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Sovraindebitamento e Tutela della Casa: Una Nuova Era per Debitori e Creditori con Retefin.it – Retefin.it – #retefin – #retefinaste


Le recenti riforme del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) hanno segnato una svolta epocale nella gestione delle crisi da sovraindebitamento, ponendo l’abitazione principale al centro di un nuovo paradigma che mira a bilanciare la tutela del debitore meritevole con le legittime aspettative dei creditori. Questo articolo analizza le profonde implicazioni di tali cambiamenti, evidenziando come la conservazione della casa, supportata da una consulenza strategica, personalizzata e professionale come quella offerta da Retefin.it, possa trasformarsi da apparente ostacolo a concreta opportunità di recupero del credito, spesso più vantaggiosa ed efficiente della tradizionale, e talvolta distruttiva, vendita coattiva.

1. Contesto Normativo e Ratio Economico-Sociale: La Casa come Presidio di Dignità e Asset Strategico Fondamentale

Negli ultimi anni, il legislatore italiano, spinto da una crescente sensibilità sociale e da una più acuta consapevolezza delle dinamiche economiche sottostanti le crisi da debito, ha intrapreso un percorso di profonda e organica revisione della disciplina del sovraindebitamento. L’obiettivo primario è stato inequivocabile: trasformare radicalmente la percezione e la funzione giuridica dell’abitazione principale. Da mera garanzia patrimoniale, spesso la prima ad essere aggredita in caso di difficoltà finanziarie, a vero e proprio baluardo della dignità personale e familiare, un nucleo di stabilità essenziale per consentire al debitore e alla sua famiglia di non precipitare in una spirale di esclusione sociale. Questa non è semplicemente una rivoluzione giuridica confinata nelle aule dei tribunali, ma rappresenta un autentico e significativo cambio di paradigma culturale nella gestione del credito e dell’insolvenza, che impone a tutti gli attori – debitori, creditori, professionisti e giudici – un approccio più olistico e orientato alla soluzione.

Il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), pienamente operativo dal luglio 2022, e i successivi, mirati interventi correttivi, tra cui spicca il recente Decreto Legislativo 136/2024 (noto come “Decreto Correttivo Ter”), hanno non solo consolidato ma anche potenziato e affinato questo nuovo approccio. Le norme che ora consentono esplicitamente la prosecuzione del contratto di mutuo ipotecario anche in pendenza di procedura, la sospensione delle procedure esecutive immobiliari pendenti o minacciate, e la conservazione dell’abitazione principale anche nell’ambito del concordato minore (strumento accessibile a piccoli imprenditori e professionisti), delineano una visione legislativa precisa e coerente: l’abitazione principale è un bene da proteggere con priorità, a condizione, beninteso, che il debitore dimostri la sua “meritevolezza” (ossia l’assenza di colpa grave, malafede o frode nella causazione del sovraindebitamento) e sia in grado di offrire ai creditori, attraverso il piano proposto, una soddisfazione economica che risulti almeno equivalente, se non superiore, a quella realisticamente ottenibile dalla sua liquidazione forzata sul mercato.

Per gli istituti bancari, le società di gestione del credito e gli altri creditori ipotecari, questo scenario implica la necessità impellente di riconsiderare criticamente strategie di recupero del credito a lungo consolidate, spesso basate su un approccio meccanicistico e talvolta poco efficiente. La radicata convinzione che l’asta giudiziaria rappresenti l’unica o comunque la più efficace via per il recupero del credito viene oggi messa seriamente in discussione non solo da principi etico-sociali, ma anche da stringenti dati economici e dall’esperienza operativa. Studi di settore approfonditi e analisi statistiche dettagliate, condotte anche da primari osservatori del mercato immobiliare e del credito, dimostrano in modo inconfutabile come le vendite forzate degli immobili, specialmente in contesti di crisi, conducano frequentemente a realizzi significativamente inferiori al loro effettivo valore di mercato (con svalutazioni medie che possono agevolmente superare il 30-40% e raggiungere picchi anche maggiori in mercati illiquidi o per immobili con problematiche specifiche), il tutto aggravato da tempistiche medie di realizzo che si estendono spesso oltre i tre-quattro anni e da costi procedurali (legali, peritali, di pubblicità, fiscali) tutt’altro che trascurabili, che erodono ulteriormente il netto ricavo per il creditore. Basti pensare ai ribassi d’asta successivi a tentativi di vendita andati deserti, che possono polverizzare il valore del bene.

In questo scenario radicalmente mutato, la tutela dell’abitazione, lungi dall’essere un mero costo o un ostacolo per i creditori, apre la strada a soluzioni ristrutturatorie innovative e potenzialmente più proficue. Come puntualmente sottolinea Retefin.it, forte della sua profonda e aggiornata conoscenza della materia e della sua consolidata esperienza consulenziale nel campo del sovraindebitamento, un piano ben strutturato, realistico e trasparente può permettere la continuazione del servizio del mutuo, magari con una rinegoziazione sostenibile delle condizioni, riducendo drasticamente il rischio di trasformare il credito in una sofferenza conclamata (NPL) e consentendone, in molti casi, una positiva riclassificazione come “in bonis” o, quantomeno, come credito ristrutturato con buone prospettive di recupero (UTP). Il messaggio che emerge dal nuovo quadro normativo è quindi inequivocabile e di portata strategica: salvaguardare l’abitazione principale, attraverso un percorso concordato e giudizialmente validato, può rivelarsi una strategia vantaggiosa non solo per il debitore, ma anche, e talvolta soprattutto, per il creditore stesso. La valorizzazione della continuità abitativa come vero e proprio asset negoziale, capace di generare flussi di cassa futuri e di preservare il valore del sottostante immobiliare, diventa, quindi, un elemento cruciale e imprescindibile per una gestione moderna, efficiente e socialmente responsabile dei crediti deteriorati. In tale contesto, affidarsi a professionisti esperti e indipendenti come quelli di Retefin.it diventa fondamentale per navigare la crescente complessità normativa, per effettuare corrette valutazioni di convenienza e per identificare la soluzione sartoriale più idonea al singolo caso concreto, bilanciando tutti gli interessi in gioco.

