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Sport e lavoro per dare nuova speranza di futuro ai detenuti


Lavoro è libertà: tanto più per una persona che, scontata la pena, esce dal carcere. A Vicenza da ben 26 anni il CSI, Centro Sportivo Italiano, e una serie di cooperative sociali operano in stretta collaborazione con il penitenziario “Delpapa” (San Pio X), riuscendo a coinvolgere molti detenuti: «In Italia chi esce dal carcere in più della metà dei casi finisce per commettere un nuovo reato. Ma con le pene alternative il rischio di recidiva si abbassa moltissimo: fino al dieci, venti per cento». A spiegarlo è Enrico Mastella, ex presidente della sezione vicentina dell’associazione CSI, che dal 1999 è responsabile del Progetto Carcere Sport Insieme. Il progetto è stato fra gli argomenti di una veglia di preghiera organizzata nei giorni scorsi dalla Pastorale sociale del Lavoro della diocesi in occasione del Primo Maggio. «Ventisei anni fa abbiamo iniziato portando delle attività sportive in carcere, e non ci siamo mai fermati – spiega Mastella –, si propongono ai detenuti tennistavolo, taichi, nordic walking, attività motoria e scacchi, con degli istruttori professionisti ad in segnare le attività. Siamo partiti con due ore a settimana, poi nel tempo sono state sviluppate delle attività aggiuntive: in primis delle uscite premio, incontri con la comunità esterna e le parrocchie. E poi dei corsi, sempre con docenza professionale: per arbitri di calcio, di preparazione atletica, di medicina sportiva». Dal 2010 il CSI collabora con propri volontari a un progetto di accoglienza per favorire i colloqui dei detenuti con le famiglie. E poi c’è il progetto Carcere Scuola, partito nel 2003. «Ha tre step: l’ingresso degli studenti in carcere, assemblee sulla legalità e corsi sull’educazione alla legalità. Ragazzi e ragazze ascoltano interventi e testimonianze. Della polizia penitenziaria e dei detenuti, che raccontano il senso o non sensi del finire in prigione.

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Poi con l’accompagnamento della polizia si visitano una cella e la stanza perquisizioni». Prima di una partita di calcio con la rappresentativa, la fase finale di questi incontri (che hanno portato 17mila studenti al Delpapa dal 2009) prevede una testimonianza con una delle associazioni e cooperative che a Vicenza si occupano del periodo finale della pena. «I detenuti che su disposizione del magistrato sono coinvolti in questi progetti vedono il rischio di recidiva ridursi moltissimo: all’esterno operano con Lembo del Mantello, Progetto Jonathan o Giovanni XXIII°, oppure con una delle cooperative, Erica o Insieme, che svolgono attività lavorative dentro al carcere» continua Mastella. Le attività lavorative all’interno e all’esterno sono spesso commesse affidate da altre aziende alle cooperative (prodotti dolciari, lavori di assemblaggio di par ti meccaniche, sfalcio) o attività in ricicleria. Anche le attività con il CSI contribuiscono: «Ai detenuti che hanno avuto un comportamento corretto all’interno del penitenziario e hanno svolto attività sportiva o lavorativa interna diamo un certificato che, con una relazione di sintesi, viene inviata al magistrato di sorveglianza.

E poi la persona viene affidata alle comunità esterne, o esce dal carcere per lavorare» con ferma Mastella. La buona notizia è che, post Covid, il numero di detenuti coinvolti in attività lavorative è aumentato: «Molte più persone sono coinvolte nelle attività interne nel forno e nel capannone assemblaggi, da sette-otto sono passate a una trentina – conclude il volontario –. Frutto di un aumento delle aziende che hanno dato disponibilità ad appaltare la vori». Un effetto degli sgravi fiscali: ma, forse, anche di un cambiamento in positivo della mentalità.

 

Andrea Alba

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