Il dollaro sta attraversando una fase di indebolimento strutturale rispetto all’euro. Questa condizione si alimenta di dinamiche profonde e si proietta in un futuro fatto di polarizzazione valutaria, ridefinizione delle sfere di influenza finanziaria e trasformazione del ruolo del dollaro come valuta dominante negli scambi internazionali.
Per gli investitori, piccoli e grandi, il deprezzamento del biglietto verde è anche una opportunità da cogliere. Numerose banche internazionali, fondi di investimento e analisti indipendenti stanno riformulando le proprie raccomandazioni, puntando su asset e settori che beneficiano del nuovo equilibrio valutario. Da materie prime e mercati emergenti fino alle valute rifugio e agli Etf tematici europei, le opzioni non mancano. Ma occorre discernere con attenzione secondo una logica strategica di medio-lungo termine e una diversificazione intelligente, capace di proteggere il capitale e valorizzare il portafoglio:
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I segnali economici che pesano sul dollaro nel 2025 -
Oro, valute forti e bond emergenti -
Azioni e mercati da monitorare
I segnali economici che pesano sul dollaro nel 2025
Le principali banche d’investimento concordano nell’identificare le cause strutturali che alimentano la dinamica dollaro debole. Da un lato, la Federal Reserve ha scelto di avviare una politica monetaria accomodante. Dall’altro, l’instabilità politica statunitense, i deficit commerciale e fiscale e la sfiducia di alcuni paesi partner verso il dollaro come unica valuta di riserva hanno accelerato il processo di dedollarizzazione.
Secondo le previsioni di Bank of America, si tratta del peggior avvio d’anno per il dollaro dal 1999. Gli analisti di Goldman Sachs vedono nel calo del valore della valuta un possibile fattore di pressione inflattiva in grado di alimentare l’aumento dei prezzi al consumo nei mesi successivi. Intanto le banche centrali di Paesi come Cina, India e Russia intensificano gli acquisti di oro e diversificano le riserve in valute alternative, mentre l’Unione europea spinge per un rafforzamento dell’euro come strumento di riferimento nei mercati globali.
Oro, valute forti e bond emergenti
La prima risposta consigliata da banche e fondi al deprezzamento del dollaro è l’investimento in beni rifugio, in particolare nell’oro. Il metallo giallo beneficia di un dollaro debole perché viene prezzato in valuta americana: quando questa scende, l’oro diventa più accessibile agli investitori esteri. In un periodo in cui l’inflazione tende a erodere il potere d’acquisto, l’oro continua a essere visto come uno strumento di copertura del valore reale del capitale. Gli ETF oro denominati in euro, come Xetra-Gold o iShares Physical Gold, sono tra i più raccomandati nei report di UBS, JPMorgan e Amundi.
In parallelo cresce l’interesse per alcune valute forti, tra cui il franco svizzero, lo yen giapponese e le corone scandinave, che in contesti di instabilità valutaria offrono solidità e una volatilità contenuta. Per gli investitori italiani ed europei significa sfruttare strumenti come gli ETF valutari hedged o portafogli multi-asset con esposizione diretta su queste valute. Il valore dell’euro appare stabile, sostenuto dalla BCE che nel 2025 ha cominciato a ridurre i tassi, ma in modo più prudente rispetto alla Federal Reserve.
Un altro segmento favorito dal contesto di dollaro debole è quello dei bond emergenti, soprattutto se denominati in valuta locale. Il calo del dollaro riduce il peso del debito estero per molti paesi in via di sviluppo e rende i titoli obbligazionari locali più appetibili per gli investitori stranieri. Brasile, Messico, India e Indonesia offrono rendimenti superiori al 6-7%, con valute in rafforzamento e politiche fiscali relativamente solide. Secondo Pictet AM, i fondi obbligazionari emergenti sono tra i migliori candidati a sovraperformare nel medio periodo.
Azioni e mercati da monitorare
Spostando lo sguardo verso i mercati azionari, la caduta del dollaro apre scenari interessanti per le imprese esportatrici europee, le cui merci risultano più competitive sui mercati internazionali. Società tedesche, francesi e italiane attive nel settore manifatturiero, nella farmaceutica e nella tecnologia beneficiano di questa dinamica. Secondo Deutsche Bank, titoli come Siemens, Airbus, LVMH o Leonardo sono candidati ad acquisire quota di mercato a livello globale proprio grazie al favorevole rapporto di cambio. L’azionario europeo in valuta locale, soprattutto se accompagnato da una politica dei dividendi stabile, diventa così un rifugio interessante per gli investitori che vogliono ridurre la dipendenza dagli USA.
Negli Stati Uniti, il deprezzamento della valuta favorisce le small cap value, ovvero le piccole aziende con fondamentali solidi ma sottovalutate dai mercati. Si tratta di un segmento che tende a beneficiare di una valuta debole sia perché esporta una quota rilevante della produzione, sia perché risente meno delle dinamiche dei tassi globali. ETF come iShares Russell 2000 Value o Vanguard Small Cap Value Index sono tra i più raccomandati in questa fase. Anche i titoli tecnologici, penalizzati dai tassi alti nei mesi precedenti, potrebbero recuperare terreno se la Fed continuerà a tagliare i tassi nel secondo semestre.
Infine, non va trascurato il boom degli ETF tematici legati alla transizione ecologica, alle infrastrutture e alla digitalizzazione. I fondi europei green, sostenuti dal piano Next Generation EU e dalle politiche industriali nazionali, risultano attraenti in un contesto di tassi bassi e dollaro debole, che favorisce i flussi di capitale verso asset denominati in euro. Soluzioni come Lyxor New Energy, Amundi Smart City o iShares Clean Energy sono tra le opzioni più citate nei report di BlackRock e BNP Paribas Asset Management.
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