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Intesa Sanpaolo, sostenibilità stimolo per le Pmi dell’agroalimentare


MILANO (ITALPRESS) – Come fare in modo che la sostenibilità, elemento al quale le imprese prestano un’attenzione ogni giorno sempre maggiore, diventi un fattore anche per la crescita e la competitività in un settore fondamentale come il Made in Italy agroalimentare? Questa è la domanda al centro del “Global Summit – La sostenibilità: fattore di crescita delle aziende nel settore agroalimentare” organizzato oggi a Milano da Gambero Rosso in partnership con Intesa Sanpaolo.
L’incontro, giunto alla terza edizione, ha visto la partecipazione a tavoli di confronto di rappresentanti di diverse aziende, le quali si trovano a far fronte tanto alla sfida dei cambiamenti climatici quanto ad un contesto economico internazionale imprevedibile. E proprio in questo scenario le imprese italiane (in maggioranza medio-piccole) necessitano di tutto l’aiuto possibile.
“Accompagniamo le piccole medie aziende, in particolare quelle del settore dell’agroalimentare, sulla strada della sostenibilità, consapevoli e convinti che sia un fattore cruciale per la loro competitività – ha dichiarato Anna Roscio, Executive Director Sales & Marketing Imprese, Divisione Banca dei Territori Intesa Sanpaolo -. Per noi significa impiegare le risorse in modo efficiente, approcciare la transizione energetica verso le rinnovabili, rispondendo alle nuove esigenze dei consumatori finali. La sostenibilità deve far parte della strategia delle imprese in un percorso di crescita e in uno scenario in evoluzione”.
Scenari che sono stati oggetto di una ricerca presentata nel corso del convegno e realizzata da Stefania Trenti, Head of Industry and Local Economies – Research Department Intesa Sanpaolo.
In base ai dati illustrati, per l’Italia la crescita economica è prevista intorno all’1% nel biennio 2025-26, ma con rischi al ribasso. Contemporaneamente proseguirà l’incremento del tasso di risparmio, ma il recupero del potere d’acquisto resta in atto. Per le imprese agroalimentari si attende che la domanda interna cresca a ritmi stabili (+0,6% a prezzi costanti) nel biennio 2025-26, sostenuta dal recupero delle spese finali delle famiglie italiane.
“Lo scenario in cui si muoveranno le imprese agroalimentari italiane è sicuramente molto complesso e incerto: pesa sul piano della domanda internazionale l’eventuale introduzione di dazi e l’ammontare di questi da parte dell’amministrazione Trump. Ma anche su questo versante pensiamo che l’agroalimentare possa reggere bene all’introduzione dei dazi anche in virtù del fatto che è posizionato su una fascia di prezzo-qualità molto elevata, per cui le esportazioni potrebbero anche non subire una penalizzazione significativa”, ha affermato Trenti.
Gli Stati Uniti rimangono infatti un mercato rilevante per l’alimentare italiano: il peso “stelle e strisce” sul totale dell’export dell’alimentare e bevande è del 13,4%, superiore alla media del manifatturiero (10,4%). Per alcuni comparti il peso sale ben oltre il 20%, con punte del 28% circa per le bevande dissetanti e acque minerali e del 25% circa per l’olio e per il vino.
Secondo Trenti, prodotti come “il vino potrebbero perdere tra il 2 e il 4%. Ma si tratta di analisi che sottovalutano fortemente il posizionamento qualitativo sull’alta gamma delle imprese italiane, ma anche la capacità di reazione delle nostre imprese. Quello che noi stiamo osservando, per esempio, è un significativo anticipo delle consegne sul mercato americano con un export che nei primi tre mesi dell’anno si è mantenuto fortemente positivo”.
La strategia delle imprese di anticipare le consegne verso gli Stati Uniti prima dell’introduzione dei dazi sembra esser stata produttiva: nel primo trimestre del 2025, le esportazioni di agro-alimentari verso il mercato americano sono cresciute del 10,9% tendenziale in valore, meglio di quanto realizzato dalla Francia (+8%) e dalla Spagna (+4%). Fa meglio dell’Italia solo la Germania (+14,3%) ma su livelli molto più contenuti (558 milioni di euro l’export agro-alimentare tedesco contro gli oltre 2 miliardi dell’Italia). Tuttavia, la minaccia statunitense rende le imprese molto propense a cercare comunque nuovi clienti in altri mercati o a posticipare le tempistiche degli investimenti.
“C’è anche un elemento positivo legato allo spegnimento delle tensioni inflattive e alla riduzione dei tassi di interesse che è stata accompagnata dalla riduzione dell’inflazione – sottolinea Trenti – Questo creerà spazio nel reddito disponibile delle famiglie per poter aumentare i consumi anche della filiera agroalimentare. La domanda di questi prodotti in Italia continuerà a essere sostenuta, come già negli scorsi anni, anche dai flussi turistici nel 2025 e nel 2026 per la concomitanza di eventi eccezionali che creano buone opportunità anche per le imprese della filiera”.
In aggiunta a questi elementi, sono tre le principali preoccupazioni delle imprese rilevate dalla ricerca di Intesa Sanpaolo: costo delle materie prime e dei semilavorati, costo dell’energia e cambiamenti climatici. I primi due sono una conseguenza diretta delle tensioni internazionali innescate dalla guerra tra Russia e Ucraina e deil rallentamento delle supply chain mondiali a causa del crollo del traffico mercantile nel Mar Rosso quale effetto collaterale del conflitto a Gaza.
“La Divisione Banca dei Territori in questi anni ha erogato importanti risorse per investire nella sostenibilità, oltre 10 miliardi di euro. Il nostro approccio è quello di sostenere e premiare le aziende che investono in questo ambito – ha spiegato Roscio -. In particolare, premiare vuol dire incentivare il finanziamento con delle agevolazioni di prezzo, in termini di minor costo, e riconoscere il valore della sostenibilità nella valutazione creditizia. E in ultimo, svolgiamo un’attività di advisor verso le nostre aziende per accompagnarle ad accedere agli incentivi ancora presenti del PNRR, in particolare quelli relativi alle energie rinnovabili”.
Prosegue Roscio, “Anche l’internazionalizzazione delle imprese è un fattore importante su cui dare consulenza e supporto alle piccole medie aziende verso nuovi mercati come ad esempio gli Emirati, l’Arabia Saudita, l’India, l’Oriente. Non dimentichiamo che le nostre aziende, in particolare quelle del settore agroalimentare, sono grandi esportatrici capaci anche di investire direttamente in paesi stranieri”.
“La recente missione a Dubai, guidata dal nostro responsabile di Divisione Stefano Barrese, ha visto proprio la partecipazione di aziende del settore dell’Agrifood e dell’Agritech e aveva lo scopo di facilitare la conoscenza di un nuovo mercato, incontrare altri buyer e altri partner con i quali stringere relazioni commerciali, ma anche conoscere gli esponenti governativi. Quindi tutte quelle che possono essere le chiavi di accesso in termini societari, diritto del lavoro, di opportunità, di incentivi in quel mercato”, ha concluso.
– foto xh7/Italpress –
(ITALPRESS).

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