Le fiere, le filiere e le imprese italiane sono sempre state legate da un destino comune, basti pensare che il 30% della produzione e il 63% dell’export nazionale è generato dalle imprese attive in 5 filiere (agroalimentare, tecnologia, moda-bellezza, edilizia-arredo e tempo libero), principali focus delle attività del sistema fieristico. Un binomio che dovrà giocare un ruolo da protagonista anche nel Piano d’azione per l’export italiano nei mercati extra-Ue, annunciato dal Governo italiano lo scorso marzo. È l’estrema sintesi contenuta nel primo Libro bianco sul sistema fieristico italiano, realizzato da Aefi (l’Associazione di riferimento per il settore) in collaborazione con Prometeia, che ha curato le sezioni di inquadramento competitivo e scenario, e presentato ieri a Palazzo Piacentini (Mimit) a Roma in occasione della 10^ Giornata mondiale delle fiere in presenza del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.
L’industria fieristica nazionale – analizza il report – è la quarta a livello globale (dietro a Cina, Stati Uniti e Germania) e, includendo il settore congressuale, realizza un fatturato annuo di 4 miliardi di euro, con 17 mila addetti. Dal 2021 al 2024 la crescita media annua (Cagr a prezzi correnti) complessiva delle 5 filiere è stata – grazie anche a impulsi inflazionistici – pari al +9%, performance che ha permesso di risalire e superare i livelli pre-Covid. Ma oggi, con il persistere delle note incertezze di carattere geopolitico e commerciale – dazi in primis -, le previsioni nel lungo periodo risultano più complicate: +2% annuo al 2030. Nell’ipotesi che l’evoluzione del sistema fieristico si muova in risposta agli impulsi inerziali provenienti dalle filiere clienti, anche il quadro prospettico di fronte ai player fieristici italiani risulta quindi poco dinamico, con Cagr dell’ordine dell’1%.
“Abbiamo la consapevolezza – ha detto il presidente Aefi, Maurizio Danese – di un ruolo che per noi dovrà essere sempre più sfidante, così come lo è per il Governo. L’obiettivo è traguardare la crescita dell’export attraverso l’accelerazione che dovrà imprimere il Piano d’azione presso i mercati extra europei da qui al 2030. Le fiere – così come le imprese del Belpaese impegnate in un’azione di ricalibratura dei propri target commerciali – hanno la necessità e l’obiettivo di allargare il proprio perimetro di azione e vogliono essere un vettore fondamentale del piano, con la crescita di manifestazioni made in Italy organizzate direttamente nei principali Paesi obiettivo”.
Di lavoro – sostiene il report – ce n’è tanto, se è vero che in questi ultimi 10 anni l’export-gap tra domanda potenziale ed effettiva capacità di soddisfarla da parte delle imprese tricolori è stato pari al -13%, l’equivalente di oltre 37 miliardi di euro di potenziale lasciato ad altri esportatori. In assenza di significativi miglioramenti, la modellistica econometrica di Prometeia paventa la crescita di tale gap fino il 18% nel 2030. Da qui l’importanza di un piano integrato con tutti gli uffici preposti, compreso – sostiene Aefi – lo strumento e l’expertise fieristica di bandiera. Non a caso, il sistema italiano delle fiere è presente – con propri eventi – in 12 dei 30+ mercati target contemplati nel piano: il 90% delle manifestazioni italiane all’estero in calendario nel biennio 2024-25 si sono tenute (o si terranno) proprio in tali Paesi, dagli USA al Brasile, dalla Cina agli Emirati Arabi Uniti, dal Messico al Sudafrica, alla Thailandia.
Nel capitolo delle istanze del Libro bianco, Aefi individua poi quattro aree prioritarie di intervento: rafforzamento dell’internazionalizzazione delle fiere, semplificazione del quadro normativo e relative misure di sostegno; promozione di un piano di adeguamento delle infrastrutture e predisposizione di un pacchetto di misure per sostenere e aumentare la partecipazione fieristica da parte delle Pmi.
Politica industriale e Sistema Paese sono le parole chiave che guidano l’obiettivo dell’internazionalizzazione dell’industria fieristica italiana. Una visione a che punta a colmare il gap soprattutto nei confronti dei competitor tedeschi e francesi. Tra le proposte in primo piano quelle dello sviluppo di una partnership tra i player fieristici, il rafforzamento del Fondo di internazionalizzazione e il potenziamento del coordinamento tra il settore e le istituzioni attraverso il coinvolgimento sistemico di Aefi, principale Associazione di rappresentanza.
La semplificazione normativa è il secondo imperativo di Aefi. In particolare, il Libro Bianco esprime l’urgenza di liberare il potenziale del settore attraverso la riduzione della burocrazia e delle procedure autorizzative tramite una norma nazionale uniforme, il superamento del Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica e la revisione della disciplina dell’Imu, prevedendone l’esenzione o almeno la riduzione del 50%. Vi è inoltre la necessità di inserire le fiere nelle agende infrastrutturali nazionali e territoriali, per rendere i quartieri sempre più competitivi e attrattivi per il mercato. Mentre per sostenere una maggiore inclusione partecipativa da parte di nuove Pmi, Aefi chiede l’introduzione di un “Bonus fiere” di medio e lungo periodo rivolto alle aziende di nuova costituzione o che non hanno partecipato alle manifestazioni fieristiche nell’anno precedente.
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