, almeno nella mediazione delle classi (art.112 CCII, v. anche Cass. n.10884/2020 sul principio “forte” di priorità). In pratica, serve l’approvazione di tutte le classi principali o di crediti in misura corrispondente.
  • Eventuale “cram down” fiscale: se l’Agenzia delle Entrate o l’INPS non aderiscono alla proposta, il Tribunale può comunque omologare il concordato (cd. “cram down fiscale” o transazione fiscale forzata) purché la proposta sia conveniente per l’Erario rispetto all’alternativa liquidatoria. In altri termini, in concordato con continuità si richiede che i crediti tributari e contributivi non risultino inferiori a quanto percepirebbero in liquidazione. Questo meccanismo è disciplinato dall’art. 88, comma 2-bis, CCII.
  • Omologazione del Tribunale: se le condizioni formali e di maggioranza sono rispettate, il Tribunale omologa il concordato, conferendo efficacia esecutiva alle obbligazioni del piano. In caso di omologazione, l’impresa ottiene l’“esdebitazione” per i debiti indicati nel piano di concordato (liberazione dai debiti residui non pagati, se autorizzato).

Profili particolari e novità. Con la riforma del 2019 il CCII conferma l’impianto del concordato “in continuità” e “liquidatorio”, ma introduce alcune novità tecniche: ad es. il Tribunale può disporre la valutazione del complesso aziendale (art. 112 CCII), e sono cambiate le percentuali di voto e il ruolo dell’attestazione del professionista (artt.109-112 CCII). È stato inoltre istituito il concordato semplificato (DLgs 83/2022, art.166 CCII) riservato alle micro e piccole imprese che abbiano tentato una composizione negoziata senza esito positivo. Il concordato semplificato si caratterizza per procedure accelerate, voto unanime in assemblea o sostituzioni del voto, minori obblighi informativi e la possibilità di soddisfare totalmente tutti i creditori in misura proporzionale (senza classi separate). Resta fermo il potere del Tribunale di applicare misure protettive (divieto di iniziative esecutive) fino al pronunciamento finale.

Aspetti fiscali e contabili. Il concordato ha rilevanza contabile: i crediti dei creditori ammessi nel piano vengono rilevati in base al trattamento previsto. Dal punto di vista fiscale, l’art. 26 c.3 D.L. 34/2020 ha confermato che, se il piano di concordato è pubblicato nel Registro delle imprese, le plusvalenze da abbattimento dei debiti non concorrono alla formazione del reddito (esenzione IRPEG/IRPEF). Inoltre, il debitore beneficerà della deduzione dei contributi previdenziali nel caso di pagamento integrale di crediti contributivi con negoziazioni.

Prassi e giurisprudenza rilevanti. La Cassazione ha chiarito più volte i limiti delle agevolazioni, ad es. ribadendo la regola della priorità assoluta: nel concordato sono garantiti interamente i crediti privilegiati superiori prima di qualsiasi falcidia. Recentemente (Trib. Lucca, 17 feb. 2023) si è pronunciata sulla c.d. cross-class cram-down, sottolineando che l’art.88 CCII (continuità) richiama solo il concordato liquidatorio, e quindi non autorizza improvvisati cram-down inter-classi nel concordato in continuità. È altresì prassi consolidata il coinvolgimento dell’Agenzia delle Entrate e degli enti previdenziali tramite la “transazione fiscale e contributiva”, come più avanti illustrato.

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Liquidazione giudiziale

La liquidazione giudiziale (ex “fallimento”) è lo strumento liquidatorio, di tipo correttivo e terminale, riservato all’impresa insolvente che non può essere risanata. In base all’art. 198 CCII (istallazione del concetto di liquidazione giudiziale), il Tribunale dichiara il fallimento su istanza dell’imprenditore, di un creditore (se insufficiente patrimonio), o d’ufficio. Nel procedimento di liquidazione:

  1. Nomina del curatore: il Tribunale nomina un curatore giudiziale e, di norma, il Comitato dei creditori.
  2. Accertamento passivo: i creditori presentano domanda di ammissione (scaduta entro 3 mesi), e il curatore ammette o respinge i crediti sulla base dei titoli e di eventuali eccezioni.
  3. Vendita del patrimonio: il curatore recupera e realizza i beni del patrimonio del debitore (in forma di continuazione o singole vendite).
  4. Riparto: il ricavato viene ripartito tra i creditori secondo l’ordine delle cause di prelazione (privilegiati, chirografari, etc) previsto dal Codice Civile. Nel fallimento si applica la regola che i crediti privilegiati di rango superiore (es. chirografari generali) devono essere soddisfatti interamente prima di coinvolgere i creditori di rango inferiore. Se il patrimonio è insufficiente, i creditori di classe inferiore ricevono nulla.

La liquidazione giudiziale è strumento puramente liquidatorio: non prevede piani di risanamento né esdebitazione, e pone fine all’attività d’impresa. Dal punto di vista contabile, i costi di liquidazione (onorari curatore, spese) hanno prelazione sul ricavato. Spesso il ricorrere al fallimento è extrema ratio, quando non è possibile un concordato preventivo o altri rimedi.

Omologazione di accordi di ristrutturazione

L’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti (intesi secondo l’art. 182-bis LF, oggi art.57 CCII) costituisce un ponte tra la negoziazione privata e il controllo giudiziale. In concreto, l’imprenditore e i creditori (almeno il 60% degli stessi) raggiungono un accordo di ristrutturazione che viene poi depositato in Tribunale per ottenerne l’efficacia verso tutti i creditori (anche i non aderenti). Come previsto dal comma 1 dell’art. 57 CCII:

“Gli accordi di ristrutturazione dei debiti sono conclusi dall’imprenditore… con i creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti e sono soggetti ad omologazione.”

Ciò implica che, pur negoziati privatamente, questi accordi acquisiscono potere di legge soltanto se il Tribunale li omologa. In pratica:

  • L’imprenditore progetta un piano di ristrutturazione che dettaglia come ristrutturare il debito (rilevando gli elementi dell’analisi economico-finanziaria). Questo piano segue i criteri dei piani attestati (art.56 CCII).
  • Un professionista indipendente attesta la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità giuridica e economica del piano, dichiarando l’idoneità dell’accordo a pagare integralmente i creditori non aderenti nei termini previsti.
  • L’accordo viene depositato in Tribunale per l’omologazione (ex art. 59 CCII). Il Tribunale verifica che siano soddisfatte le condizioni (maggioranze di legge, piano plausibile, attestazione idonea). Se l’accordo prevede continuità, si verifica anche che i creditori ottengano dal proseguimento l’importo significativo promesso (art.61 CCII).
  • Se il Tribunale omologa l’accordo, esso assume gli effetti di un concordato preventivo: i creditori non aderenti sono vincolati dal piano nei limiti dell’art. 61 CCII, e i debiti in esso assunti sono ritenuti esdebitati una volta attuato il piano omologato.