2. Le Nuove Tutele nella Crisi del Consumatore: Dalla Sospensione dell’Esecuzione alla Prosecuzione del Mutuo, un Percorso Verso la Stabilità

Il piano del consumatore, uno degli strumenti cardine e più innovativi introdotti dal CCII per far fronte alle situazioni di crisi debitoria dei soggetti non fallibili che hanno contratto obbligazioni prevalentemente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale, si configura oggi come un meccanismo maturo, flessibile e particolarmente efficace. Esso è in grado di coniugare in modo equilibrato l’imprescindibile protezione del debitore in difficoltà, salvaguardandone la dignità e offrendo una concreta “seconda chance”, con la tutela delle legittime aspettative di soddisfacimento del ceto creditorio. La vera, profonda innovazione, che segna un distacco netto rispetto al passato, risiede nella concreta e normativamente sancita possibilità per il consumatore “meritevole” (la cui situazione di sovraindebitamento, cioè, non sia riconducibile a comportamenti fraudolenti o gravemente colposi) di conservare la proprietà e il godimento della propria abitazione principale, proseguendo il pagamento del relativo mutuo ipotecario, tendenzialmente alle condizioni originariamente pattuite o, se necessario e concordato, a condizioni rinegoziate e rese sostenibili.

L’articolo 67, comma 5, del CCII stabilisce, infatti, con chiarezza che il debitore consumatore, a condizione che sia in regola con i pagamenti delle rate del mutuo al momento della presentazione della domanda o che, essendo in mora, venga autorizzato dal giudice a versare integralmente gli arretrati entro un termine perentorio stabilito (spesso con l’ausilio di familiari o terzi sostenitori), può continuare a onorare il piano di ammortamento iniziale del finanziamento. Questo, in termini pratici e dirompenti, significa: nessuna risoluzione unilaterale del contratto di mutuo da parte della banca, nessuna possibilità di avviare o proseguire l’azione esecutiva per l’escussione dell’ipoteca, nessuna perdita immediata del bene. La casa, fulcro della vita familiare, rimane al nucleo familiare e la banca, dal canto suo, continua a percepire regolarmente le rate del mutuo, assicurandosi un flusso di cassa costante e prevedibile, spesso preferibile all’alea di una vendita forzata. In questo delicato processo di analisi della sostenibilità e di predisposizione di piani conformi ai requisiti di legge, Retefin.it gioca un ruolo chiave e proattivo, assistendo i consumatori nella raccolta della documentazione, nella valutazione della propria capacità di rimborso prospettica e nella costruzione di proposte che garantiscano trasparenza, fattibilità e, quindi, maggiori possibilità di omologa da parte del Tribunale. Un esempio concreto può essere la rinegoziazione di un tasso di interesse divenuto insostenibile o l’allungamento della durata del mutuo per ridurre l’importo della rata.

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Ma le tutele apprestate dal legislatore non si esauriscono qui. Il giudice, su specifica istanza del debitore, contestualmente al deposito della proposta di piano o anche in una fase immediatamente successiva, ha il potere discrezionale, ma ampiamente esercitato nella prassi, di sospendere le procedure esecutive individuali in corso, inclusi i pignoramenti immobiliari, bloccando di fatto l’iter della vendita forzata fino alla decisione definitiva sull’omologa del piano del consumatore. Il credito garantito da ipoteca, è bene precisarlo, mantiene la sua natura privilegiata e la sua collocazione nel piano, ma si ottiene un beneficio immediato e tangibile anche per l’istituto bancario: evitare l’asta significa, come già accennato, ridurre drasticamente i tempi di incertezza (che possono logorare il valore del credito), abbattere significativamente i costi legali e di procedura (che in un’esecuzione possono essere ingenti) e, aspetto non secondario, scongiurare la progressiva svalutazione dell’immobile che spesso accompagna le vendite giudiziarie, soprattutto dopo diversi tentativi andati deserti.

Anche il trattamento riservato ai creditori ipotecari all’interno del piano del consumatore è stato attentamente bilanciato dal legislatore per evitare abusi e garantire l’equità. Il piano, per poter essere omologato, deve inderogabilmente assicurare ai creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca una soddisfazione non inferiore a quella che otterrebbero, in base a una stima attendibile e motivata, dalla liquidazione del bene gravato dalla garanzia reale. La giurisprudenza di merito e di legittimità ha più volte confermato la validità di piani che prevedono, ad esempio, il pagamento integrale e alle scadenze originarie del creditore ipotecario di primo grado (la banca mutuante, tipicamente) e una possibile falcidia (riduzione percentuale) o una dilazione significativa per i creditori ipotecari di grado successivo o per i chirografari, sempre nel rispetto del principio del valore di realizzo dell’immobile. Si tratta, come acutamente evidenziato dagli esperti consulenti di Retefin.it, di una vera e propria negoziazione assistita e giudizialmente supervisionata, basata su dati concreti, perizie immobiliari aggiornate e attendibili, e una valutazione realistica e comparativa della convenienza per tutte le parti coinvolte rispetto allo scenario alternativo della liquidazione atomistica del patrimonio.

Un’evoluzione normativa e giurisprudenziale particolarmente interessante e foriera di soluzioni innovative riguarda la dilazione dei pagamenti dovuti ai creditori privilegiati. In passato, interpretazioni restrittive e alcuni limiti temporali impliciti potevano ostacolare la strutturazione di soluzioni di lungo respiro, necessarie per rendere sostenibile il piano per il debitore. Oggi, grazie all’orientamento ormai consolidato dalla Corte di Cassazione, a partire dalla fondamentale sentenza n. 17391/2020, anche nell’ambito del piano del consumatore è pacificamente ammissibile una dilazione significativa, anche superiore all’anno (e in taluni casi ben più lunga, commisurata alla durata residua del mutuo), per il pagamento dei creditori privilegiati, incluso l’ipotecario. Tale dilazione, seppur non soggetta al voto dei creditori nel piano del consumatore, deve comunque risultare non pregiudizievole e sostenibile, e spesso si accompagna a un’accettazione, anche tacita (desumibile dalla mancata opposizione qualificata), da parte del creditore interessato, soprattutto se il piano garantisce il mantenimento del valore attuale del credito. Questa apertura giurisprudenziale ha introdotto una maggiore e preziosa flessibilità, rendendo più agevole la costruzione di proposte di accordo che riescano a conciliare efficacemente le esigenze di stabilità finanziaria delle famiglie con le aspettative di recupero degli istituti di credito.

