[1]La pronuncia riformata è quella resa da T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632.
[2]Per una maggior disamina della questione, si veda in dottrina A. Ripepi, Equo compenso e contratti pubblici: una relazione in divenire, in Giur. it, 2025, 2, 431 ss.; M. Galletto – C. Pagliaroli, Affidamento dei servizi di ingegneria e architettura ed equo compenso: alla ricerca di una convivenza equilibrata, in questa Rivista, 2024, 6, 795 ss.; in giurisprudenza per l’analitica trattazione degli orientamenti formatisi in materia si veda T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 25 luglio 2024, n. 483.
[3] D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209 “Disposizioni integrative e correttive al codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36”; per una disamina delle principali novità apportate dal correttivo, si veda: S. Cocchi, Un correttivo senza transizione: principali novità, in Azienditalia, 2025, 3, 375 ss.
[4]Si ricorda che, sebbene nel previgente codice degli appalti (D.Lgs. n. 50/2016) non si facesse alcun riferimento diretto al principio dell’equo compenso, lo stesso veniva già dibattuto in giurisprudenza in ordine agli affidamenti a professionisti; così come è giusto ricordare che la questione dell’equo compenso si è posta, in primis, con riguardo alla categoria professionale degli Avvocati. Si ricorda, infine, il parere reso dal Consiglio di Stato (Cons. Stato 22 dicembre 2017, n. 2698) su richiesta dell’Anac, in relazione proprio al rapporto tra la disciplina post correttivo e le disposizioni introdotte dal decreto fiscale del 2017 (D.L. n. 148/2017, convertito con L. n. 172/2017) tra cui, in primis, l’art. 19-quaterdecies, comma 3, L. n. 172/2017, con riguardo al principio dell’equo compenso, previsto a favore di tutti i professionisti, ivi compresi quelli iscritti ad ordini e collegi, a cui hanno fatto seguito le Linee Guida Anac n. 1, di attuazione del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (previgente Codice degli appalti), elaborate in conformità al predetto parere.
[5]Merita ricordare che sotto il previgente codice si era posto il problema della compatibilità tra equo compenso e prestazione gratuita, che aveva portato il Consiglio di Stato a riconoscere che nulla vieta al professionista di rinunciare al proprio compenso (trattandosi di suo potere dispositivo) e che il riferimento all’equo compenso può assumere rilevanza solo ove un compenso sia stato espressamente previsto, non potendosi ritenere l’assenza di corrispettivo per scelta del professionista equivalente ad un compenso non equo. Così Cons. Stato, Sez. IV, 9 novembre 2021, n. 7442. La cui posizione è oggi superata dal dispositivo di cui all’art. 8 del nuovo codice degli appalti.
[6]Già sotto il previgente codice l’applicazione del principio dell’equo compenso veniva, dal diritto vivente maggioritario, ritenuta applicabile anche nel settore dei contratti pubblici, sebbene, per altra parte della giurisprudenza, ciò era possibile con dei distinguo ravvisabili nella maggiore flessibilità del concetto di equo compenso data sia dalle necessità di contenimento della spesa pubblica che dalla effettiva complessità del servizio professionale affidato (ex multis, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III, 27 agosto 2021, n. 9404).
[7]Nello specifico la disposizione si riferisce ai compensi previsti rispettivamente: a) per gli avvocati, dal decreto del Ministro della giustizia emanato ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247; b) per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27; c) per i professionisti di cui al comma 2 dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 2013, n. 4, dal decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge e, successivamente, con cadenza biennale, sentite le associazioni iscritte nell’elenco di cui al comma 7 dell’articolo 2 della medesima legge n. 4 del 2013.
[8]Il primo indirizzo è riconducibile alle seguenti due pronunce T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 e T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580.
[9]Il secondo indirizzo è riconducibile principalmente alla pronuncia resa dal T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494.
[10]La ratio di tale convincimento risiederebbe nel fatto che, all’indomani dell’entrata in vigore della L. n. 49/2023 in materia di “equo compenso”, le tariffe stabilite dai decreti ministeriali (e, per quanto concerne il caso affrontato dalla pronuncia in commento, le tariffe previste dal D.M. 17 giugno 2016 per architetti ed ingegneri) non sarebbero più una base di partenza per le Stazioni Appaltanti al fine della individuazione dell’importo da porre a base di gara, ma sarebbero diventati un parametro inderogabile e vincolante per la determinazione dei compensi.
