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Ex Ilva, il governo vede le aziende. L’obiettivo su nuovi investimenti


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Anche ieri ci sono stati sopralluoghi all’altoforno 1 dell’ex Ilva, l’impianto dove la mattina del 7 maggio c’è stato un incendio ad una delle tubiere che ha poi fatto scattare, da parte della Procura di Taranto, il sequestro senza facoltà d’uso dell’impianto. Ma anche uno scontro tra il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, e l’azienda, che sostengono che, già mentre era in corso il sequestro, e poi nelle istanze formali, è stato chiesto all’autorità giudiziaria di poter colare i fusi, ghisa e loppa, rimasti nell’altoforno al fine di non comprometterlo, ma la Procura non ha risposto, mentre la stessa Procura, e poi l’Associazione nazionale magistrati (Anm), giunta distrettuale di Lecce, dicono invece che questo tipo di richiesta mai è stata avanzata.

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Il sopralluogo 

Il sopralluogo di ieri è stato effettuato dai Vigili del Fuoco mentre il giorno prima erano andati in fabbrica gli ispettori dello Spesal-Asl. Dopo l’accertamento tecnico irripetibile fatto da Arpa Puglia e Spesal-As sull’altoforno 1 qualche giorno fa su mandato della Procura, ora ci sono esami più specifici finalizzati evidentemente a delineare un quadro di cosa è accaduto il 7 maggio, e come e perché, per poi trasferirlo ai pm che gestiscono il fascicolo, Mariano Buccoliero e Francesco Ciardo. Tre dirigenti di Acciaierie sono indagati per incendio colposo e getto pericoloso di cose. AdI, intanto, ha già rimesso da qualche giorno a chi sta indagando, la relazione fatta dai propri consulenti di Paul Whurt dove fornisce la propria versione dei fatti (e pare che vi siano elementi diversi da quelli presenti nel provvedimento di convalida del sequestro firmato dal pm Ciardo). Inoltre, un primo accertamento, sopralluogo e rilievi fotografici, ha anche compiuto il perito nominato dalla Magistratura, la docente di Chimica industriale all’Università “La Sapienza” di Roma, Paola Russo.

Gli incontri

Questa, intanto, è la settimana dove, al di là di eventuali sviluppi giudiziari e investigativi, sono in calendario due riunioni importanti. La prima oggi al ministero delle Imprese, presieduta dal ministro Urso, e la seconda mercoledì a Palazzo Chigi, coordinata dal sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, presenti i ministri più direttamente interessati al dossier Acciaierie d’Italia e i commissari delle due amministrazioni straordinarie: Ilva, che rappresenta la proprietà, e Acciaierie, che gestisce gli impianti. A quest’ultima parteciperanno le sigle sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil, Uilm, Usb e Ugl, mentre a quella odierna, invece, oltre ai commissari di Ilva e di AdI, anche le istituzioni locali, le associazioni delle imprese, la Camera di Commercio e l’Autorità portuale, e tre importanti gruppi: Fincantieri, Toto Holding-Renexia e Webuild Group. Tre presenze che richiamano cosa si potrebbe fare con il siderurgico ma anche oltre il siderurgico in termini di nuove opportunità tra costruzione di grandi strutture per l’eolico offshore galleggiante (Fincantieri), visto che il porto di Taranto è stato scelto dal ministero dell’Ambiente come uno dei due hub nazionali per quest’attività, turbine eoliche (Renexia) e forniture per il ponte sullo Stretto (Webuild Group). L’incontro a Palazzo Chigi, invece, è stato chiesto dai sindacati per capire cosa intende fare il Governo ora che l’altoforno 1 è fuori uso, la produzione corre verso il dimezzamento e la cassa integrazione straordinaria verso l’aumento, ma soprattutto come e dove sta andando la trattativa con gli azeri di Baku Steel Company, la cui offerta è stata reputata la migliore tra le tre arrivate per l’intero gruppo AdI. Gli azeri sono ancora in pista, il negoziato è in corso, ma la trattativa ora sembra essere ancor più in salita. E alla luce degli ultimi accadimenti non è detto che regga. Ci sarebbe anche l’ipotesi che mercoledì, in concomitanza con il vertice a Palazzo Chigi, ci possa essere qualche iniziativa di protesta dei sindacati a Taranto, ma nulla è stato al momento deciso.

Da questa settimana, comunque, il ricorso alla cassa integrazione comincerà a salire (AdI ha annunciato nel gruppo 1.000 cassintegrati in più) e ci potrebbe anche essere una nuova più estesa richiesta di cassa dell’azienda al ministero del Lavoro e ai sindacati. Infine, sull’impianto del preridotto di ferro per l’alimentazione dei futuri forni elettrici, fonti vicine al dossier, dopo che il Consiglio di Stato ha sentenziato che la gara d’appalto va rifatta, dicono che «la gara è stata bandita da Dri d’Italia, società di Invitalia, i cui vertici erano stati nominati nella precedente legislatura. Anche Invitalia avrebbe a suo tempo avanzato perplessità in merito alle modalità di gara. Risulterebbe inoltre che gli attuali commissari di AdI non siano mai stati messi a conoscenza, da parte di Dri d’Italia, delle condizioni previste nel bando, né delle ragioni che hanno condotto il Consiglio di Stato ad annullare la gara. Con l’attuale sentenza, non viene contestata solo l’assegnazione della gara, ma la sua stessa impostazione: la previsione della sola progettazione e non anche della costruzione, come invece richiesto. Un errore grave, dunque – si rileva -, da imputare a chi ha scritto la gara. Consapevole delle criticità e del rischio di non farcela con i tempi del Pnrr, il Governo, i ministri Fitto e Urso, per questo decise di riallocare i fondi verso altri capitoli e di sostituirli con un miliardo proveniente da fondi nazionali, in particolare dai fondi di coesione, che presentano tempistiche di utilizzo più ampie».





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