In sintesi, nel nuovo scenario delineato per la crisi del consumatore, l’abitazione principale non è più ineluttabilmente vista come il primo bene da sacrificare sull’altare dei debiti, ma si configura piuttosto come l’ultima roccaforte da difendere, il perno attorno al quale costruire un percorso di risanamento. E il credito ipotecario, se gestito con competenza, visione strategica e lungimiranza – qualità distintive che Retefin.it mette quotidianamente a disposizione dei suoi clienti – può realmente trasformarsi da una perdita probabile e dolorosa in un’opportunità concreta di rientro integrale e regolare. Si tratta di una svolta culturale profonda, che le banche più attente all’evoluzione del mercato e alla sostenibilità sociale del proprio operato hanno già iniziato a cogliere e a valorizzare.

3. Concordato Minore: Opportunità Strategiche per le Banche di Valorizzare il Credito Ipotecario e Preservare il Tessuto Produttivo

Il concordato minore rappresenta la procedura concorsuale specificamente pensata e disegnata dal legislatore per i debitori sovraindebitati che, pur versando in una situazione di crisi o insolvenza, non rientrano nella definizione legale di “consumatore” e, al contempo, non superano le soglie dimensionali per l’accesso alle procedure maggiori (come il concordato preventivo o la liquidazione giudiziale, ex fallimento). Si tratta di una platea vasta ed eterogenea che include piccoli imprenditori individuali, titolari di ditte artigiane, commercianti al dettaglio, agricoltori, professionisti iscritti ad albi (avvocati, commercialisti, medici, ingegneri, architetti), e anche le cosiddette start-up innovative che non abbiano ancora raggiunto dimensioni significative. Anche in questo contesto, cruciale per la tenuta del tessuto economico e sociale del Paese, il legislatore ha introdotto e progressivamente affinato meccanismi normativi volti a evitare, ove possibile e complessivamente conveniente per il ceto creditorio, la vendita forzata dell’abitazione principale dell’imprenditore o del professionista.

Il Decreto Correttivo Ter (D.Lgs. 136/2024) ha ulteriormente e significativamente esteso e chiarito la facoltà di prosecuzione del contratto di mutuo garantito da ipoteca sull’abitazione principale anche al debitore che accede alla procedura di concordato minore. Questa non deve essere interpretata come una mera e marginale modifica normativa di dettaglio, bensì come un vero e proprio cambiamento di approccio strategico da parte del legislatore. Oggi, anche il piccolo imprenditore la cui attività è in crisi, o il professionista schiacciato da debiti di varia natura, può presentare ai propri creditori un piano concordatario che preveda, quale parte integrante e qualificante della proposta, la continuità nel pagamento delle rate del mutuo gravante sulla propria casa di abitazione. Ciò, naturalmente, a condizione che tale prosecuzione sia sostenibile alla luce dei flussi di cassa generati dall’attività (se continua) o da altre fonti di reddito, e che il piano nel suo complesso dimostri, attraverso un’attestazione rilasciata da un professionista indipendente (l’Organismo di Composizione della Crisi – OCC), la sua convenienza per i creditori rispetto all’alternativa liquidatoria.

Per l’istituto bancario mutuante, questa possibilità si traduce in un’importante e concreta opportunità strategica, che va ben oltre il semplice recupero del singolo credito:

  • Miglioramento della qualità del portafoglio crediti e uscita dalla classificazione del credito come UTP (Unlikely To Pay) o NPL (Non-Performing Loan): Un piano di concordato minore omologato dal tribunale, che preveda il rientro regolare e puntuale nei pagamenti del mutuatario (magari a seguito di una ristrutturazione del debito aziendale, con l’apporto di nuova finanza da terzi investitori o con il supporto di garanti), può migliorare significativamente la qualità dell’attivo della banca, riducendo gli accantonamenti e liberando risorse.
  • Valorizzazione intrinseca del credito ipotecario: La prosecuzione del mutuo, anche se a condizioni rinegoziate, diventa una leva fondamentale per massimizzare il recupero del capitale e degli interessi, evitando le ingenti perdite di valore e i costi associati alla vendita forzata dell’immobile in un contesto di crisi. Si preserva il valore della garanzia e si garantisce un flusso di entrate.

È pur vero che, a differenza del piano del consumatore, nel concordato minore i creditori sono chiamati a esprimere un voto sulla proposta presentata dal debitore, e l’approvazione richiede il raggiungimento di specifiche maggioranze qualificate. Tuttavia, come lucidamente sottolinea l’esperienza pluriennale di Retefin.it nella meticolosa preparazione e negoziazione di tali piani, questo elemento può trasformarsi in un punto di forza anziché in un ostacolo. Se la proposta concordataria è solida, trasparente, ben documentata, supportata da perizie estimative attendibili e indipendenti, da flussi di cassa prospettici realistici e prudenti, e da un’analisi comparativa che dimostri in modo inequivocabile un valore di realizzo per i creditori superiore (o almeno non inferiore, ma con tempistiche più certe e costi minori) all’alternativa della liquidazione controllata del patrimonio, le probabilità di ottenere l’approvazione da parte delle maggioranze richieste crescono in modo esponenziale. La professionalità di Retefin.it si esplica proprio nel costruire proposte che parlino il linguaggio dei creditori, evidenziando i vantaggi concreti della soluzione concordataria. Ad esempio, si può prevedere un piano di rientro dilazionato per i fornitori strategici, essenziale per la continuità aziendale, e al contempo garantire alla banca la ripresa dei pagamenti del mutuo, magari dopo un periodo di moratoria o con rate crescenti.

 

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Inoltre, è fondamentale ricordare che, anche in caso di dissenso da parte di uno o più creditori, inclusi quelli ipotecari, l’omologa del concordato minore può comunque essere concessa dal tribunale attraverso il sofisticato meccanismo del cram-down (o “ristrutturazione forzata dei debiti”). Ciò è possibile a condizione che, tra gli altri requisiti, al creditore o alla classe di creditori dissenzienti sia garantita una soddisfazione (in termini di valore attuale) almeno pari a quella che riceverebbero dalla liquidazione giudiziale dei beni oggetto della loro garanzia o del loro privilegio, secondo i criteri di stima previsti dalla legge. Questo strumento offre una tutela contro ostruzionismi ingiustificati e promuove soluzioni efficienti.

