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Veneto, 239mila lavoratori in meno entro il 2035


Il Veneto si prepara ad affrontare una delle trasformazioni demografiche più significative della sua storia recente: secondo le proiezioni dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, basate su dati Istat, nei prossimi dieci anni la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) diminuirà di quasi 239mila unità, segnando una flessione del 7,8 per cento. Si passerà così dai poco più di 3 milioni di persone del 2025 a 2,8 milioni nel 2035.

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Un calo che non è esclusiva del Veneto, ma coinvolgerà tutte le 107 province italiane, a testimonianza di una tendenza nazionale inarrestabile: l’invecchiamento della popolazione e l’uscita progressiva dal mercato del lavoro della generazione dei baby boomer stanno infatti impoverendo la base occupabile del Paese.

Pil in frenata e settori chiave in sofferenza

Il quadro si fa ancor più preoccupante se si sommano altri fattori destabilizzanti: instabilità geopolitica, transizione energetica e digitale. Le imprese italiane, già oggi in difficoltà nel reperire giovani lavoratori, rischiano di trovarsi presto senza ricambio generazionale. L’ipotesi di un’inversione del trend demografico appare remota, e nemmeno il ricorso alla manodopera straniera potrà colmare il divario. Le conseguenze? Un rallentamento strutturale del Pil e un aumento della spesa pubblica in ambito sanitario, previdenziale e assistenziale, con inevitabili ricadute sui conti dello Stato.

Piccole imprese penalizzate, il Sud tiene meglio

A pagare il prezzo più alto saranno le piccole e micro imprese, che difficilmente potranno competere con le grandi aziende nell’attrarre i pochi giovani disponibili, offrendo stipendi più bassi e minori benefit. Paradossalmente, il Mezzogiorno potrebbe trovarsi in posizione leggermente più favorevole, potendo attingere a una platea di disoccupati e inattivi ancora molto ampia, soprattutto nei settori agroalimentare e turistico-ricettivo.

Solo le banche potrebbero trarne vantaggio

Se i settori della moda, dei trasporti, del turismo e dell’immobiliare rischiano il ridimensionamento, c’è almeno un ambito che potrebbe beneficiare del cambiamento: quello bancario. Una popolazione più anziana è tendenzialmente più incline al risparmio e meno alla spesa, con la conseguente crescita dei depositi bancari.

Il Veneto tra le regioni del Nord più colpite

Il Veneto sarà, tra le regioni settentrionali, quella più duramente colpita dalla flessione della popolazione lavorativa. Tra le province, Rovigo si distingue negativamente con un calo del 12,4 per cento, la peggiore performance del Centro-Nord. Seguono Belluno (-9,9%), Venezia (-9,4%), Vicenza (-8,7%) e Treviso (-7,7%). Più contenute le perdite a Padova (-7,4%) e Verona (-4,4%).

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Mentre le regioni meno colpite saranno Trentino-Alto Adige, Lombardia ed Emilia-Romagna, la Sardegna registrerà la contrazione più drastica con un -15,1 per cento. In valori assoluti, il primato negativo spetta alla provincia di Napoli, destinata a perdere quasi 237mila persone in età lavorativa.

Una fotografia chiara e allarmante di un futuro prossimo che, se non affrontato con strategie mirate e riforme strutturali, rischia di compromettere seriamente il tessuto economico e sociale del Paese.





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