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esclusioni, best in class e convenzioni le più diffuse


Nonostante un contesto globale meno favorevole agli investimenti sostenibili del recente passato, si conferma in costante crescita l’attenzione degli investitori istituzionali nei confronti della sostenibilità ambientale, sociale e di governance: oltre la metà (il 57%) dei rispondenti alla settima survey annuale condotta dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali dichiara infatti di adottare politiche d’investimento sostenibile. Tra quanti ancora non lo fanno, risulta prevalente il numero degli enti che ne ha quantomeno discusso in ottica futura mentre un’analisi più approfondita dei portafogli svela l’acquisto di prodotti che rispondono ai criteri ESG anche da parte di una quota consistente di quegli investitori che ancora non aderisce “formalmente” alla finanza SRI. 

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L’indagine consente poi di approfondire come vengono implementate le politiche d’investimento sostenibile e, più nel dettaglio, attraverso quali strategie. Le principali strategie di investimento sostenibile includono: esclusioni, attraverso cui vengono appunto esclusi singoli emittenti, settori o Paesi dall’universo investibile sulla base di principi e criteri specifici (come ad esempio, aziende produttrici di armi, di tabacco, ecc.); best in class, che prevede la selezione di emittenti con i migliori punteggi ESG; convenzioni internazionali, che permettono di selezionare gli investimenti sulla base del rispetto di norme e standard internazionali, come quelli definiti dall’OCSE o dall’ONU; investimenti tematici, che si focalizzano su uno specifico o più temi relativi alla sostenibilità sociale e/o ambientale (ad esempio, le energie rinnovabili, l’efficienza energetica o la salute); impact investing, che permette di  scegliere imprese, organizzazioni e fondi finalizzati a generare un impatto socio-ambientale positivo e misurabile insieme a un ritorno finanziario generale; engagement, che si sostanzia nel dialogo con l’impresa su questioni di sostenibilità ed esercizio dell’attività di voto in assemblea derivante dalla partecipazione al capitale sociale. 

Nella classifica delle strategie più diffuse tra i 131 rispondenti alla surveyal primo posto si posizionano per il settimo anno consecutivo le esclusioni (63%), seguite da best in class (36%) e convenzioni internazionali (32%). Sale in quarta posizione l’engagement (31%), spesso fanalino di coda nelle precedenti rilevazioni, mentre ottengono rispettivamente il 28% e il 25% delle preferenze investimenti tematici e impact investing

Figura 1 – Le strategie SRI maggiormente diffuse tra gli investitori istituzionali

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 – “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

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Con la premessa che le Compagnie di Assicurazione adottano una politica formale di sostenibilità in maggior percentuale rispetto alle altre categorie (95% dei rispondenti) e quindi registrano valori più elevati su tutte le strategie, si registrano preferenze anche significativamente diverse tra fondi pensione negoziali, fondi pensione preesistenti, Fondazioni di origine Bancaria e imprese assicurative che hanno partecipato all’indagine. Spicca, ad esempio, un utilizzo più diffuso dell’impact investing tra le Fondazioni di origine Bancaria che, con il 39% delle preferenze rispetto al 25% aggregato, pone la strategia al secondo posto della categoria grazie all’investimento prevalente nel social housing, un settore da sempre presidiato da questi investitori. Parallelamentele Casse di Previdenza adottano in misura più rilevante l’investimento tematico (al terzo posto della classifica di categoria), soprattutto nel campo dell’efficientamento energetico (37%), della salute (32%) e della Silver Economy (37%), con un’attenzione che potrebbe dipendere anche dall’attività svolta dai professionisti iscritti: nel primo caso, ad esempio, geometri, ingegneri e architetti e, negli altri, medici, degli infermieri e psicologi. Allo stesso modo, in seconda posizione per i fondi pensione negoziali si posiziona l’engagement (quarto posto nella classifica aggregata), votato dal 37% dei rispondenti della categoria rispetto al 31% delle preferenze generali; a incidere sulla scelta, è senza dubbio l’esperienza positiva non solo di singoli fondi ma anche di iniziative consortili su queste tematiche attraverso interventi in assemblea di aziende investite ed esercizio del diritto di voto.

Scendendo ancor più nel dettaglio, dalla survey emerge che, verosimilmente per effetto del protrarsi dei conflitti bellici in tutto il mondo, le esclusioni riguardano soprattutto prodotti collegati al mercato delle armi (90%) e riconducibili a lavoro minorile, alla produzione di tabacco e al gioco d’azzardo (59%), seguiti dalla pornografia (58%); da rimarcare inoltre il 14% del nucleare, altro tema insieme a quello del finanziamento delle aziende produttrici di armi che potrebbe divenire cruciale e al contempo divisivo in Europa. 

Figura 2 – I settori maggiormente esclusi dell’universo investibile

Figura 2 – I settori maggiormente esclusi dell’universo investibile

Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 – “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

Per quanto riguarda la strategia best in classl’attenzione verso la tutela dell’ambiente raccoglie la prima posizione grazie alla riduzione delle emissioni (al 60% ma in calo sull’anno precedente); al secondo posto delle preferenze, si posiziona il rispetto dei diritti umani con il 48%, seguito dall’efficientamento energetico, votato dal 36% dei rispondenti. Sul versante delle convenzioni internazionali spiccano il primo posto del Global Compact dell’ONU, indicato dal 100% dei votanti, e il secondo dei Principles for Responsible Investment delle Nazioni Unite (UN PRI) con il 92% delle preferenze; sul gradino più basso del podio con il 44% dei voti, le linee guida dell’OCSE sulle multinazionali e UN Guiding Principles on Business and Human RightsIn merito all’engagement, posizionato al quarto posto della classifica, si segnala anche in questa edizione il calo costante della percentuale di rispondenti che operano attraverso la modalità “soft” (dal 64% del 2022 al 47% del 2025), che si realizza attraverso incontri periodici, invio di report o teleconferenze, in favore di un 24% in crescita negli ultimi anni che adotta uno stile “hard”, che prevede interventi in assemblea ed esercizio del diritto di voto. 

Figura 3 – Le modalità di applicazione della strategia dell’engagement 

Figura 3 - Le modalità di applicazione della strategia dell'engagement

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Fonte: Quaderno di Approfondimento 2025 – “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”

Proseguendo nella disamina per singola strategia, si conferma la forte predilezione per gli aspetti ambientali anche nel caso di investimenti tematici: l’efficientamento energetico e il cambiamento climatico vengono infatti indicati come prioritari nell’implementazione di questa strategia d’investimento dal 97% dei rispondenti nel primo caso e dal 77% nel secondo, in significativo aumento in quest’ultima rilevazione. In crescita anche il settore salute, con il 66% delle preferenze; seguono l’immobiliare sostenibile con il 63% e la Silver Economy con il 51% delle indicazioni. Chiude la classifica la strategia dell’impact investing che pesa per il 25% nell’universo degli enti che applicano una politica di investimento sostenibile, seppure con un utilizzo maggiore tra le Casse di Previdenza (37%), le Compagnie di Assicurazione (35%) e le Fondazioni di origine Bancaria (39%). In particolare, impact investing riguarda il già richiamato settore del social housing, che vale l’84% delle risposte, in crescita rispetto al 75% del 2024, e i green o social bond con il 52%. 

Michaela Camilleri, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali

10/6/2025



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