Numerosi e recenti casi giurisprudenziali, attentamente monitorati e analizzati da Retefin.it per offrire ai propri clienti una consulenza sempre aggiornata, confermano questa tendenza evolutiva. Laddove l’abitazione principale dell’imprenditore o del professionista possiede un valore reale di mercato e il debitore, con l’ausilio di consulenti esperti e qualificati come quelli messi a disposizione da Retefin.it, presenta piani di concordato sostenibili, credibili e convenienti, la banca (e gli altri creditori) ottengono un recupero del credito più certo, spesso più rapido e meno oneroso, supportato da tutele formali (l’omologa del tribunale) e sostanziali (la ripresa dei flussi di pagamento). L’alternativa, come noto, è spesso una lunga, complessa e costosa procedura esecutiva individuale o una liquidazione controllata dagli esiti incerti, con il rischio concreto di ulteriori svalutazioni dell’immobile e una profonda incertezza sull’effettivo soddisfacimento del credito.

Infine, una prospettiva particolarmente rilevante e innovativa, introdotta dal CCII, è quella legata alla gestione unitaria delle crisi che coinvolgono più membri della stessa famiglia. Se il debitore (ad esempio, il piccolo imprenditore) è parte di un nucleo familiare convivente i cui patrimoni, pur formalmente distinti, sono di fatto interconnessi e le cui difficoltà finanziarie sono spesso collegate (si pensi al coniuge fideiussore o al figlio coobbligato), può essere attivata una procedura familiare unitaria (disciplinata dall’art. 66 CCII). Questo strumento, di grande utilità pratica, consente di presentare un unico piano di ristrutturazione o di liquidazione per più membri della stessa famiglia, permettendo la definizione di soluzioni più flessibili, coordinate ed integrate. L’obiettivo è quello di raggiungere un risanamento complessivo e condiviso, finalizzato a proteggere l’abitazione e il patrimonio familiare essenziale, senza tuttavia compromettere le legittime ragioni e aspettative dei creditori.

Per le banche e gli altri intermediari finanziari, questo nuovo e articolato scenario normativo apre una frontiera di dialogo costruttivo e potenzialmente proficuo con il debitore in difficoltà. Si assiste a un progressivo passaggio da una logica prevalentemente basata sull’aggressione patrimoniale e sul recupero forzoso, spesso conflittuale e inefficiente, a una logica di co-costruzione di un piano di risanamento efficace e sostenibile nel tempo. Il risultato atteso e auspicato è una significativa riduzione del contenzioso, un aumento delle soluzioni negoziate e consensuali, una diminuzione del numero di aste immobiliari (con i relativi effetti depressivi sul mercato), e un incremento dei pagamenti regolari e del valore effettivamente recuperato, con una conseguente riduzione delle perdite a bilancio. In questo percorso di trasformazione culturale e operativa, Retefin.it si propone come partner strategico e facilitatore, mettendo a disposizione la propria competenza tecnica e la propria capacità di mediazione per la ricerca di soluzioni equilibrate e vantaggiose per tutte le parti.

4. Liquidazione Controllata e Valore Abitativo: Vendere Solo Quando Davvero Necessario, Conveniente e Strategico

Quando le soluzioni ristrutturatorie, come il piano del consumatore o il concordato minore, si rivelano oggettivamente non praticabili – ad esempio per l’insostenibilità del debito anche dopo una potenziale ristrutturazione, per la mancanza di flussi di reddito sufficienti a garantire pagamenti regolari, o per l’indisponibilità dei creditori a concessioni significative – la liquidazione controllata del patrimonio del debitore rappresenta l’ultima opzione prevista dal sistema normativo per gestire il sovraindebitamento. Si tratta, in sostanza, della procedura che sostituisce il vecchio fallimento per i soggetti non fallibili. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che, anche in questa fase che può apparire estrema e definitiva, il sistema normativo del CCII offre tutele significative per il debitore e, parallelamente, meccanismi di gestione che, se compresi appieno e gestiti con intelligenza e professionalità – e qui l’assistenza esperta di Retefin.it può fare una notevole differenza sia per il debitore che per i creditori – possono trasformarsi in strumenti di gestione più efficiente e razionale del credito per le banche e gli altri creditori.

Innanzitutto, un principio fondamentale, che attiene alla dignità della persona e alla necessità di evitare traumi sociali eccessivi, è il diritto del debitore (e del suo nucleo familiare convivente) di continuare ad abitare l’immobile di sua proprietà, costituente l’abitazione principale, fino al momento della sua effettiva vendita da parte del liquidatore nominato dal tribunale e, più precisamente, fino all’emissione del decreto di trasferimento del bene all’aggiudicatario. Questa non è una mera concessione di favore o una prassi discrezionale, ma una disposizione chiaramente stabilita dall’articolo 147, comma 2, del CCII (norma dettata per la liquidazione giudiziale ma pacificamente richiamata e applicabile, in quanto compatibile, anche alla disciplina sulla liquidazione controllata del sovraindebitato): la casa, dunque, resta a disposizione del debitore fino a che la sua liquidazione non sia stata perfezionata. Questa norma presenta una duplice valenza: da un lato, tutela la dignità del debitore e del suo nucleo familiare, evitando lo shock immediato dello spossessamento e concedendo un lasso di tempo per trovare soluzioni abitative alternative; dall’altro lato, può rappresentare, in molti casi, un vantaggio indiretto anche per i creditori. Infatti, la permanenza del debitore nell’immobile può evitare i costi di custodia, vigilanza e manutenzione ordinaria del bene (che altrimenti graverebbero sulla procedura), prevenendone il degrado fisico (spesso rapido in caso di abbandono) e riducendo le tensioni sociali e i rischi di occupazioni abusive che talvolta si verificano in caso di immobili pignorati e lasciati vuoti.

Inoltre, una disposizione di grande rilevanza strategica, e spesso non sufficientemente valorizzata, prevede che il liquidatore nominato dal tribunale, previa autorizzazione del giudice delegato e sentito il comitato dei creditori (se costituito), possa decidere motivatamente di non procedere alla vendita dell’abitazione principale (o di altri beni facenti parte del patrimonio da liquidare) se il presumibile valore di realizzo, calcolato al netto dei costi della procedura di vendita (spese legali, peritali, di pubblicità, imposte di trasferimento) e del soddisfacimento dei crediti prededucibili (cioè sorti in occasione o in funzione della procedura) e dei crediti privilegiati di grado anteriore (ad esempio, ipoteche di primo grado capienti), risulti palesemente irrisorio o addirittura nullo per la massa dei creditori chirografari (cioè quelli non assistiti da cause di prelazione). È il caso, ad esempio, di immobili gravati da ipoteche per un valore complessivo pari o superiore al loro attuale e realistico valore di mercato, o di immobili situati in contesti territoriali con un mercato immobiliare particolarmente stagnante e illiquido, dove i tentativi di vendita andrebbero con ogni probabilità deserti o si concluderebbero con aggiudicazioni a prezzi vili. Altri scenari possono includere immobili con gravi abusi edilizi non sanabili che ne compromettono la commerciabilità, o beni la cui vendita comporterebbe costi sproporzionati rispetto al prevedibile incasso. In queste circostanze, insistere sulla vendita dell’abitazione (o di altri beni analoghi) significherebbe unicamente aggravare inutilmente i costi della procedura di liquidazione, allungarne i tempi e, in ultima analisi, peggiorare il risultato finale per i creditori chirografari, che non ne trarrebbero alcun beneficio concreto. La consulenza di Retefin.it può essere preziosa per analizzare preventivamente tali situazioni e suggerire al debitore o al liquidatore le valutazioni più opportune.

