A livello globale, il fabbisogno di investimenti in infrastrutture è stimato in 94 trilioni di dollari fino al 2040
«Nei prossimi anni, si prevede un’enorme opportunità di crescita nel settore delle infrastrutture a livello globale. E questo, per noi investitori, significa scommettere sui futuri motori di sviluppo economico e finanziario». Ne è convinto Philippe Benaroya, amministratore delegato di Infranity (gruppo Generali), che guarda con interesse soprattutto all’Europa.
«A livello globale, il fabbisogno di investimenti in infrastrutture è stimato in 94 trilioni di dollari fino al 2040, a vantaggio di settori cruciali come energia, comunicazione, trasporti e gestione delle risorse idriche – argomenta Benaroya –. Di pari passo, il patrimonio gestito nel settore delle infrastrutture dovrebbe crescere a un tasso annuale composto del 10,8%, per raggiungere i 2,35 trilioni di dollari entro il 2029. E in questo conteso, il mercato europeo sembra viaggiare con una marcia in più».
Gli asset nell’Unione
Secondo i dati della società di raccolta e analisi Preqin, le masse investite nelle infrastrutture in Europa dovrebbero salire dai 47,5 miliardi di dollari del 2010 a oltre 880 miliardi nel 2027, con la quota di patrimonio gestito che dovrebbe arrivare a rappresentare il 43% del mercato nel suo complesso (oggi è al 37%, mentre nel 2015 era al 31%).
Non solo, «gli asset dei fondi con focus sull’Europa arriveranno a superare quelli del Nord America nel 2026, registrando anche la più alta crescita composta annuale (11,6%) – puntualizza Benaroya –. Quello europeo, dunque, si presenta come un mercato ricco di opportunità, in particolare nei settori legati alla transizione energetica e alla digitalizzazione». A questi si aggiungono altri settori, come quello del trasporto attraverso la mobilità verde, «che offre occasioni altrettanto interessanti – aggiunge ancora Benaroya –. La sfida climatica è uno dei principali catalizzatori degli investimenti, grazie anche ai vari piani di stimolo a livello europeo. Per raggiungere gli obiettivi climatici, e limitare l’aumento massimo della temperatura a 1,5 °C entro il 2050, saranno necessari investimenti nelle energie pulite per circa 4.400 miliardi di dollari all’anno».
La transizione
La società di ricerca BloombergNef stima che la transizione dell’Europa verso un’economia a zero emissioni richiederà oltre 30 mila miliardi di euro di nuovi investimenti nel settore dell’energia e delle tecnologie correlate da qui al 2050. «Il livello effettivo degli investimenti europei nel 2022 è stato di 209 miliardi di euro – precisa Benaroya –. Questo vuol dire che, per rimanere sulla buona strada verso un’economia a emissioni zero entro il 2050, dovremmo vedere questo tasso annuale aumentare di almeno 3-4 volte».
Rendimenti stabili e attraenti, diversificazione, protezione dal rischio e impatto sociale positivo, sono gli elementi che secondo Benaroya sono alla base della crescita degli investimenti nelle infrastrutture: «gli asset infrastrutturali forniscono servizi essenziali come energia, trasporti e reti di comunicazione – sottolinea –. La domanda per questi servizi è generalmente costante e prevedibile, traducendosi in flussi di cassa stabili e a lungo termine per gli investitori. Inoltre, i progetti infrastrutturali sono intrinsecamente a lungo termine, allineandosi perfettamente agli orizzonti di investimento di investitori istituzionali come fondi pensione e compagnie assicurative».
Ma dove investire allora? «Noi guardiamo principalmente ad aziende solide che beneficiano di un forte sostegno normativo, con flussi di cassa stabili o che abbiano posizioni monopolistiche in mercati con elevate barriere all’ingresso, e che abbiano un forte impatto in termini di sostenibilità», conclude Benaroya.
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