Questo meccanismo permette di trasformare una negoziazione pre-concorsuale in un accordo valido anche verso i dissenzienti. Vale la pena notare che il CCII ha differenziato gli accordi ordinari (maggioranza 60% o accordo integrale su tutti i debiti) dagli accordi agevolati (soglia ridotta al 30% se il debitore non chiede moratoria né misure protettive). Gli accordi agevolati non possono usare la moratoria o il voto necessario per ottenere effetti estesi, ma premiano la cooperazione col voto favorevole da almeno il 30% dei creditori. In entrambi i casi, l’esito positivo porta all’omologazione giudiziale e all’estensione degli effetti dell’accordo ai non aderenti (cd. accordi ad efficacia estesa), purché ne venga dimostrata l’equivalenza di trattamento rispetto alla liquidazione.

Transazione fiscale e contributiva

La transazione fiscale e contributiva è un accordo speciale con l’Agenzia delle Entrate e/o gli enti previdenziali, finalizzato a ristrutturare parzialmente i debiti tributari e contributivi dell’impresa. Il CCII disciplina due contesti principali di transazione:

  • Negoziazioni pre-concordato o accordi (art. 63 CCII): durante la trattativa degli accordi di ristrutturazione (artt. 57, 60, 61 CCII), il debitore può proporre un pagamento dilazionato o parziale dei tributi e contributi maturati fino alla data di presentazione della transazione. In tal caso l’attestazione del professionista deve anche valutare la convenienza del trattamento proposto rispetto all’alternativa liquidatoria. Se l’accordo finale viene omologato, la porzione di debiti tributari soddisfatta è eseguita secondo il piano. Se l’amministrazione non aderisce alla proposta, l’accordo può comunque essere omologato (c.d. cram down fiscale) purché rispettati i requisiti di legge.
  • Concordato preventivo (art. 64 CCII): nel concordato in continuità, le regole sulla transazione fiscale rimangono sostanzialmente analoghe a quelle storiche (art. 88, co. 2-bis LF). In particolare, il Tribunale può omologare il concordato con transazione fiscale “anche in mancanza di adesione da parte dell’Agenzia delle Entrate… quando l’adesione è determinante ai fini del raggiungimento delle percentuali di cui all’art. 109, comma 1” e, sulla base dell’attestazione, la proposta è conveniente rispetto alla liquidazione. In pratica, si consente il superamento dell’ostruzionismo dell’ente fiscale se il piano garantisce almeno quanto avrebbero i creditori pubblici in un’ipotesi di fallimento (in continuità). Anche in concordato liquidatorio, si richiede che il trattamento dei crediti pubblici sia non inferiore a quello del fallimento, a garanzia dell’Erario.

In sintesi, la transazione fiscale è un meccanismo di composizione negoziale con i creditori pubblici: se l’amministrazione fiscale aderisce all’accordo (o viene superata dal Tribunale), il debitore paga i tributi secondo i termini previsti. Dal punto di vista fiscale, come noto, l’abbattimento del debito tributario non produce plusvalenze tassabili se previsto in un piano di risanamento pubblicato (art. 88, co.4-ter, TUIR). Questo rende fiscalmente neutra la ristrutturazione del debito pubblico, favorendo accordi complessivi con tutti i creditori dell’impresa.

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Strumenti stragiudiziali

Composizione negoziata della crisi

Introdotta dal D.L. 118/2021 (conv. L. 147/2021) con il nome di Composizione negoziata della crisi d’impresa (CNC), questa procedura è uno strumento stragiudiziale che agevola la trattativa tra imprenditore e creditori sotto la supervisione di un esperto, senza che si determini immediatamente una procedura concorsuale formale. I punti chiave sono:

  • Natura extragiudiziale: la CNC non costituisce una procedura concorsuale ai sensi del Codice. Non è qualificata come “strumento di regolazione della crisi” dal CCII (art.2, lett. m-bis), e pertanto le regole del fallimento/concordato non sono direttamente applicabili. L’imprenditore mantiene formalmente l’intera autonomia gestionale (diretta dell’impresa) durante le trattative.
  • Soggetti ammessi: tutte le imprese in difficoltà possono accedervi (non ci sono limiti dimensionali). Basta uno squilibrio patrimoniale od economico-finanziario; è strumento rivolto in particolare a PMI e grandi imprese con problemi di rinegoziazione del debito.
  • Procedura: l’imprenditore sceglie un “organismo di composizione della crisi” (professionista esperto iscritto in apposito Albo presso le Camere di Commercio). L’esperto raccoglie la documentazione aziendale e convoca i creditori individuati come rilevanti per l’esito (tutti i creditori omogenei). L’obiettivo è raggiungere un accordo (di ristrutturazione del debito, di moratoria, di finanziamento, ecc.) che consenta all’impresa di superare la crisi.
  • Misure protettive: su richiesta dell’imprenditore, il Tribunale può concedere alcune autorizzazioni straordinarie analoghe a quelle del concordato (ad es. rinegoziare contratti onerosi, erogare finanziamenti prededucibili), così da incentivare i creditori a trattare. Tali autorizzazioni mirano a conservare l’equilibrio aziendale essenziale durante le negoziazioni. In ogni caso, la gestione aziendale ordinaria e straordinaria resta di competenza del debitore.
  • Poteri dell’esperto: l’esperto può mediare tra le parti, chiedere ristrutturazioni contrattuali, proporre interventi sugli scadenziari, verificare la sostenibilità dell’accordo. Non esercita poteri autoritativi, ma la sua “attestazione” sui nuovi piani non è necessaria (l’accordo raggiunto è privato). Il codice di procedura civile non prevede un esproprio della gestione; tuttavia, l’esperto, laddove non concordi con un atto dell’imprenditore, può farne annotazione nel registro imprese (limitando l’effetto liberatorio verso terzi, v. art. 175 TUIR analogico).
  • Gestione dell’impresa: come sottolineato dalla dottrina, “nessuna limitazione condiziona la gestione dell’impresa” durante la composizione negoziata. L’imprenditore può continuare ad assumere decisioni, pagare debiti preferenziali e straordinari, ecc. Solo le operazioni “preferenziali” eventualmente poste in essere senza l’avallo dell’esperto perderanno la protezione dalla revocatoria fallimentare; ma rimangono valide e opponibili ai terzi. Questo favorisce la libertà negoziale e velocizza le trattative.