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Per il sistema bancario e per gli altri creditori istituzionali, questa impostazione normativa, orientata a un pragmatismo economico, implica due considerazioni fondamentali e strategiche:

  1. Anche in presenza di procedure di liquidazione controllata, se queste sono ben strutturate, celermente gestite e professionalmente condotte (un ambito in cui Retefin.it può offrire la propria competenza per ottimizzare i processi e le strategie liquidatorie, ad esempio suggerendo modalità di vendita più efficaci o identificando potenziali acquirenti), l’abitazione principale, pur se non venduta, può comunque contribuire, direttamente o indirettamente, al piano di recupero complessivo, ad esempio attraverso la liberazione di risorse che il debitore avrebbe altrimenti dovuto destinare all’affitto di un nuovo alloggio.
  2. La mancata vendita dell’immobile, quando oggettivamente e dimostrabilmente economicamente inefficiente per la massa dei creditori, non deve essere interpretata come una rinuncia ingiustificata ai propri diritti o una perdita secca, ma come una scelta strategica, razionale e conforme alla legge, volta a evitare un inutile dispendio di risorse procedurali e a concentrare gli sforzi liquidatori su beni che possono effettivamente generare un attivo utile per il riparto.

Al termine della procedura di liquidazione controllata, anche nel caso in cui non tutto il passivo accumulato dal debitore sia stato integralmente soddisfatto con il ricavato della vendita dei beni, il debitore persona fisica “meritevole” può accedere al beneficio dell’esdebitazione. Si tratta della liberazione definitiva dai debiti residui non pagati nell’ambito della procedura, che diventano così inesigibili. Questo beneficio, cruciale per consentire al debitore una reale “fresh start”, si estende, a determinate condizioni, anche al cosiddetto “debitore incapiente”, ossia colui che non possiede beni o redditi sufficienti nemmeno per coprire i costi della procedura di liquidazione. L’esdebitazione rappresenta una chiusura “pulita” e definitiva del ciclo del debito, consentendo al soggetto di ripartire da zero, di reinserirsi pienamente nel tessuto economico e sociale, senza essere perseguitato a vita da debiti ormai oggettivamente inesigibili. Anche da questa prospettiva, apparentemente focalizzata sul debitore, le banche e gli altri creditori possono trarre un vantaggio indiretto ma significativo: il rischio di credito pregresso viene sterilizzato in modo definitivo, le perdite (se inevitabili) vengono consolidate contabilmente in modo certo, e si evita di investire ulteriori e infruttuose risorse umane e finanziarie nel tentativo di recuperare crediti che, di fatto, non genererebbero più alcun valore economico.

In una logica moderna, efficiente e socialmente consapevole di gestione degli attivi deteriorati (NPL management), la liquidazione non è più, o non dovrebbe più essere, sinonimo di svendita indiscriminata e affrettata del patrimonio del debitore. È, piuttosto, o dovrebbe tendere a essere, un processo che richiede un’attenta analisi preliminare, una selezione oculata dei beni da liquidare e delle modalità di vendita, e scelte strategiche basate sulla massimizzazione del valore per i creditori nel rispetto dei diritti del debitore. Vendere sì, ma solo quando, come e a chi conviene, minimizzando i costi e massimizzando il ricavo netto. In questo complesso processo di valutazione e gestione, Retefin.it può assistere con competenza e indipendenza sia i debitori che si trovano ad affrontare la prospettiva della liquidazione, sia i creditori o i liquidatori stessi nel valutare e implementare la migliore strategia liquidatoria possibile nel singolo caso concreto.

5. Il “Cram-Down” del Creditore Ipotecario: Superare il Veto su Basi Oggettive, Razionali e di Convenienza Collettiva

Uno dei timori storicamente più diffusi e radicati tra gli istituti di credito e gli altri creditori muniti di garanzie reali (come l’ipoteca) di fronte alle procedure concorsuali minori (come il concordato minore) è la possibilità di subire decisioni giudiziali che impongano soluzioni di ristrutturazione del debito non pienamente concordate o addirittura avversate, soprattutto per quanto riguarda la sorte dei crediti garantiti da ipoteca sull’abitazione principale o su altri beni di valore. Il meccanismo del “cram-down” (letteralmente “imposizione forzata”, ma più correttamente traducibile come “ristrutturazione coattiva dei debiti” o “omologazione forzosa”) nel concordato minore, a prima vista, potrebbe evocare proprio questo scenario di apparente espropriazione del potere decisionale del creditore. In realtà, se correttamente interpretato alla luce della sua ratio e applicato secondo i rigorosi presupposti di legge, esso rappresenta un’importante e talvolta imprescindibile opportunità di razionalizzazione delle decisioni collettive e di tutela dell’interesse prevalente della massa dei creditori, nonché, in taluni casi, della continuità aziendale o della conservazione di valori patrimoniali che andrebbero dispersi con la liquidazione.

