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Europa, Fabio Panetta (Banca d’Italia): per la competitività è determinante accelerare su innovazione e mercato unico dei capitali




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Ultim’ora news 12 giugno ore 9


L’innovazione è un «tema cruciale per il futuro dell’Europa e dell’Italia» perché è «determinante per rilanciare la competitività e la crescita sostenibile e duratura» nonché garantire al Vecchio Continente «un ruolo di leadership stabile nel tempo». Così il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, ha aperto la conferenza «Competitività e innovazione: la risposta europea» promossa dalla Banca europea per gli investimenti (Bei) e da via Nazionale.

L’innovazione, infatti, «non nasce per caso e né può essere ottenuta solo aumentando le risorse, ma il potenziale innovativo di un Paese dipende dall’interazione di molteplici fattori», ha spiegato Panetta. «La disponibilità di capitali di rischio e di forza lavoro qualificata, ma anche un ecosistema che stimoli la concorrenza, faciliti la diffusione delle idee e riduca le asimmetrie informative tra finanziatori e imprenditore». 

Ecosistemi di questo tipo tendono a «svilupparsi in aree geografiche ben delimitate che, una volta raggiunta la leadership tecnologica, riescono spesso a mantenerla nel tempo» evidenzia il governato. Negli Stati Uniti, ad esempio, oltre la metà delle tecnologie economicamente più rilevanti ha origine in due soli poli: la Silicon Valley e il corridoio che collega Boston, New York e Washington.

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Un’elevata concentrazione – ha aggiunto Panetta – si osserva anche a livello aziendale: nel 2024, una domanda di brevetto su dieci è stata presentata dalle prime cinque imprese più attive. D’altronde «organizzazioni di dimensioni maggiori dispongono di competenze più diversificate e risorse per investire su un’ampia gamma di progetti ad alto rischio, da cui possono emergere innovazioni radicali». 

In media i progetti innovativi falliscono, «ma è al di fuori della media che nascono le intuizioni capaci di trasformare i processi produttivi» dunque  «è essenziale sperimentare, investire su più progetti e apprendere dai fallimenti». Certo è che, ha precisato Panetta, si tratta di attività che «mal si adattano alle imprese più piccole – lo dico pensando al sistema produttivo italiano – che tendono a concentrarsi su innovazioni incrementali meno rischiose, ma anche meno trasformative».

Il supporto del sistema pubblico

Il contesto globale impone all’Europa «un cambio di passo deciso e in particolare occorre riportare l’innovazione al centro del sistema economico europeo» ha segnalato Panetta. In particolare «la produttività stagnante e il ritardo tecnologico rappresentano le fragilità dell’economia europea rispetto a quella degli Stati Uniti». 

Dal canto suo, il sistema pubblico può sostenere l’innovazione «finanziando la ricerca di base e il trasferimento tecnologico, orientando la propria domanda verso tecnologie avanzate e facilitando la mobilitazione di capitali privati».

Se la spesa pubblica europea in ricerca e sviluppo è comparabile a quella americana, risulta però «spesso meno efficace», dunque «deve essere rafforzata e soprattutto meglio indirizzata», suggerisce Panetta. Anche perché «i brevetti fondati su pubblicazioni scientifiche, prodotte soprattutto da università e centri di ricerca pubblici, tendono a generare maggiori ritorni economici e a essere più commerciabili, in quanto il linguaggio scientifico ne facilita la valutazione tecnica». 

In particolar modo l’Italia deve colmare il divario con il resto d’Europa: «Spendiamo per l’università solo l’1% del pil, circa un terzo in meno della media dell’Unione Europea e con infrastrutture di trasferimento tecnologico limitate rispetto ai principali poli europei. Occorre – ha continuato Panetta – investire meglio, rafforzando i centri di eccellenza e valorizzando quelli minori attraverso reti di collaborazione».

Sul lato della domanda poi, il settore pubblico può intervenire «acquistando beni e servizi ad alto contenuto tecnologico, oltre che erogando sussidi diretti». In Europa esperienze di questo tipo sono ancora limitate con «meno di 400 milioni l’anno», a fronte di 7 miliardi di dollari destinati alle agenzie americane».

L’importanza di coinvolgere i privati

Infine, il settore pubblico può attivare investimenti privati, «soprattutto in settori con ritorni altamente incerti e in contesti con minore propensione a investire in capitale di rischio, come in Europa» ha evidenziato Panetta, secondo il quale «il coinvolgimento di agenzie pubbliche altamente qualificate riduce le incertezze e incoraggia i privati a partecipare».

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Quanto agli interventi pubblici per attivare gli investimenti privati per vincere le principali sfide dei prossimi anni, il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha citato la «proposta presentata di recente dall’Italia di utilizzo delle risorse del bilancio dell’Unione europea per sostenere il ricorso a strumenti di garanzia multi-tranche che combini, con una chiara segmentazione dei rischi, una componente vincolata a livello degli Stati membri con una componente a livello dell’Unione europea».

Lo strumento, ha spiegato il titolare del Mef, «mira ad attivare investimenti privati nei settori strategici per l’Europa a partire dalla difesa, limitando l’assorbimento di risorse pubbliche e riducendo al contempo i rischi di frammentazione all’interno dell’Unione».

Secondo il governatore Panetta, alla luce del fatto che nei prossimi anni l’Europa dovrà affrontare sfide decisive dalla transizione verde e digitale alla difesa – che «richiederanno uno sforzo innovativo senza precedenti» – la priorità è «completare urgentemente la costruzione di un mercato europeo dei capitali pienamente integrato, in grado di canalizzare i risparmi o verso progetti imprenditoriali ad alto potenziale».

Però, ha aggiunto Gelsomina Vigliotti, vicepresidente della Banca europea per gli investimenti, «la finanza – per quanto fattore abilitante e necessario – da sola non basta» per spingere l’innovazione delle imprese: «Serve un terreno fertile, fatto di regole chiare e coerenti, di politiche industriali di lungo periodo, in un contesto culturale che riconosca il valore del rischio e premi il talento».

La leva del Pnrr

ll ministro Giorgetti ha voluto, inoltre, evidenziare anche il potenziale innovativo del Pnrr. In questo contesto, infatti, il «governo sta agendo su diversi fronti, rendendo le opportunità di riforma e investimento del Pnrr leve per l’innovazione e il cambiamento strutturale del Paese». I primi risultati, precisa il titolare del Mef, sono già visibili e diventeranno via via più evidenti nei prossimi anni». (riproduzione riservata)



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