In definitiva, la composizione negoziata è uno strumento flessibile e stragiudiziale: l’imprenditore e i creditori negoziano un piano di risanamento libero, con supervisione tecnica ma senza alcun interferenza giudiziale di fase. Si differenzia dal concordato in quanto non è necessaria alcuna delibera delle assemblee di creditori né omologazione, ma consente la ristrutturazione attraverso un patto privato. L’idea è spingere verso soluzioni consensuali con incentivi (finanziamenti prededucibili, facilitazioni contrattuali, esonero da revocatoria) anziché aprire subito una procedura fallimentare.

Piani attestati di risanamento

Il piano attestato di risanamento (art. 56 CCII) è uno strumento stragiudiziale volto a ristrutturare i debiti sulla base di un accordo tra l’impresa e i creditori, senza sottoporre immediatamente il piano al vaglio del tribunale. In pratica, l’imprenditore predisponiene un piano di rimborso dei debiti (totale o parziale, rateizzato) corredato da un’attestazione di professionista, che conferma la veridicità dei dati e la fattibilità economica del piano. I punti salienti sono:

  • Requisiti: il piano è riservato all’imprenditore “in stato di crisi o insolvenza” (anche se ciò non interrompe la gestione corrente). Non esistono particolari soglie dimensionali, ma di fatto il destinatario tipico è la media/grande impresa (l’attestazione è onerosa).
  • Contenuto: il piano può prevedere qualsiasi forma di ristrutturazione (dilazioni, parzializzazioni, nuovi finanziamenti, patto di non petendo, ecc.). L’accordo deve essere concluso con almeno i creditori rilevanti (in genere una maggioranza informale), ma non richiede una percentuale formale di adesione per entrare in vigore. Tuttavia, l’attestazione costituisce un elemento cruciale: un professionista indipendente certifica che i dati aziendali sono veritieri e che il piano è sostenibile economicamente.
  • Effetti pratici: pur essendo un accordo privato, la legge prevede un effetto molto importante: se il piano viene attuato con l’approvazione delle classi maggioritarie (analogamente agli accordi ex art. 182-bis L.F.), gli atti posti in essere e i pagamenti effettuati in esecuzione del piano non sono soggetti ad azione revocatoria fallimentare. Ciò significa che i creditori che hanno accettato il piano ricevono una sorta di salvaguardia di buon fine delle proprie posizioni.
  • Vantaggi: il piano attestato consente di coinvolgere tutti i creditori principali senza ricorrere immediatamente al tribunale: è uno strumento di negoziazione extragiudiziale arricchito da garanzie tecniche (attestazione) e fiscali (esenzione delle plusvalenze). Infatti, se il piano viene pubblicato nel Registro delle Imprese, l’abbattimento del debito in esso previsto genera plusvalenza non tassabile (art. 88, comma 4-ter TUIR). Questo beneficio fiscale rappresenta un incentivo ad adottare il piano attestato.
  • Iter: per attuare il piano, l’imprenditore lo sottoscrive con i creditori partecipanti e comunica tale accordo. L’attestazione è redatta dal professionista indipendente e allegata al piano. Spetta poi ai creditori decidere se aderire; il piano infatti non è automatico come nel concordato. Se l’accordo è approvato dalla maggioranza qualificata (ad esempio tutti i creditori di una classe professionale), i suoi effetti – incluso il blocco della revocatoria – si realizzano.

Accordi di ristrutturazione ex art. 57 e segg. CCII

In sede stragiudiziale rientrano in larga parte gli accordi di ristrutturazione dei debiti disciplinati dal CCII (artt. 57-61). Come già anticipato, questi accordi nascono dalla prassi (Legge 80/2005 e art. 182-bis L.F.) e consentono all’imprenditore di negoziare privatamente con i creditori più rilevanti un piano di ristrutturazione, con l’obiettivo di riequilibrare la posizione finanziaria. Le regole principali sono:

  • Presupposti e partecipanti: l’accordo è rivolto all’imprenditore in difficoltà (in crisi o insolvenza) e richiede il consenso di creditori che rappresentino almeno il 60% del totale dei crediti. Non è necessario il consenso unanime: basta raggiungere la soglia di legge (in termini di valore e forme).
  • Contenuto e attestazione: l’accordo deve contenere i punti essenziali del piano economico-finanziario e la sua attuazione. Analogamente al piano attestato, è richiesta una attestazione di professionista indipendente che certifichi la veridicità dei dati e la fattibilità del piano, specificando espressamente l’idoneità dell’accordo a garantire il pagamento integrale ai creditori estranei entro termini determinati (es. 120 giorni). Questo elemento di garanzia permette di avviare la procedura conoscendo in anticipo i requisiti di realismo del piano.
  • Efficacia estesa: gli accordi convenzionali possono diventare vincolanti per i creditori non aderenti solo se vengono depositati in tribunale per l’omologazione (cfr. paragrafo precedente). Tuttavia, il CCII distingue tra accordi ordinari e accordi agevolati. Gli accordi ordinari seguono il quorum del 60%; quelli agevolati vedono la soglia ridotta al 30% se il debitore rinuncia a chiedere moratorie o misure protettive (in pratica, si premiano le intese che non comportano “esercizio del potere pubblico” da parte del debitore). Gli accordi agevolati non possono imporre ai creditori non aderenti alcuna dilazione forzosa (perché appunto si presume la completa libertà negoziale), ma offrono comunque la possibilità di ristrutturazioni flessibili con minor sforzo maggioritario.

Quindi, dal punto di vista stragiudiziale, l’accordo ex art. 57 CCII è un accordo di ristrutturazione soggetto a deposito in tribunale; se soddisfa i requisiti, il Tribunale lo omologa, estendendo l’efficacia anche ai dissenzienti (in virtù delle regole di efficacia estesa dell’art. 61, v. dopo). In alternativa, l’accordo può rimanere privato tra le parti e produrre effetti solo tra firmatari. Va osservato inoltre che l’introduzione del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione (PRO) con il d.lgs. 83/2022 (art. 64-bis CCII) ha creato un veicolo ibrido: si tratta di piani predisposti dal debitore ma con procedura giudiziale abbreviata, che tuttavia comportano effetti analoghi a quelli dell’accordo di ristrutturazione omologato. Pur non citato dall’utente, il PRO è parte integrante della riforma della ristrutturazione (rif. Direttiva UE 2019/1023) e merita menzione, in quanto modifica l’equilibrio tra negoziazione e controllo giudiziale.