Nel concordato minore, infatti, il tribunale ha il potere, a determinate e stringenti condizioni, di omologare il piano proposto dal debitore (piccolo imprenditore, professionista, ecc.) anche in presenza del dissenso di uno o più creditori appartenenti a una classe che non ha raggiunto la maggioranza necessaria per l’approvazione, o addirittura del dissenso dell’unica classe di creditori (se il piano ne prevede una sola), incluso il creditore ipotecario che vanta diritti sull’abitazione principale del debitore. La condizione fondamentale, tuttavia, è che a tali creditori dissenzienti venga comunque assicurato, attraverso il piano omologato in cram-down, un trattamento (in termini di pagamento, tempistiche, o altre modalità di soddisfazione del credito) che risulti almeno pari, in valore attuale, a quello che essi otterrebbero ragionevolmente e prevedibilmente dalla liquidazione giudiziale dei beni oggetto della loro specifica garanzia o del loro privilegio. In altre parole, se il piano concordatario, pur non gradito al singolo creditore ipotecario, gli garantisce comunque un recupero economico non inferiore a quanto egli incasserebbe (al netto dei costi e dei tempi) dalla vendita forzata dell’immobile ipotecato nello scenario alternativo della liquidazione controllata, allora il veto del singolo creditore, potenzialmente ostativo al risanamento complessivo, può essere superato dal tribunale nell’interesse della riuscita del piano e del soddisfacimento, il più possibile equo e conveniente, dell’intero ceto creditorio. La consulenza esperta di Retefin.it può essere cruciale per strutturare piani che, anche in previsione di un possibile cram-down, dimostrino in modo inoppugnabile la convenienza della soluzione proposta rispetto all’alternativa liquidatoria, fornendo al tribunale tutti gli elementi per una decisione favorevole.

Per il sistema bancario e per gli altri creditori istituzionali, questo meccanismo, la cui corretta e prudente applicazione può essere supportata e facilitata dalla consulenza tecnica e strategica di Retefin.it, presenta due risvolti di notevole importanza pratica e strategica:

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Il finanziamento immediato

  1. Stimola e impone una valutazione ex ante della proposta concordataria basata su dati oggettivi, concreti e verificabili: La decisione di aderire o meno a una proposta di concordato minore, e quindi di votare a favore o contro, non dovrebbe più basarsi su mere percezioni soggettive, su posizioni di principio o su dinamiche puramente negoziali di forza, ma dovrebbe essere ancorata a parametri economici misurabili. Tra questi, il valore di stima attuale e prospettico dell’immobile (spesso supportato da perizie terze e indipendenti richieste dall’OCC o dal debitore stesso), i costi procedurali (legali, fiscali, di gestione) evitati grazie all’accordo concordatario rispetto a quelli di un’esecuzione individuale o di una liquidazione, e i tempi di recupero del credito, che in un concordato possono essere più certi e talvolta più brevi rispetto all’alea e alle lungaggini di un’asta giudiziaria.
  2. Responsabilizza il creditore nella fase di negoziazione e di voto: Il creditore, consapevole della possibilità del cram-down, è incentivato a non opporsi pregiudizialmente a una proposta che sia economicamente sensata, trasparente e che garantisca un recupero equo e non deteriore rispetto alla liquidazione. Un “no” aprioristico o immotivato, infatti, potrebbe essere superato dalla decisione del tribunale, con il rischio per il creditore dissenziente di non aver contribuito attivamente a una soluzione che, seppur non ottimale dal suo punto di vista individuale, potrebbe comunque rappresentare il “male minore” o addirittura un’opzione migliorativa rispetto alla dispersione di valore tipica delle liquidazioni coatte.

Le più recenti e significative pronunce giurisprudenziali di merito e di legittimità, costantemente monitorate dagli analisti di Retefin.it, dimostrano che l’istituto del cram-down viene applicato dai tribunali con il necessario rigore e la dovuta cautela, ma anche con un crescente equilibrio e una spiccata sensibilità per le esigenze di efficienza del sistema e di salvataggio dei valori aziendali o patrimoniali meritevoli. Non si tratta, infatti, di penalizzare ingiustamente il creditore garantito o di espropriarlo dei suoi diritti, bensì di evitare che l’intero impianto negoziale e ristrutturatorio, potenzialmente vantaggioso per la maggioranza dei creditori e cruciale per la conservazione di un’attività economica o di un nucleo abitativo, possa essere vanificato da una posizione isolata o minoritaria, magari dettata da ragioni non strettamente economiche, da una valutazione non ottimale della convenienza comparativa, o da strategie dilatorie.

È proprio in questo contesto di complessità tecnica e di bilanciamento di interessi che la banca lungimirante, proattiva e strategicamente orientata si distingue: non ostacola per partito preso o per mera difesa di posizioni acquisite, ma valuta attentamente, con il supporto di analisi quantitative e qualitative, la convenienza effettiva della proposta concordataria. Un contratto di mutuo che, grazie al concordato, riprende a essere onorato regolarmente, anche se per un periodo di tempo rinegoziato o a condizioni leggermente modificate, con la garanzia ipotecaria sostanzialmente intatta e con regole certe e vincolanti stabilite dal tribunale, può avere un valore attuale netto (VAN) significativamente superiore a quello di un’asta dagli esiti altamente incerti, caratterizzata da tempi lunghi, costi elevati e possibili, ulteriori svalutazioni del bene. Il tribunale, in quest’ottica, non agisce come un avversario della banca o un espropriatore dei suoi diritti, ma come un garante di equità, di trasparenza e di razionalità economica, chiamato a scegliere la soluzione che massimizza il valore complessivo per tutti i creditori.

Il cram-down, quindi, lungi dall’essere una forzatura arbitraria o un’ingerenza indebita, si configura come un potente invito al dialogo costruttivo e alla negoziazione responsabile, fondato sull’analisi rigorosa dei numeri, sulla comparazione trasparente delle alternative (piano versus liquidazione) e sulla ricerca della soluzione più efficiente per la collettività dei creditori. E quando i numeri parlano chiaro, supportati da perizie attendibili e da piani industriali o finanziari credibili, anche il dissenso più fermo può e deve essere superato, nell’interesse superiore di tutte le parti coinvolte, incluso, in ultima analisi, lo stesso creditore garantito che, pur subendo una modifica delle sue aspettative originarie, vede comunque tutelato il valore effettivo e realistico della sua pretesa creditoria. In questo scenario, Retefin.it affianca con competenza i propri clienti (siano essi debitori o creditori che necessitano di una valutazione indipendente) nella preparazione di piani robusti, analiticamente documentati e giuridicamente ineccepibili, capaci di superare il vaglio critico del tribunale e di facilitare l’omologa, anche in contesti di potenziale dissenso, massimizzando così le possibilità di successo della ristrutturazione.