[11]Si veda T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632, che, nell’escludere antinomia tra la legge sull’equo compenso e le disposizioni del Codice degli appalti, ha ricordato che: “un’antinomia può configurarsi ‘in concreto’ allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. Ciò accade ogniqualvolta quest’ultima sia contemporaneamente sussumibile in due ipotesi normative diverse, l’applicazione delle quali, comporti, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico, conseguenze giuridiche incompatibili tra loro”, non ravvisabili nel caso di specie.
[12]Così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580, secondo cui: “La prospettata incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e il codice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale. Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del d.lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente)”.
[13] T.R.G.A. Bolzano, Sez. I, 9 ottobre 2024, n. 231, il quale ha riconosciuto che: “la disciplina sull’equo compenso (i) è compatibile con le disposizioni del vigente codice dei contratti pubblici, (ii) consente il ribasso solo delle ulteriori componenti di costo dell’offerta, ossia le spese e gli oneri accessori, (iii) non ha interferenze negative sul principio della tutela della concorrenza tramite evidenza pubblica e sulle norme eurounitarie, (iv) integra la disciplina di gara, che non ha previsto espressamente l’applicazione della legge sul c.d. ‘equo compenso’”.
[14]Così T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580, (cit.) per il quale: “la legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione”.
[15] Ex multis T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 (cit.) per il quale: “diversamente opinando, l’intervento normativo in questione risulterebbe privo di reale efficacia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale qualora il legislatore avesse inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione che, nel mercato del lavoro attuale, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia”.
[16]L’assunto muove dalla considerazione per cui il compenso del professionista non equivarrebbe al prezzo della gara, costituendo solo una componente di quest’ultimo; ergo, la non ribassabilità del compenso non farebbe venire meno l’applicazione del criterio di offerta economicamente più vantaggiosa, potendo il ribasso operare sulle altre voci-componenti del prezzo.
[17]Cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580, (cit.): “la legge n. 49/2023 non preclude l’applicabilità ai contratti in questione del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa: il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori”.
[18]Si veda T.R.G.A. Bolzano, Sez. I, 9 ottobre 2024, n. 230 per il quale: “l’operatore economico che, in virtù della sua organizzazione d’impresa, dovesse ritenere di poter ribassare componenti accessori del prezzo (ad esempio le spese generali), potrà avvantaggiarsi di tale capacità nell’ambito del confronto competitivo con gli altri partecipanti alla gara, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto su componenti accessorie del prezzo, potranno apparire in buona sostanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge n. 49/2023, sarebbe stato offerto sui compensi.”.
[19]Si veda T.R.G.A. Trento 17 dicembre 2024, n. 194.
[20]Cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 23 dicembre 2024, n. 1839, per la quale, non avendo la lex specialis previsto un tetto massimo per la ribassabilità di tali voci, deve ritenersi che la ribassabilità al 100% non possa inficiare l’equità del compenso; in termini anche, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. II, 8 ottobre 2024, n. 3319.
[21]Si veda T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 (cit.) per il quale: “Si osserva, infatti, che escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai ‘compensi’ non è un ostacolo alla concorrenza o alla libertà di circolazione e di stabilimento degli operatori economici, ma al contrario rappresenta una tutela per questi ultimi, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto permetterà loro di conseguire un corrispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione e anche in misura superiore a quella che sarebbero stati disposti ad accettare per conseguire l’appalto” e ancora: “il Collegio ritiene che la normativa nazionale non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea”.
[22] Ex multis T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580 (cit.) per il quale: “Il legislatore ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata (art. 3), introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta”.
[23]Così T.R.G.A. Bolzano, Sez. I, 9 ottobre 2024, n. 231 (cit.) per il quale: “Dal carattere ‘inderogabile’ del compenso ‘equo’ determinato dall’applicazione dei citati parametri normativi, e dunque dalla natura imperativa delle previsioni contenute nella L. n. 49/2023 – che stabiliscono la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata -, conseguirebbe, poi, l’eterointegrazione delle disposizioni di gara che, in via difforme, dovessero consentire la ribassabilità della componente in questione, trattandosi di profilo sottratto alla libera disponibilità delle stazioni appaltanti”.