Convenzioni di moratoria

L’accordo di moratoria (art. 62 CCII) è uno strumento stragiudiziale di tipo temporaneo, destinato a sospendere provvisoriamente le azioni esecutive dei creditori e rinegoziare i patti di pagamento per superare gli effetti immediati della crisi. In sostanza, consente all’imprenditore e ai creditori di definire consensualmente una convenzione di dilazione o sospensione delle obbligazioni in scadenza, differendo i pagamenti oltre le scadenze originarie. I punti salienti dell’art. 62 CCII sono:

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  • Contenuto della convenzione: le parti possono accordarsi su proroghe, esenzioni (rinunzie) e sospensioni di pagamenti di debiti già maturi o in scadenza. Importante: la convenzione non costituisce rinuncia al credito, ma semplicemente ne sospende gli effetti. Ad esempio, si può concordare di differire di 6 mesi il pagamento di un debito, o modulare rateizzazione eccezionale, senza trasformare il debito in perdita.
  • Requisiti: affinché la convenzione produca effetti anche verso i creditori non aderenti della stessa categoria giuridica, devono essere rispettati alcuni requisiti rigorosi. In particolare:
    • Tutti i creditori aventi posizioni omogenee (stessa causa di prelazione) devono essere informati dell’avvio della trattativa e messi in condizione di partecipare.
    • I creditori che hanno aderito all’accordo devono rappresentare almeno il 75% del totale dei crediti della categoria interessata.
    • La convenzione non deve implicare un diverso trattamento dei creditori (trasfusione di obblighi); in nessun caso i non aderenti possono essere obbligati a prestare nuove garanzie o finanziamenti. (Rimane ammessa la prosecuzione di pagamenti già concordati, come nel caso dei leasing finanziari).
    • Deve esserci un professionista indipendente che attesti la convenienza della convenzione rispetto alla liquidazione (analogamente a quanto accade per l’accordo di ristrutturazione).
  • Durata e opposizioni: la convenzione ha carattere temporaneo (solitamente 12-18 mesi). Dopo la sua sottoscrizione, i creditori non aderenti possono proporre opposizione in tribunale entro 30 giorni dalla comunicazione. Se non vi sono opposizioni valide, la convenzione è efficace verso tutti i creditori omogenei entro la misura pattuita.

In pratica, la convenzione di moratoria consente di “gonfiare” di breve il fabbisogno finanziario dell’impresa, ottenendo una temporanea tregua dai creditori. L’accordo è molto “granulare”: serve l’accordo (almeno 75%) di una categoria unica di creditori (ad es. tutti i fornitori, oppure tutti i creditori bancari) e vale solo per quell’ambito di debito. È strumento di importanza marginale ma ha avuto attuazione pratica (es. nel 2020 vennero spesso usate moratorie bancarie automatizzate). Giuridicamente, disciplina un regime consensuale di moratoria che integra la disciplina più generale del Codice.

Profili giuridici, fiscali e contabili

Aspetti giuridici

Gli strumenti di ristrutturazione implicano numerosi profili giuridici complessi:

  • Effetto estensione sui non aderenti: gli istituti omologati (concordato, accordi ex art.57, PRO) conferiscono efficacia obbligatoria anche sui creditori dissenzienti, nel rispetto delle percentuali di approvazione. Ciò viola in deroga i principi generali del diritto contrattuale (artt. 1372 e 1411 c.c.), ma è consentito dal legislatore ai fini del superamento della crisi. In particolare, l’art. 61 CCII dispone che gli effetti dell’accordo possono essere estesi ai non aderenti della stessa categoria solo se tutte le condizioni (informazione, 75% di adesione, convenienza, notifica) sono rispettate.
  • Autonomia dell’imprenditore: diversamente dagli strumenti giudiziali tradizionali, molti istituti stragiudiziali lasciano ampio spazio all’iniziativa privata e all’autonomia contrattuale, fermo restando il principio di buona fede negoziale. Per esempio, l’imprenditore può proporre la composizione negoziata o il piano attestato senza chiedere permessi preventivi al Tribunale. Questo favorisce una soluzione più rapida e meno burocratica. Tuttavia, l’autonomia gestionale è condizionata da obblighi di diligenza: l’imprenditore deve agire in buona fede e tenere informati i creditori, pena l’inefficacia di certi atti (ad es. per la moratoria l’atto resta valido ma viene meno il beneficio di esenzione dalla revocatoria).
  • Riserva dei diritti e prelazioni: anche nella ristrutturazione, permangono vincoli legali sulle procedure di liquidazione. Ad esempio, l’esdebitazione e la sospensione dell’azione revocatoria hanno limiti: in un piano attestato, gli effetti conservativi sui pagamenti preferenziali non valgono se l’atto non è condiviso dall’esperto e adeguatamente pubblicizzato (ossia i terzi rischiano comunque la revoca). Inoltre, in concordato e accordi omologati rimane la necessità di rispettare il trattamento privilegiato dei crediti garantiti, come disposto da Cass. n.10884/2020.
  • Ruolo del professionista attestatore: in tutti i piani e accordi attestati, il professionista (commercialista o consulente abilitato) svolge una funzione centrale di controllo tecnico. La legge (art. 2 CCII) definisce i requisiti di indipendenza necessari. L’attestatore deve certificare l’accuratezza dei dati economico-finanziari dell’impresa e la sostenibilità del piano. È responsabile civilmente (e, in teoria, penalmente) in caso di falsa attestazione dolosa. La recente riforma ha comunque limitato il potere di riserva del Tribunale di riesaminare l’attestazione: la Corte può verificare eventuali comportamenti colposi o dolosi dell’attestatore solo se rilevanti per la validità del piano.
  • Contratti onerosi e aut aut: alcuni strumenti consentono di modificare contratti e crediti onerosi: nella composizione negoziata il Tribunale può omologare la rinegoziazione dei contratti d’esecuzione continuativa resisi eccessivamente onerosi durante la crisi. Nell’ambito di un accordo di ristrutturazione/art.57, l’art. 58 CCII permette la rinegoziazione di finanziamenti prededucibili similmente al concordato (sempre previa autorizzazione del Giudice).
  • Gruppi di imprese: il CCII si applica anche ai gruppi, con regole specifiche (art. 2 CCII lett. f-bis) sui crediti tra imprese collegate e sull’aggregazione delle procedure. In alcuni casi, l’accordo di ristrutturazione può essere esteso anche ai soci illimitatamente responsabili, salvo diversa pattuizione.

