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Centromarca: l’industria di Marca leva strategica per l’economia italiana


Con oltre 2.600 marchi tra alimentari e non food, 67 miliardi di euro di fatturato, 100mila addetti e un peso del 24% sul mercato pubblicitario, l’industria di Marca italiana si conferma un asset strategico per il Paese. A ribadirlo è stata l’assemblea annuale di Centromarca, celebrata alla Borsa di Milano in occasione del 60° anniversario dell’associazione, alla presenza di 400 imprenditori e manager del largo consumo. Il convegno “Valori della Persona e Valore della Marca – Risposte sostenibili alle istanze del presente” ha rappresentato non solo un momento celebrativo, ma anche un’occasione per delineare le priorità di policy e sviluppo per il futuro del settore.
«I prodotti di Marca rappresentano l’eccellenza del made in Italy: innovazione, sostenibilità, qualità e valori riconosciuti in tutto il mondo», ha dichiarato Francesco Mutti, presidente di Centromarca, aprendo i lavori. «Le nostre industrie creano valore, investono nel Paese, danno lavoro e contribuiscono al PIL e alla bilancia commerciale. Per continuare a farlo serve una politica industriale coordinata, coerente e di visione. Un contesto normativo con poche norme, ma certe, è indispensabile: l’eccesso di regole compromette la certezza del diritto e rende più difficile contrastare le illegalità nel sistema».
Nel suo intervento, Mutti ha annunciato che Centromarca, insieme ad altri attori della filiera, presenterà al Governo in autunno un pacchetto di proposte per sostenere la competitività del largo consumo. Tra le priorità: incentivi per la crescita dimensionale delle imprese, promozione dell’innovazione, semplificazione burocratica, tutela della proprietà intellettuale e supporto concreto alle transizioni ecologica e digitale.

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Investimenti, energia, lavoro: le priorità dell’industria
Secondo l’Indagine Congiunturale Centromarca, realizzata ad aprile 2025 in collaborazione con Ref Ricerche, il 55,4% delle aziende manterrà invariato il livello degli investimenti nel 2025, mentre il 34,7% prevede un incremento. Nel 2024, nonostante le difficoltà di mercato, il 38,5% delle imprese ha aumentato gli impieghi, destinandoli soprattutto a impianti e macchinari (66,1%), software (51,6%), tecnologie immateriali (36,3%), attrezzature informatiche (31,5%), intelligenza artificiale e big data (25,8%). Sul fronte dell’energia, il 49,2% delle aziende ha lavorato sull’efficienza per ridurre i consumi, il 44,9% ha investito in fonti rinnovabili, mentre quasi il 10% ha diversificato le fonti o rivisto i processi produttivi. Resta alta la preoccupazione per l’ulteriore aumento dei costi energetici nei prossimi mesi.
Dal punto di vista occupazionale, l’84,4% delle imprese prevede stabilità nel numero di addetti e l’11,5% una crescita. Tuttavia, il 19,5% denuncia difficoltà frequenti nel reperire personale qualificato, mentre il 61% segnala problemi occasionali. Le principali criticità riguardano la scarsa disponibilità di candidati (69,5%) e la concorrenza tra aziende per le stesse figure professionali (27,1%).



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