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Un Ponte banca-impresa, la sfida della competitività


C’è una scommessa da giocare per la competitività: creare imprese solide e sostenibili che possano contribuire alla crescita del Pil.  Si è svolto lunedì 12 maggio, nell’Aula ISMA del Senato della Repubblica, il convegno “Oltre la Crisi – Come costruire imprese solide e sostenibili”, promosso dal Senatore Dario Damiani con il patrocinio istituzionale del Senato.

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L’evento ha riunito esponenti politici, professionisti, imprenditori e rappresentanti del sistema bancario, chiamati a confrontarsi su una realtà troppo spesso ignorata: la fragilità culturale e gestionale delle micro e piccole imprese italiane, che non dipende dalla mancanza di strumenti, ma da un isolamento sempre più cronico.
“Oltre il 90% delle imprese italiane è guidato da imprenditori mono-decisionali,” ha ricordato Damiani nel suo intervento. “Non possiamo più considerarli semplici numeri o partite IVA: sono persone che reggono da soli l’intera impalcatura della propria azienda. La riforma della crisi d’impresa è nata per loro: non per punire chi cade, ma per offrire strumenti a chi vuole restare in piedi.”

A rafforzare questo appello è stato il Senatore Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia, che ha sottolineato il ruolo insostituibile delle imprese familiari e artigiane nella tenuta economica del Paese. “Sono la spina dorsale dell’Italia produttiva. Non possiamo lasciarle affrontare da sole il peso del cambiamento, delle riforme, delle nuove regole del mercato. Servono alleanze vere: con le banche, con le professioni, con chi ha a cuore non solo i bilanci ma anche le persone che li costruiscono ogni giorno con il proprio lavoro.”

L’impresa non può più restare chiusa su sé stessa

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A prendere la parola anche Danilo Manni, commercialista e presidente di UNICSA – Unione Italiana Consulenti Strategici Aziendali, che ha riportato l’attenzione su un tema chiave del convegno: la prigione operativa in cui molti imprenditori mono-decisionali restano intrappolati. “Parliamo di imprenditori che non hanno mai avuto tempo, né strumenti, né linguaggi per progettare il futuro. Vivono giorno dopo giorno nell’urgenza, nell’operatività e nell’assenza di visione. A loro non basta dire cosa fare: bisogna aiutarli a pensare in modo diverso.”
Secondo Manni, oggi più che mai servono riferimenti solidi e continui. “L’imprenditore ha bisogno di nuovi punti di riferimento: reali, presenti e competenti. Banche, professionisti, associazioni devono tornare ad accompagnarlo, non solo a valutarlo.”

Il Ponte Banca-Impresa: una proposta concreta per ricostruire fiducia
Proprio da questa esigenza nasce la proposta lanciata da UNICSA: il Ponte di Collegamento Banca-Impresa, un modello operativo strutturato in tre fasi — consapevolezza, misurazione e orientamento — che mira a costruire, dal basso, una nuova alleanza tra chi fa impresa e chi ha il compito di sostenerla.
Non si tratta di una teoria, ma di un percorso replicabile sul territorio, da attivare localmente grazie al coinvolgimento attivo di banche e associazioni di categoria.
Un ponte che non unisce mondi astratti, ma accompagna concretamente le imprese ad attraversare il tratto più difficile: dalla solitudine quotidiana alla progettualità consapevole.
A sostegno di questo percorso, è stato presentato anche lo strumento dell’Imprenditometro: una mappa visiva che aiuta l’imprenditore a vedere con chiarezza dove si trova nel suo percorso evolutivo e cosa gli manca per diventare una guida strategica della propria impresa.
“Non è un semplice test,” ha chiarito Manni, “ma un vero specchio di consapevolezza. Serve a far emergere ciò che spesso l’imprenditore non riesce a vedere da solo: le aree critiche, i limiti strutturali, ma anche le potenzialità su cui costruire una crescita vera.”

Un messaggio forte: senza cultura, nessuna impresa sarà solida
Nel corso del pomeriggio, tutti i relatori — avvocati, esperti in gestione della crisi, rappresentanti delle camere di commercio e del mondo bancario — hanno concordato su un punto: senza cultura d’impresa, senza metodo, senza visione strategica, nessun obbligo normativo potrà davvero salvare le aziende italiane.
La parola “adeguati assetti” è tornata spesso nei vari interventi, ma in una chiave nuova: non come adempimento, ma come strumento di prevenzione e di governo. Una bussola, più che un vincolo.
E il richiamo finale è stato chiaro: non è con più fatica che si risolvono i problemi, ma con più relazioni intelligenti.

L’incontro si è chiuso con un appello alla responsabilità collettiva: istituzioni, banche, professioni e associazioni devono fare rete. Non per creare nuovi vincoli, ma per costruire opportunità reali di riscatto per gli imprenditori che vogliono evolvere.
Il futuro dell’impresa italiana, è stato detto, non dipende solo dal capitale economico. Dipende dal capitale relazionale che sapremo attivare attorno a ogni impresa che oggi, silenziosamente, regge il sistema.
E che da sola, semplicemente, non può più farcela.

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