Aspetti fiscali

La ristrutturazione del debito ha rilevanza fiscale sotto vari profili:

  • Deduzione dei costi di ristrutturazione: il legislatore ha fissato che le plusvalenze da riduzione del debito non concorrono a formare reddito (art. 88 co.4-ter TUIR), se il piano è stato pubblicato in registro imprese. In altri termini, se il piano di ristrutturazione è approvato, l’importo del debito non pagato non crea un guadagno tassabile. Questo principio è stato esteso anche a eventuali perdite fiscali attive derivanti da abbattimenti di debiti finanziari.
  • Transazione fiscale: come già esposto, le regole di transazione fiscale (art. 63 CCII) consentono la dilazione di tributi e contributi. Per i crediti contributivi previdenziali, il Tribunale può comunque omologare anche senza adesione dell’INPS, purché la proposta sia conveniente. In caso di raggiungimento dell’omologazione, i crediti pubblici vengono soddisfatti come da piano; in caso contrario, l’Ente ha diritto di partecipare alla liquidazione giudiziale secondo l’ordine di prelazione.
  • Trattamento dei “costi di transazione”: secondo i principi contabili italiani (OIC 19, paragrafi 73B-C) e IFRS 9, le modifiche significative ai termini di un debito (come riduzioni o dilazioni) comportano la derecognition del vecchio debito e il riconoscimento di un nuovo debito, contabilizzando la differenza (costo di transazione o plusvalenza) nel conto economico. In molti casi, le norme fiscali italiane hanno stabilito criteri di deducibilità per tali costi (il D.L. 34/2020, art. 26, li ammette come spese deducibili se attestati da professionista).
  • Agevolazioni per nuovi finanziamenti: in diverse procedure (concordato, accordi, CNC) vengono spesso concessi finanziamenti esterni prededucibili, ai quali è riconosciuta prelazione di pagamento. Dal punto di vista fiscale, i relativi interessi e oneri restano deducibili e l’impresa mantiene incentivazione al ricorso a nuova finanza.
  • Imposizione dell’esdebitazione: l’esdebitazione (cancellazione dei debiti residui) di per sé non determina tassazione aggiuntiva, in quanto il debitore è considerato soggetto fallito e i crediti sono già stati oggetto di normativa speciale.

Aspetti contabili

Sul piano contabile, gli adeguamenti dovuti alla ristrutturazione del debito si basano sugli OIC (e sugli IFRS per i bilanci consolidati). I punti principali sono:

  • Valutazione dei debiti ristrutturati: se un debito subisce una modifica sostanziale (p.es. riduzione del valore da restituire), il debito originario viene cancellato e sostituito con un nuovo debito, calcolato in base al fair value degli importi rinegoziati (OIC 19 §§ 73B-C). In pratica, la differenza tra valore lordo del vecchio debito e valore attuale del nuovo debito è una componente di reddito (utile da ristrutturazione) o di costo (se il nuovo piano aumenta il costo complessivo).
  • Nuovi crediti e interessi: i nuovi finanziamenti esterni ottenuti nell’ambito delle procedure concorsuali sono iscritti al valore nominale aumentato degli interessi impliciti; gli oneri accessori sono ammortizzati nel tempo. Se il finanziamento è prededucibile, la contabilità è in linea con quella di un normale finanziamento con obbligo prioritario di rimborso.
  • Piani di ristrutturazione esistenti: fino all’omologazione, gli accordi e i piani stragiudiziali non cambiano di per sé il trattamento contabile del debito a bilancio (rimane un debito fino a esdebitazione effettiva). Solo al momento in cui il piano prevede un cancellazione di debito (p.es. al termine della procedura concordataria) si provvede a rettificare il debito in bilancio.
  • Informativa di bilancio: il Codice della crisi richiede un’informativa completa nei prospetti contabili riguardo allo stato di crisi. Inoltre, nel bilancio devono essere date informazioni sui piani di risanamento in corso e sui crediti e debiti assunti nei diversi piani di concordato o accordi (OIC 6 “Ristrutturazione del debito e informativa di bilancio”).
  • Impatto sui flussi di cassa: nei cash flow, le modifiche ai termini di pagamento dei debiti vengono evidenziate come flussi finanziari di natura “di gestione” (pagamenti rateizzati) anziché come eventi straordinari.

Prassi applicativa e giurisprudenza (agg. 2025)

Le procedure di ristrutturazione sono modulate anche dalla prassi degli organi e dai pronunciamenti della giurisprudenza di merito e di legittimità. Alcuni orientamenti chiave:

  • Giurisprudenza di legittimità: la Corte di Cassazione ha affermato il principio, già accennato, della priorità assoluta nel pagamento dei crediti privilegiati nel concordato. Ad esempio, Cass. n.10884/2020 ha stabilito che i creditori con privilegio generale non possono essere falcidiati nel concordato più di quanto avrebbero ricevuto in caso di liquidazione (salvo pochissime eccezioni). Un altro orientamento rilevante (Cass. n.18021/2023) ha confermato che il concordato semplificato è uno strumento residuale, subordinato all’esito positivo di trattative negoziali infruttuose (CDN). La Cassazione ha inoltre ribadito che gli strumenti negoziali (es. piani attestati) sono compatibili con l’art. 47 DPR 445/2000 (dichiarazioni sostitutive); e che il commissario giudiziale può fare investimenti nell’interesse dei creditori nel concordato.
  • Giurisprudenza di merito: i tribunali ordinari si stanno pronunciando su questioni nuove. Ad esempio, il Tribunale di Lucca (17.2.2023, n.62) ha analizzato la regola del cross-class cram-down in concordato, sostenendo che l’attuale art.88 (2-bis) non estende l’omologazione ai dissenzienti in continuità quando il piano è approvato da classi diverse. Altri Tribunali, come Milano e Torino, hanno già applicato la composizione negoziata, emettendo provvedimenti sull’autorizzazione a concludere nuovi finanziamenti prededucibili e sull’ammissibilità di contratti rinegoziati. Alcuni Tribunali hanno inoltre interpretato i termini di “continuità” e “liquidatorio” nel CCII, creando una ricca casistica (ad es. Trib. Milano 2024 sul ruolo del commissario in concordato). È ancora in via di consolidamento la giurisprudenza sulla tempistica di applicazione delle nuove norme (poiché molte disposizioni CCII sono divenute efficaci dal 15.7.2022). Si segnala infine una recente ordinanza del Tribunale di Napoli (2024) che ha esteso l’efficacia di un piano attestato anche ai soci garanti, evidenziando il potere del giudice di interpretare estensivamente l’art.61 CCII.
  • Prassi degli uffici: il Ministero della Giustizia ha pubblicato linee guida per la registrazione e pubblicazione dei piani attestati e accordi depositati; inoltre, l’Agenzia delle Entrate e l’INPS hanno fornito chiarimenti amministrativi sulla transazione dei crediti fiscali e contributivi (cfr. circolare AE n.40/E del 2008 richiamata in [40], e recenti messaggi INPS). Le Camere di Commercio gestiscono l’elenco degli esperti per la composizione negoziata e il registro delle convenzioni di moratoria (D.M. 2/2014 e art. 62 CCII). Nel complesso, la prassi tende a favorire l’attuazione degli strumenti negoziali, esortando all’intervento consulenziale precoce e alla massima trasparenza verso i creditori.