6. Il Principio della Convenienza e la Casa Come Asset Negoziale Strategico: Una Prospettiva Innovativa per il Recupero del Credito

Alla base dell’intero e rinnovato impianto normativo in tema di sovraindebitamento e crisi d’impresa, come un filo conduttore che ne ispira le singole disposizioni, vi è un principio cardine, una vera e propria bussola che orienta le scelte del legislatore, le decisioni del giudice e, sempre più, le strategie delle parti coinvolte (debitori e creditori): la convenienza economica, o “best interest test” per i creditori. Non si tratta, è bene ribadirlo con forza, di un astratto e velleitario intento di “salvare la casa a ogni costo”, indipendentemente dalle circostanze e dalla sostenibilità, né di un ingiustificato sacrificio degli interessi dei creditori. Si tratta, piuttosto, di un approccio eminentemente pragmatico, razionale e basato sull’evidenza, che impone a tutti gli attori di confrontare analiticamente le diverse soluzioni possibili per la gestione della crisi (ristrutturazione del debito attraverso un piano, continuazione dei pagamenti del mutuo a condizioni originarie o rinegoziate, liquidazione coattiva del patrimonio) in termini di efficienza complessiva, valore economico generato o preservato, e impatto concreto sul recupero effettivo del credito per ciascuna classe di creditori.

Se il piano di sovraindebitamento proposto dal debitore – sia esso un piano del consumatore, un concordato minore o un accordo di ristrutturazione dei debiti – consente alla banca o all’altro creditore ipotecario di incassare, in termini di valore attuale (cioè tenendo conto del fattore tempo e del costo del denaro), una somma che risulti almeno pari, se non superiore, a quella che otterrebbe, secondo una stima realistica e prudente, dalla procedura di esecuzione forzata individuale o dalla partecipazione alla liquidazione controllata del patrimonio del debitore (considerando tutte le variabili rilevanti: probabili valori di realizzo all’asta, tempistiche medie delle procedure esecutive, costi diretti e indiretti della liquidazione, oneri fiscali, ecc.), allora il mantenimento dell’abitazione principale in capo al debitore (e la continuazione del rapporto di mutuo) non è più una mera concessione unilaterale, un atto di benevolenza o, peggio, una perdita secca per il creditore. Al contrario, si configura come una strategia win-win, reciprocamente vantaggiosa, che allinea gli interessi del debitore (mantenere la propria casa e risanare la propria posizione) con quelli del creditore (massimizzare il recupero del proprio credito in modo efficiente e tempestivo).

In questa prospettiva innovativa e strategicamente orientata, l’abitazione principale cessa di essere vista unicamente come un problema da risolvere, un “asset tossico” da liquidare il più rapidamente possibile (spesso a qualunque costo), e si trasforma, invece, in un vero e proprio asset negoziale strategico. Un elemento patrimoniale di valore attorno al quale è possibile, e spesso auspicabile, costruire un accordo di ristrutturazione del debito che sia sostenibile nel tempo per il debitore, trasparente nei suoi presupposti e verificabile nei suoi risultati attesi per i creditori. La consulenza specialistica e indipendente di Retefin.it è fondamentale in questa fase per aiutare sia il debitore a strutturare una proposta credibile, sia il creditore a valutarne appieno la convenienza, valorizzando l’abitazione come perno di una soluzione costruttiva e non come oggetto di una mera contesa liquidatoria.

La conservazione dell’immobile, all’interno di un piano di risanamento ben congegnato, realistico e giudizialmente approvato, offre infatti una serie di vantaggi tangibili e misurabili per il creditore ipotecario, che vanno ben oltre il semplice aspetto sociale:

 

Surroga mutuo

risparmia sostituendo il mutuo

  • Consente la continuità o la ripresa dei pagamenti del mutuo: Un flusso di cassa regolare e prevedibile, anche se rinegoziato, è spesso economicamente preferibile all’incasso una tantum, ma altamente incerto nei tempi e nell’ammontare, derivante da una vendita all’asta. Questo migliora la redditività del credito e riduce il rischio di perdite definitive.
  • Preserva il valore intrinseco della garanzia ipotecaria: Si evitano le tipiche e significative svalutazioni connesse alle procedure espropriative (che spesso stigmatizzano l’immobile sul mercato), alle aste deserte o alle aggiudicazioni a prezzi vili. Inoltre, si previene il degrado fisico dell’immobile che frequentemente consegue all’abbandono o alla mancanza di manutenzione durante le lunghe fasi di una procedura esecutiva. Un immobile abitato e curato mantiene meglio il suo valore.
  • Riduce drasticamente i tempi morti e l’incertezza del recupero forzato: I piani di ristrutturazione, una volta omologati, hanno tempi di attuazione e di recupero del credito più certi e, nella maggior parte dei casi, significativamente più brevi rispetto alle lungaggini e alle complessità burocratiche delle esecuzioni immobiliari, che possono durare anni.
  • Migliora il cash flow atteso per la banca e la qualità complessiva del credito a bilancio, con positivi riflessi sugli indicatori di performance e sui requisiti patrimoniali.
  • Elimina o attenua l’incertezza giudiziaria e il potenziale, significativo danno reputazionale connesso alle procedure di esecuzione immobiliare, specialmente quando queste riguardano prime case abitate da famiglie in situazioni di particolare vulnerabilità economica o sociale. Un approccio più costruttivo e meno aggressivo può migliorare l’immagine della banca e la sua relazione con la clientela e il territorio.

In questo scenario, il creditore ipotecario, da potenziale (e talvolta percepito come tale) antagonista del debitore, può e dovrebbe trasformarsi in co-architetto della soluzione, in un partner attivo nella definizione di un percorso di risanamento condiviso. Questo può avvenire anche attraverso una negoziazione flessibile e creativa che porti all’inserimento nel piano di strumenti accessori e migliorativi, quali, ad esempio: la concessione di pegni aggiuntivi su altri beni o crediti del debitore, l’intervento di terzi garanti (familiari, soci, altri enti) che apportino nuove risorse o fideiussioni, il rafforzamento delle garanzie esistenti, o la previsione di meccanismi di “equity kicker” o di condivisione di eventuali plusvalori futuri dell’immobile. Tutto dipende, naturalmente, dalla qualità intrinseca e dalla sostenibilità finanziaria della proposta iniziale, dalla trasparenza e completezza dell’istruttoria (dove il ruolo di un consulente terzo e indipendente come Retefin.it è cruciale nel fornire dati chiari, analisi approfondite e proiezioni verificabili) e, non da ultimo, dalla volontà effettiva delle parti di trovare un terreno d’intesa che vada oltre le mere posizioni di principio.