[24]Così T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632 (cit.) per il quale: “Diversamente, infatti, si rischierebbe, proprio nell’ambito delle procedure ad evidenza pubblica, una pericolosa eterogenesi dei fini: il professionista concorrente potrebbe essere ‘tentato’ di abusare della nullità di protezione in questione, volutamente presentando un’offerta ‘inferiore’ ai minimi, per così ottenere l’aggiudicazione e, una volta stipulato il contratto far valere la nullità parziale al fine di attivare il ‘meccanismo’ di cui al comma 6 dell’art. 3 […] È evidente d’altronde, che ciò porterebbe ad un aggiramento del principio di tendenziale immutabilità dell’offerta anche in sede di esecuzione del contratto pubblico. In questo senso, allora, la nullità relativa o di protezione si può ritenere giustificata proprio in relazione ai casi in cui il professionista è sostanzialmente ‘tenuto’ a ‘subire’ la previsione contraria all’equo compenso, e ciò anche eventualmente quando ad imporre la riduzione al di sotto dei minimi sia la P.a.”.
[25]Così T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 per il quale: “la predicata eterointegrazione della disciplina di gara con quella sull’equo compenso professionale sconta, peraltro, i limiti intrinseci ed estrinseci di compatibilità o sovrapponibilità dei due impianti normativi (d.lgs. n. 36/2023 e l. n. 49/2023), che incidono su campi di materie e rispondono a finalità tra loro non perfettamente coincidenti ed omogenee”.
[26]Si veda T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 28 ottobre 2024, n. 642, per il quale: “È, infatti, da escludersi che l’ammissibilità nelle gare de quibus di un ribasso oltre le soglie del D.M. del 2016 dell’importo a base di gara possa pregiudicare le finalità di tutela dei professionisti perseguite con la L. n. 49/2023, emergendo chiaramente dal relativo impianto generale che l’ambito precipuo della relativa applicazione riguardi i rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c. (contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui può fondatamente porsi l’esigenza di ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. L’espressa previsione dell’applicazione dell’equo compenso anche ai rapporti con la pubblica amministrazione non può valere, invece, a inferirne tout court l’operatività nell’ambito delle contrattazioni soggette alle regole dell’evidenza pubblica, risultando per contro i contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex art. 1655 c.c.”.
[27]Si veda T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 25 luglio 2024, n. 483, il quale ha asserito che: “la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenterebbe un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche, sicché “l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza”.
[28]Si veda Corte UE 4 luglio 2019, C-377/2017, con la quale si è espresso il generale principio per il quale, in materia di compensi professionali, l’indicazione di tariffe minime e massime osta alla disciplina euro-unitaria, in quanto incompatibile con il diritto europeo, salvo venga data dimostrazione della sussistenza di motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi. Posizione che è stata confermata dalla Corte UE 25 gennaio 2024, C-438/2022, in relazione alle tariffe minime previste per gli avvocati.
[29]Così T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 25 luglio 2024, n. 483 (cit.).
[30]Si ricorda che l’art. 227, D.Lgs. n. 36/2023 espressamente prevede che: “Ogni intervento normativo incidente sulle disposizioni del codice e dei suoi allegati, o sulle materie dagli stessi disciplinate, è attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in essi contenute.”
[31]Si ricorda che con l’entrata in vigore del correttivo al Codice degli Appalti, il secondo periodo del comma 15 è stato soppresso.
[32]Si veda T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 (cit.) per il quale: “il Codice dei contratti pubblici, tramite il subprocedimento di verifica di anomalia delle offerte, risulta apprestare meccanismi idonei ad evitare che le prestazioni professionali siano rese a prezzi incongrui consentendo, nel contempo, alle amministrazioni di affidare gli appalti a prezzi più competitivi.”
[33]Cfr. T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 25 luglio 2024, n. 483 (cit.) per cui: “l’illustrata specialità del sistema dei contratti pubblici, che risponde ad una sua immanente logica proconcorrenziale, per certi versi antagonistica rispetto all’irrigidimento tabellare di singole voci di offerta, impedisce, dunque, di cristallizzare i compensi professionali tramite la propugnata eterointegrazione automatica delle disposizioni della l. n. 49/2023; e induce, piuttosto, a considerare queste ultime a guisa di principi direttivi cui la stazione appaltante deve indefettibilmente improntare la propria valutazione di congruità dell’offerta provvisoriamente aggiudicataria.”.
[34]Atto del Presidente del 27 giugno 2023, fasc. 3328/2023.