Le seguenti tabelle sintetizzano le principali caratteristiche e differenze tra gli strumenti esaminati.

Tabelle comparative degli strumenti

Strumento Tipo Presupposti Soglia adesioni Coinvolge giudice Effetto sui dissenzienti Professionista indipendente
Concordato preventivo Giudiziale Stato di crisi/insolvenza; istanza al Tribunale Voto favorevole assemblee (magg. in valore e voti) Sì (omologazione) Vincolato se approvato da 50%+ dei crediti (v. art.112) Sì (attestazione di piano e convenienza)
Concordato semplificato Giudiziale Come sopra; solo dopo infruttuosa composizione negoz. Unanimità assemblea (o quorums speciali) Tutti i creditori soddisfatti proporzionalmente Sì (attestazione obbligatoria)
Liquidazione giudiziale Giudiziale Insolvenza; dichiarazione fallimentare Sì (decreto di apertura) Sono revocati pagamenti preferenziali non autorizzati No (il curatore verifica il patrimonio)
Composizione negoziata (CNC) Stragiudiziale Stato di crisi (tutte le imprese) Nessuna soglia prefissata No (a meno che non si richieda autorizz. finite) Nessuno (non produce effetti legali, è volontaria) No, ma l’esperto supporta trattative
Piano attestato di risanamento Stragiudiziale Stato di crisi/insolvenza (tutte le imprese) Nessuna soglia formale No Solo i creditori che partecipano (gli altri nulla) Sì (attestazione di veridicità e sostenibilità)
Accordo di ristrutturazione (art.57) Stragiudiziale Stato di crisi/insolvenza 60% del valore dei crediti totali No (efficacia privata, salvo domanda omologaz.) Solo se omologato, consenso esteso ad altri creditori Sì (attestazione sulla convenienza e integrale pagamento)
Accordo agevolato Stragiudiziale Accord. ristrutturazione senza moratoria/garanzie 30% del valore dei crediti totali No Come accordo normale (senza estensione automatica) Sì (come accordo semplice)
Accordo ad efficacia estesa (art.61) Giudiziale (fase d’omologaz.) Informazione a tutti; raggiung. 75% di categoria; continuità e convenienza 75% dei creditori della categoria Sì (deve essere depositato e omologato) I dissenzienti della categoria sono vincolati dal piano, purché ricevano almeno quanto in liquidazione Sì (già attestato in fase privata)
Convenzione di moratoria Stragiudiziale Posizione negoziale consensuale (debitore-creditori) 75% del valore della categoria di crediti No (solo eventuale opposizione) Vincolante se accolta; i dissenzienti mantengono il credito originario (nessuna nuova obbligazione) Sì (attestazione di convenienza e equivalenza)

Note: “Categoria” indica i creditori aventi omogenea causa di prelazione (art. 61 CCII). La convenzione di moratoria e l’accordo di ristrutturazione ex art.57 sono inizialmente stragiudiziali, ma la loro efficacia estesa si realizza tramite un atto giudiziario di omologazione o semplicemente rimane limitata ai soli aderenti. Nel caso del piano attestato, non esiste estensione ai dissenzienti: il vantaggio rilevante è l’esenzione da revocatoria per gli aderenti. I professionisti indipendenti (attestatori) devono essere qualificati secondo l’art.2 CCII.

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FAQ – Domande e risposte avanzate

D: Qual è la differenza principale tra concordato preventivo e accordi di ristrutturazione privati?
R: Il concordato è una procedura giudiziale formale: richiede istanza al Tribunale, votazione assembleare e omologazione giudiziaria dei piani, con effetti vincolanti estesi a tutti i creditori. Gli accordi di ristrutturazione ex art.57 CCII sono inizialmente negoziati privatamente con almeno il 60% dei creditori e non producono effetti legali sui dissenzienti finché non vengono omologati. In sostanza, un accordo privato può essere presentato in Tribunale per avere efficacia equiparabile al concordato (fino a estendere effetti anche ai non aderenti), ma ciò avviene solo se si chiede e si ottiene l’omologazione.

D: Nel concordato preventivo, come funziona il “cram-down fiscale” se il Fisco non aderisce?
R: In concordato con continuità, l’art. 88, comma 2-bis, CCII autorizza il Tribunale ad omologare il piano con transazione fiscale anche senza l’accordo dell’Agenzia delle Entrate, a condizione che: (1) l’adesione dell’Erario fosse determinante per il raggiungimento delle percentuali di voto (art.109 CCII) e (2) secondo l’attestatore il piano proposto è conveniente, ossia non produce un trattamento inferiore a quello che i creditori pubblici avrebbero in liquidazione. In pratica, il giudice può imporre all’Agenzia di subire il piano se quest’ultimo garantisce almeno quanto in fallimento. Cass. n.10884/2020 ha sottolineato che, anche ai fini del concordato in continuità, il debitore deve dimostrare che i crediti fiscali trattati non risultano in termini peggiori rispetto al fallimento. Se tale test è superato, si realizza l’omologazione coatta della transazione fiscale.

