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Supermercati, mini stipendi | il manifesto


Il vaso di Pandora lo ha aperto la procura di Milano: nella grande distribuzione organizzata c’è un problema diffuso con gli appalti e i contratti. L’inchiesta dei pm, avviata nel 2021, riguarda lo sfruttamento dei lavoratori della logistica ma le criticità riguardano anche cassieri e banconisti.

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Stipendi bassi, turni ballerini e dipendenti costretti a lavorare la domenica e i festivi sono una costante non solo nei supermercati, ma anche nelle catene di abbigliamento e articoli per la casa. E gli scioperi sono sempre più numerosi. Uno dei più recenti riguarda Lidl, ma altre vertenze e indagini sono in corso in aziende come Carrefour, Esselunga e Coin.

LO STATO DI AGITAZIONE dei 23mila dipendenti Lidl è iniziato con un’intera giornata di sciopero, lo scorso 24 maggio. «80 supermercati su 700 sono stati costretti a rimanere chiusi; buona parte degli altri ha aperto solo perché i direttori e i manager si sono messi alla cassa», riferisce Alessio Di Labio di Filcams-Cgil, che segue la vertenza unitaria insieme a Fisascat-Cisl e Uiltucs.

«Siamo in trattativa dal 2023 per il contratto integrativo, nonostante l’elevata adesione allo sciopero l’azienda continua a non dare risposte soddisfacenti alle nostre richieste». Che riguardano un tema: «Aumentare i salari per distribuire più guadagni tra i dipendenti, i principali protagonisti degli ottimi risultati della catena».

Lidl Italia fattura 7 miliardi l’anno e nell’ultimo quinquennio ha dichiarato un utile pre-imposte di 1,3 miliardi «eppure – afferma Di Labio – non investe abbastanza sui lavoratori, per il 75% part time su scelta aziendale».

LE CONDIZIONI sono testimoniate da una banconista che chiede l’anonimato: «Lo stipendio è sotto gli 800 euro al mese per 20 ore a settimana. Io e tanti colleghi saremmo disposti a lavorare 25 o 30 ore per guadagnare di più, ma l’azienda rifiuta. Inoltre il carico di lavoro è molto stressante, perché i supermercati Lidl hanno meno personale rispetto alle altre catene. I turni ci vengono comunicati con scarso preavviso e cambiano di frequente. Organizzare la vita privata è impossibile».

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L’unica proposta arrivata dall’azienda è stata l’aumento dei buoni spesa da 100 a 200 euro all’anno da spendere nella stessa Lidl: «L’abbiamo respinta, è insufficiente e poco gradita», conclude Di Labio.

7mld l’anno: è il fatturato di Lidl Italia. Eppure, affermano i sindacati, non investe abbastanza nei lavoratori: il 75% è in part time per scelta aziendale

ALTRO ANNOSO PROBLEMA della grande distribuzione riguarda il lavoro la domenica e i festivi, introdotto nel 2011 dal decreto Salva-Italia del governo Monti. «Era stata presentata come una norma per aumentare i consumi e l’occupazione; in realtà ha contribuito a peggiorare le condizioni lavorative nel settore, senza migliorare l’economia – commenta Marco Beretta, delegato gdo di Filcams -.

Per questo riteniamo necessario modificare la legge». C’è poi il tema delle casse automatiche: «Sono sempre più diffuse tra i supermercati e le catene di abbigliamento, a scapito della tenuta occupazionale. L’impatto di questa tecnologia va governato, altrimenti aumenterà la forbice tra alte e basse professionalità».

Soprattutto perché spesso si tratta di scelte calate dall’alto: «Nella grande distribuzione operano soprattutto le imprese multinazionali, che governano processi dannosi per i lavoratori e difficili da contrastare dentro i confini nazionali», dice Beretta. Come nel caso di Metro Italia, che a maggio ha chiuso i punti vendita di Rimini e Pozzuoli per una decisione presa dalla casa madre in Germania.

I 96 dipendenti sono stati salvati dal licenziamento e ricollocati dopo una lunga trattativa sindacale.

I LAVORATORI di Coin, invece, sono alle prese con la crisi dell’azienda che sta dismettendo molti negozi. Dopo quello di Grugliasco nel torinese, già chiuso, la catena di abbigliamento e accessori per la casa ha annunciato di voler abbassare le serrande a Bologna entro il 31 luglio. Qui lavorano 25 persone, tra cui Anna Maria Russo: «Prima la dirigenza ci ha rassicurato, affermando di essere alla ricerca di un locale alternativo.

Poi è arrivata la notizia della chiusura senza garanzie sul trasferimento». Lo stesso scenario riguarda altri 8 negozi a San Donà di Piave, Latina, Vicenza, Sesto Fiorentino, Milano e Roma, per un totale di 92 dipendenti. Il gruppo ha presentato un piano di rilancio al ministero delle Imprese e made in Italy e ha ricevuto 10 milioni da Invitalia, pari al 30% del suo capitale, tramite il Fondo salvaguardia imprese.

14mila persone sono state assunte dopo l’inchiesta della procura di Milano sulle irregolarità nella logistica, distribuzione e corrieri. E a 70mila è stato aumentato lo stipendio

Altri 21 milioni sono arrivati da nuovi investitori privati, ma i lavoratori sono preoccupati: «La crisi dura da anni, i debiti del gruppo sono elevati e temiamo di perdere il lavoro», dice Russo. «La maggior parte dei 1.400 dipendenti Coin è composta da personale storico e qualificato, non troppo anziano per poter andare in pensione né abbastanza giovane per trovare un’alternativa».

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C’È IL GRANDE TEMA della logistica, oggetto dell’inchiesta della procura di Milano. I magistrati hanno accusato di caporalato e reati fiscali aziende come Esselunga e Carrefour, disponendo sequestri milionari e assunzioni dirette dei lavoratori che in precedenza venivano reperiti attraverso cooperative.

«Un sistema per disporre di serbatoi di manodopera e risparmiare sugli oneri previdenziali, che denunciavamo da tempo», commenta Beretta. L’indagine non ha riguardato solo la grande distribuzione, ma anche i servizi di corrieri come Dhl, Gls, Brt e Amazon Italia Transport. Finora la procura è riuscita a far assumere 14 mila persone, far aumentare lo stipendio a 70 mila dipendenti e recuperare 500 milioni di euro nelle casse dell’erario.

«Sono le conseguenze della terziarizzazione di alcune attività tipiche della gdo, come i magazzini e la logistica, per dividere e sfruttare la forza lavoro – conclude Beretta -. L’inchiesta è stata fondamentale, ma ancora non basta».



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