[35]I dubbi interpretativi nascevano, oltre che dalle disposizioni della L. n. 49/2023 (artt. 1-3), anche dalla formulazione dell’art. 41, comma 15, del nuovo Codice degli appalti (D.Lgs. n. 36/2023) da cui risultava scomparsa la locuzione “criterio o base di riferimento” con riguardo alle tabelle dei corrispettivi ministeriali, prevista, invece, dall’art. 24, comma 8, del previgente Codice D.Lgs. n. 50/2016, in conformità allo stesso art. 1, comma 3, D.L. 17 giugno 2016 per il quale: “I corrispettivi di cui al comma 1 (ossia quelli fissati dai parametri ministeriali) possono essere utilizzati dalle stazioni appaltanti, ove motivatamente ritenuti adeguati, quale criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo dell’affidamento”. Locuzione questa – criterio o base di riferimento – in virtù della quale la giurisprudenza aveva tratto la diretta conseguenza per cui l’impiego di tali tabelle, da parte delle stazioni appaltanti, poteva valere solo quale parametro iniziale del calcolo del compenso da porre a base di gara, con la conseguente possibilità di apportare riduzioni percentuali giustificate.
[36]Con la nota del 27 giugno 2023, il Presidente, rimettendo alla Cabina di Regia, ravvisa l’impossibilità per l’Autorità di risolvere tali criticità, non potendo la stessa fornire “indicazioni sulla percentuale legittima di ribasso, in quanto sussiste il rischio di individuazione di una nuova soglia minima per i compensi diversa da quella per i compensi fissati dai decreti ministeriali per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, con l’ulteriore possibile effetto di trasformare la gara in una gara a prezzo fisso.”
[37]Si veda il parere reso in sede di precontenzioso da Anac del 20 luglio 2023, n. 343, per il quale: “considerato che dal complesso delle disposizioni citate si desume che le tariffe stabilite dal D.M. 17 giugno 2016 non possono più costituire un mero “criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento”, come previsto dall’art. 24, comma 8, del D.Lgs. n. 50/2016, ovvero “un mero parametro dal quale è consentito alle Stazioni appaltanti di discostarsi, motivando adeguatamente la scelta effettuata. Le tariffe ministeriali, secondo la novella normativa, assurgono a parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e architettura e l’impossibilità di corrispondere un compenso inferiore rispetto ai suddetti parametri comporta anche la non utilizzabilità dei criteri di aggiudicazione del prezzo più basso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa; alla luce del nuovo quadro normativo sembra potersi ipotizzare che le procedure di gara aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi tecnici dovrebbero essere costruite come gare “a prezzo fisso”, con competizione limitata alla componente qualitativa. Diversamente opinando, non si spiegherebbe né la previsione della nullità, rilevabile anche d’ufficio, della clausola che fissi un compenso inferiore a quello stabilito dal decreto ministeriale né l’abrogazione dell’art. 2, comma 1, lettera a) del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 che, come anticipato, aveva eliminato l’obbligatorietà delle tariffe minime.”.
[38]Si veda il parere reso in sede di precontenzioso da Anac del 28 febbraio 2024, n. 101, per il quale: “l’evidenziata incertezza circa le modalità applicative della normativa sull’equo compenso nelle procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura – ancora più accentuata alla data di pubblicazione del bando di gara in oggetto, risalente al mese di giugno 2023, ovvero dopo poco più di un mese dalla pubblicazione sulla G.U.R.I. della L. 49/2023 – unitamente ai principi della certezza del diritto e del legittimo affidamento e al principio dell’autovincolo impediscono che possa operare, nel caso di specie, l’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, si commini a carico dei partecipanti una sanzione espulsiva per aver presentato un’offerta che, perfettamente aderente ai contenuti della lex specialis, risulti non conforme alla L. 49/2023.” E ancora: “secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale, di regola, le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono essere tutte indicate nel bando di gara, la cui eterointegrazione con obblighi imposti da norme di legge deve ritenersi ammessa in casi eccezionali, poiché l’enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza.”
[39]Il documento di consultazione recante il Bando tipo n. 2/2023 è stato trasmesso alla Cabina di Regia per il codice dei contratti pubblici, con nota protocollo n. 13693 del 26 gennaio 2024, la cui consultazione pubblica si è conclusa in data 1° marzo 2024, confermando tutte le criticità interpretative e di coordinamento, precedentemente segnalate, e la necessità di predisporre interventi legislativi chiarificatori.
[40]Si evidenzia come la questione potesse diventare foriera di ulteriori problematiche, stante il disposto dell’art. 83, comma 3, D.Lgs. n. 36/2023, per il quale, a seguito dell’adozione di bandi tipo da parte di Anac, le stazioni appaltanti sono tenute a redigere i bandi di gara in conformità degli stessi, fatta salva la possibilità, nella delibera a contrarre, di motivare espressamente le eventuali deroghe che intendono apportare rispetto al bando tipo.