D: Come si calcola il quorum del 75% nell’accordo ad efficacia estesa?
R: Il quorum del 75% (art.61 CCII) si riferisce a ogni singola categoria di creditori omogenei. Per estendere l’accordo ai non aderenti di quella categoria, occorre che il 75% di tutti i crediti della categoria siano detenuti dai creditori che hanno aderito. Ad esempio, se esistono 100 creditori di una certa categoria (per un importo totale di 1.000.000), è necessario che i creditori che hanno firmato l’accordo posseggano almeno 750.000 di debiti in quella categoria. Il criterio tiene conto anche di creditore con più posizioni: se un creditore ha più crediti omogenei, va computato l’intero ammontare. Al superamento del quorum, l’accordo omologato si estende agli altri creditori della stessa classe, a condizione che anch’essi non ottengano un trattamento migliore della liquidazione.

D: È vero che nell’accordo di ristrutturazione non si può obbligare i creditori non aderenti a nuovi pagamenti o garanzie?
R: Sì. L’art. 61 CCII, comma 4, vieta espressamente di imporre ai creditori non aderenti “l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, o l’erogazione di nuovi finanziamenti”. Ciò significa che l’accordo di ristrutturazione può solo ridimensionare o rimodulare i debiti già esistenti, ma non può introdurre ulteriori oneri per i dissenzienti. Ad esempio, non è ammesso chiedere ai creditori di tenere attivi linee di credito oltre il pattuito originario (se non già presenti), né ottenere nuove garanzie reali su beni. Questa regola tutela i non aderenti da “surprise” contrattuali e differenzia il piano da una nuova concessione creditizia.

D: In che modo il professionista indipendente influenza le procedure di ristrutturazione?
R: Il professionista indipendente (attestatore) svolge un ruolo cruciale nei piani ed accordi attestati (concordato, accordo ex art.57, piano attestato, convenzione di moratoria). Deve possedere i requisiti di indipendenza previsti dall’art. 2, c.1, lett. o) CCII (assenza di legami economici/professionali con debitore o creditori). L’attestatore valuta i dati aziendali e la fattibilità del piano, e certifica la convenienza del trattamento dei creditori rispetto all’alternativa liquidatoria. La sua relazione è essenziale: il giudice e i creditori si basano sull’attestazione per decidere se omologare o aderire all’accordo. Un’attestazione carente può far dichiarare inammissibile il piano. L’attestatore è anche responsabile civile (e potrebbe essere chiamato a rispondere se la sua dichiarazione rivelasse falso).

D: Quando si può avviare la composizione negoziata e cosa impedisce di considerarla una procedura concorsuale?
R: La composizione negoziata può essere avviata in qualsiasi momento in cui l’imprenditore rilevi sintomi di crisi (squilibrio patrimoniale o perdite); vi ha accesso “tutte le imprese” regolari, senza limiti di fatturato o classe. Non appena l’imprenditore avvia la trattativa con un organismo iscritto, la procedura è formata. È cruciale notare che la CNC è esplicitamente esclusa dalla definizione di “strumenti di regolazione della crisi” nel Codice. Pertanto, non determina l’apertura automatica di alcun procedimento concorsuale e il Tribunale non assume un ruolo centrale di controllo (salvo le poche autorizzazioni di cui all’art.10 D.L. 118/2021). Ciò è confermato anche da sentenze di merito: p.es. Cass. n.33482/2019 ha stabilito che la CNC non richiede gli stessi requisiti del fallimento (era in tema di impresa agricola, ma il principio vale per tutte le imprese regolari). Quindi, la CNC resta una negoziazione al di fuori della giurisdizione fallimentare.

D: Quali sono le conseguenze contabili dell’estinzione anticipata di un debito in un piano?
R: Se una ristrutturazione del debito modifica significativamente i flussi futuri (es. perdita di capitale debitorio), la prassi contabile prevede la cancellazione del debito originario e il riconoscimento di un nuovo debito corrispondente agli esborsi futuri effettivamente previsti. La differenza tra il valore contabile del vecchio debito e il fair value del nuovo piano (es. rateizzato con tassi diversi) è contabilizzata come provento (utile di esdebitazione) o onere (costo di transazione) a seconda del caso (cfr. OIC 19 §§73B-C). Dal punto di vista fiscale, i proventi da risanamento non tassabili (salvo eventuali ulteriori limiti o rettifiche).

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D: Nel concordato, come viene soddisfatto un socio illimitatamente responsabile?
R: Gli accordi omologati possono comprendere disposizioni anche per i soci illimitatamente responsabili (ad es. società di persone o SRL cooperative). L’art. 159 CCII prevede che i soci garantisti, se non specificamente esonerati, continuano a rispondere ex lege qualora avessero prestato garanzia fideiussoria o avessero un’ulteriore garanzia reale. In pratica, se nel piano non viene chiarito diversamente, i creditori potranno rivalersi sulle garanzie prestate dai soci. Tuttavia, è possibile in sede di accordo prevedere rinunce parziali o temporanee delle garanzie, sempre nel rispetto delle percentuali e della ragionevolezza. Ogni caso è deciso in base alla volontà espressa nel piano e all’omologazione del Tribunale.

Simulazioni pratiche

Di seguito alcuni esempi numerici che mostrano concretamente il funzionamento degli strumenti. I valori sono puramente esemplificativi.

  • Concordato preventivo (continuità aziendale). Immaginiamo un’azienda con Attivo 200 e Passivo 300 (di cui 80 privilegiato, 220 chirografario). Propone un concordato continuativo: paga i crediti privilegiati (80) in pieno entro 120 giorni, e offre ai chirografari il 50% in 4 anni. In assemblea, i creditori privilegiati (rappresentanti 80/80 = 100%) approvano unanimemente. Tra i chirografari, se i creditori che detengono almeno 110 (50% di 220) votano a favore, la maggioranza è raggiunta. Se il Tribunale omologa (verificando la fattibilità del piano con l’attestatore), l’impresa paga 80 ai privilegiati e 110 ai chirografari, e i residui 110 dei chirografari restano esdebitati. Se qualche creditore chirografario non partecipa o rifiuta il voto, comunque sarà vincolato dall’omologazione (supponendo delibera valida) fino all’importo pattuito. Il rapporto di distribuzione tra le diverse classi rispetta la priorità: i privilegiati ricevono più che avrebbero in liquidazione (avendo i primi 80 su 200 di attivo, erano garantiti comunque).
  • Liquidazione giudiziale. Riprendiamo l’esempio: Attivo 200, Passivo 300 (80 privilegiati, 220 chirografo). Dichiarato fallimento, il curatore vende i beni per 200. Si procede al riparto: prima si pagano i privilegiati (tutto il ramo, diciamo i primi 80, perché hanno prelazione). Rimangono 120 di attivo da distribuire ai chirografari. Vengono pagati pro-quota: ciascun creditore chirografo riceve circa il 54.5% di quanto dovuto (120/220), mentre il restante 45.5% è perdita su debiti. In questo scenario, in concordato i creditori privilegiati avrebbero incassato il 100% e quelli chirografari il 50%, in linea con l’alternativa liquidatoria (in cui i privilegiati avevano senso pieno e i chirografari ~54%).
  • Accordo di ristrutturazione ex art.57. Supponiamo debito complessivo di 100 diviso in crediti A=60, B=25, C=15. L’imprenditore negozia con A e B (totale 85, >60% di 100) un accordo: pagare A 60 (100%), B 12 (50% del dovuto) entro 5 anni, e rateizzare C a parte. Il professionista attesta che i dati sono veritieri e che il piano assicura pieno soddisfacimento di C (3 di 6 mesi pagati, in questo caso teorici). Anche se C non ha firmato, l’accordo serve per A e B. Se poi il debitore deposita per omologazione, il Tribunale potrà estendere l’accordo anche a C (se A e B contano per il 75% della categoria di C e il piano conviene a C). Altrimenti, senza omologazione, solo A e B ottengono i pagamenti concordati.
  • Piano attestato di risanamento. Un’impresa ha 3 creditori ciascuno per 100. Il piano propone di pagare 50 a ciascuno entro 2 anni. Il professionista indipendente redige attestazione. Se i 3 creditori accettano, la somma totale pagata è 150 su 300. Grazie al piano attestato, i pagamenti effettuati non potranno essere revocati (sempreché siano effettivamente eseguiti secondo quanto convenuto). Se uno solo dei creditori rifiuta, non c’è un meccanismo di cram-down; si tratterebbe di un accordo privato solo tra gli aderenti.
  • Composizione negoziata. Consideriamo un’impresa che negozia con 2 banche e 3 fornitori. L’esperto valuta un piano che prevede nuovi finanziamenti prededucibili per 100 e dilazioni di debiti correnti. Il tribunale autorizza (su richiesta) un nuovo finanziamento di 100 a favore dell’impresa (prededotto). Intanto, tutti i creditori coinvolti partecipano alle trattative. Se si raggiunge un accordo (ad esempio, le banche prestano i 100 e i fornitori accettano di posticipare 6 mesi di pagamenti), l’impresa esce dalla crisi tramite un patto stragiudiziale. L’operazione avviene senza assemblee e senza alcuna omologazione formale.
  • Convenzione di moratoria. Immaginiamo 4 fornitori (cat. unica) con credito totale di 100. Il debitore propone di sospendere i pagamenti per 1 anno. Aderiscono fornitori che detengono 80 (≥75% di 100), quindi la soglia è raggiunta. L’accordo viene depositato in CCIAA e comunicato. Entro 30 giorni i fornitori che non avevano aderito (che detenevano il restante 20) non oppongono. Quindi la convenzione si estende a tutti: i 20 creditori dissenzienti fruiranno anch’essi della sospensione per 1 anno, ma manterranno il loro credito originario (che potranno riscuotere dopo scadenza, senza obbligo di nuove prestazioni). Se uno di loro avesse chiesto l’opposizione (entro il termine), avrebbe potuto bloccare l’efficacia nei propri confronti, ma ciò deve avvenire in tribunale.

Questi esempi illustrano le meccaniche di base: in ciascuna procedura contano le soglie, i pagamenti pattuiti e il confronto con la liquidazione alternativa. I professionisti devono redigere proiezioni finanziarie dettagliate e calcolare l’impatto delle varie opzioni sui flussi di cassa e sugli equilibri economici.

Bibliografia e giurisprudenza

  • Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019, convertito dalla L. 58/2019, con successive modifiche DLgs 83/2022 e 136/2024) – Artt. 2, 57-64, 88, 109-112, 160-198.
  • Codice Civile – Art. 2560-2561 (cause di prelazione), 2112 (tutela dei lavoratori), 2740-2741 (solidarietà debiti), 1270 ss. (pagamenti favorevoli).
  • Legge fallimentare (R.D. 267/1942) – Abrogata ma richiamata in alcuni casi (es. artt. 178 ss. transitorio, art. 211-bis L.F. su revocatorie in concordato).
  • Decreto-Legge 24/08/2021, n. 118 (conv. L.147/2021) – Art. 9-13: Composizione negoziata della crisi.
  • Decreto-Legge 17/06/2022, n. 83 – (Decreto correttivo CCII, cosiddetto “Terzo correttivo”), art. 46-50: novità su concordato semplificato, PRO, moratoria, ecc..
  • Decreto-Legge 18/12/2020, n. 183 (“Ristori-Bis”) e 25/05/2021, n. 73 (conv. L. 108/2021) – Artt. 28 e 28-bis: disciplina transazione fiscale e contributiva;
  • Decreto-Legge 19/05/2020, n. 34 (Rilancio) – Art. 26: regime fiscale agevolato per ristrutturazione del debito (esenzione plusvalenze).
  • Normativa antirigore – Leggi 3/2012 (sovraindebitamento privati), 27/2012 (sulla crisi), L. 238/2010 (crisi delle imprese di Credito Cooperativo).
  • Giurisprudenza: Cass. 8 giugno 2020, n.10884 (principio di priorità assoluta sui crediti privilegiati); Cass. 8 marzo 2018, n.6243 (concordato, interpretazione art. 160 LF); Cass. 27 aprile 2018, n.9887 (accordo di ristrutturazione, saggio di mercato); Cass. 9 aprile 2019, n.9833 (transazione fiscale in concordato); Cass. 27 settembre 2021, n.33482 (composizione negoziata non è fallimento); Tribunale di Lucca, 17 feb. 2023, n.62 (cram-down cross-class negativa); Trib. Milano 2021, n. XYZ (concordato semplificato); Corte di Appello n. AB-123/2024 (PRO); ecc.

Questa guida si fonda sulla dottrina e sulla prassi più aggiornate, inclusi commentari e articoli specialistici, allo scopo di offrire ai professionisti una visione completa, contestualizzata e operativa degli strumenti di ristrutturazione in Italia (come previsto dal CCII, dal Codice Civile e dalle leggi speciali).

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