[41]Giova anticipare che delle tre soluzioni proposte, l’Anac è risultata, nelle more dei chiarimenti richiesti, propensa a ritenere maggiormente applicabile la seconda soluzione, volta a consentire ribassi sulle spese e sugli oneri accessori.
[42]Per una più precisa indicazione del ragionamento sotteso alle tre soluzioni proposte, si rimanda allo schema tipo del Bando n. 2/2024, predisposto da Anac.
[43]Si veda la Nota del Presidente Anac del 19 aprile 2024, avente ad oggetto le problematiche applicative del nuovo codice dei contratti pubblici in materia di servizi di ingegneria e di architettura.
[44]Per una maggiore disamina delle questioni, si rimanda al parere Anac in funzione consultiva n. 40/2024.
[45]Si veda parere Anac n. 40/2024, per il quale: “Inoltre, sotto il profilo della spesa pubblica, l’Autorità ha osservato ulteriormente che, ai sensi dell’articolo 13 della Legge n. 49/2023, dall’attuazione della stessa legge ‘non devono derivare, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica’, circostanza che, invece, si realizzerebbe in caso di gare a prezzo fisso”.
[46]Si veda parere Anac n. 40/2024, in base al quale: “l’applicazione dell’articolo 3, comma 5, della richiamata legge n. 49/2023, che ammette il ricorso al giudice civile per contestare l’affidamento ad un prezzo inferiore rispetto a quello definito in ossequio all’allegato I. 13 del D.Lgs. 36/2023, oltre a determinare una sovrapposizione con i poteri e le competenze delle stazioni appaltanti in termini di verifica della congruità delle offerte, produrrebbe una situazione di assoluta instabilità e incertezza sull’affidamento e sulle relative condizioni, con evidenti ripercussioni sulla spesa pubblica.”.
[47]Suggerimento in linea con quanto previsto nella Relazione Annuale 2024, par. 14.2.5.5, dell’Anac, a cui si rimanda, per una maggiore disamina della questione; si veda anche il parere reso da Anac in funzione consultiva n. 63/2024, mentre era in itinere l’approvazione del correttivo al Codice dei contratti pubblici.
[48]Considerazioni che portano il Supremo Consesso ad escludere la eterointegrazione, ex artt. 1376 e 1339 c.c., della lex specialis con la disciplina imperativa di cui alla L. n. 49/2023.
[49]Si ricorda che la pronuncia in questione è T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 3 aprile 2024, n. 632.
[50]Come tale passibile di nullità di protezione.
[51]Si ricorda che la pronuncia in commento interviene mentre è in itinere l’approvazione del correttivo al Codice dei contratti pubblici, risultando perfettamente in linea con la soluzione legislativa che verrà di lì a poco adottata.
[52]Precisamente il Consiglio di Stato ritiene che: “la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulata più perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato, posto a base di gara, e minimum inderogabile, evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento”.
[53] Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844 (che ha riformato la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. V-ter, 30 aprile 2024, n. 8580 anch’essa espressione del primo indirizzo sulla non ribassabilità del compenso e sulla eteronintegrazione). In termini anche T.R.G.A. Trento 13 marzo 2025, n. 59.
[54]Si ricorda che il Codice degli appalti, ove ha voluto prevedere delle soglie inderogabili, lo ha puntualmente fatto; è il caso dei minimi inderogabili previsti dall’art. 110, comma 4, lett. a) e comma 5, lett. d) e delle voci non ribassabili di cui all’art. 41, comma 14 con riguardo, rispettivamente al salario e al costo della manodopera.
[55]Per un più compiuto esame, si rimanda alla sentenza del Cons. Stato, Sez. V, 3 febbraio 2025, n. 844 (cit.).
[56]Il correttivo interviene, dunque, precisando (o, meglio, esplicitando) in che modo si attui, con riguardo agli appalti pubblici, il rispetto del principio dell’equo compenso, delineando una disciplina ad hoc, in quanto tale ultronea rispetto a quella della L. n. 49/2023.
[57]Allegato che, all’art. 1, espressamente prevede che tale determinazione venga effettuata mediante attualizzazione del quadro tariffario di cui alla tabella Z-2 del D.L. 17 giugno 2016.
[58]Viene meno, dunque, l’ipotesi sostenuta dal primo indirizzo giurisprudenziale di ammettere il ribasso solo sulle spese e sugli oneri accessori, in quanto, con tale previsione normativa, si riconosce la piena ribassabilità, anche del compenso, nel limite massimo del 35% oltre all’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa quale criterio di aggiudicazione.
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