I gestori della crisi (gli Organismi di Composizione della Crisi – OCC), i liquidatori (nelle procedure liquidatorie), e i professionisti che assistono con competenza e deontologia sia i debitori che i creditori (come gli esperti consulenti di Retefin.it) hanno qui un ruolo decisivo e di grande responsabilità sociale ed economica: quello di facilitare la trasformazione di un problema patrimoniale complesso e spesso doloroso in un progetto finanziario condiviso, sostenibile e orientato al futuro. Un progetto in cui l’abitazione principale non è più vista solo come un bene da vendere per soddisfare, spesso parzialmente, i creditori, ma diventa il pilastro fondamentale su cui costruire la ripartenza economica e sociale del debitore e della sua famiglia e, al contempo, il soddisfacimento, il più possibile integrale e tempestivo, delle legittime ragioni dei creditori. La banca che partecipa attivamente, costruttivamente e con visione strategica a questo processo non solo massimizza le proprie possibilità di recupero del credito, ma rafforza anche la propria relazione fiduciaria con il territorio, la propria immagine di istituto di credito responsabile e attento alle dinamiche sociali, e il proprio ruolo propulsivo nell’economia reale.

L’abitazione, dunque, nel nuovo contesto normativo e culturale, non è più (o non dovrebbe più essere considerata) il punto debole del debitore da colpire per primo. Può e deve diventare, invece, il punto di partenza privilegiato per una soluzione sostenibile, equilibrata ed economicamente vantaggiosa anche, e talvolta soprattutto, per il creditore.

7. Conclusioni: Dalla Tutela del Debitore al Beneficio Condiviso – Il Ruolo Chiave e Imprescindibile della Consulenza Specializzata di Retefin.it

Il nuovo paradigma introdotto con coraggio e visione dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, e ulteriormente affinato dai suoi successivi interventi correttivi, pone con decisione l’abitazione principale del debitore sovraindebitato al centro di un sistema giuridico ed economico che non la considera più, aprioristicamente, un mero oggetto da sacrificare rapidamente sull’altare della liquidazione patrimoniale. Al contrario, la casa diventa il fulcro potenziale di soluzioni negoziate, intelligenti, creative e, soprattutto, economicamente convenienti per tutte le parti coinvolte. Le recenti e profonde riforme legislative non hanno, come alcuni osservatori inizialmente e forse frettolosamente temevano, indebolito in modo indiscriminato la posizione e le tutele dei creditori; piuttosto, hanno reso la gestione delle crisi da sovraindebitamento più sofisticata, più analitica e maggiormente orientata all’efficienza complessiva del sistema e alla conservazione dei valori (economici, sociali e familiari). Proteggere l’abitazione principale del debitore meritevole, quando ciò è economicamente sostenibile, tecnicamente fattibile e comparativamente vantaggioso rispetto all’alternativa liquidatoria, è oggi, prima ancora che un atto di equità sociale (pur importante), un atto di puro e semplice buon senso manageriale e di oculata gestione del rischio di credito. Un esempio di ciò è la prevenzione di costi sociali maggiori (come l’emergenza abitativa) che ricadrebbero sulla collettività.

Per gli istituti bancari, le società finanziarie, i servicer di crediti deteriorati e per tutti i creditori in generale, ciò significa la necessità e l’opportunità di abbracciare con convinzione una nuova stagione nella gestione attiva e strategica del credito, in particolare di quello deteriorato (NPL) o a elevato rischio di default (UTP). Una stagione che deve essere sempre più caratterizzata da:

  • Meno contenzioso legale sterile e costoso, più analisi approfondita dei casi, più dialogo e negoziazione costruttiva. Questo implica investire in competenze interne o avvalersi di consulenti esterni capaci di valutare i piani di risanamento con un approccio multidisciplinare.
  • Meno aste giudiziarie dagli esiti incerti e spesso deludenti, più piani di ristrutturazione del debito sostenibili, monitorati nel tempo e capaci di ripristinare la capacità di pagamento del debitore. Si pensi a piani che prevedano la vendita concordata di altri asset non strategici per ridurre il debito principale e rendere sostenibile il mutuo sulla prima casa.
  • Meno perdite a bilancio dovute a svalutazioni eccessive o a procedure di recupero infruttuose, più valore effettivamente recuperato attraverso soluzioni consensuali e tempestive. Questo si traduce in una migliore salute finanziaria per gli intermediari e una maggiore stabilità per il sistema. In una parola: più strategia proattiva e meno reazione passiva e standardizzata agli eventi di crisi.

Il messaggio che promana dal legislatore e dalla migliore prassi operativa per chi è chiamato a prendere decisioni cruciali sulla gestione dei crediti in sofferenza è chiaro, forte e inequivocabile: è necessario, oggi più che mai, ascoltare attivamente e senza pregiudizi il debitore meritevole che, spesso con grande difficoltà e umiliazione, si presenta con una proposta seria e documentata di risanamento; è indispensabile valutare con estrema attenzione e professionalità i numeri, i dati, le perizie e la documentazione che supportano tale proposta (avvalendosi, se necessario, di perizie e analisi tecniche indipendenti e di consulenti specializzati); ed è fondamentale partecipare proattivamente e con spirito costruttivo alla definizione e all’implementazione di soluzioni che, pur tutelando gli interessi del creditore, tengano conto della situazione complessiva del debitore e della sua famiglia. Perché, come dimostra ampiamente l’esperienza sul campo e la più elementare logica economica, quando si riesce a salvare un’abitazione attraverso un piano di sovraindebitamento ben strutturato, realistico e sostenibile, spesso si salva anche una porzione significativa, se non addirittura l’interezza, del credito stesso, evitando al contempo costi sociali e personali altrimenti inevitabili.

Il futuro del recupero crediti, specialmente nel delicato e socialmente sensibile ambito del sovraindebitamento che coinvolge l’abitazione principale, passa inevitabilmente e sempre più attraverso la capacità degli operatori di coniugare efficacemente la tutela della dignità della persona e della stabilità del nucleo familiare con il legittimo e necessario ritorno economico per i creditori. Oggi, finalmente, grazie a un quadro normativo più evoluto e a una maggiore consapevolezza da parte di tutti gli attori, gli strumenti giuridici e procedurali per raggiungere questo difficile ma virtuoso equilibrio ci sono e attendono solo di essere utilizzati al meglio.

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In questo contesto di profonda e continua trasformazione culturale, giuridica ed economica, emerge con prepotenza e chiarezza il ruolo insostituibile e strategicamente cruciale di una consulenza altamente specializzata, indipendente, professionale e orientata al risultato come quella offerta da Retefin.it. Navigare la crescente complessità del Codice della Crisi, comprendere appieno le implicazioni finanziarie, legali e fiscali di ogni scelta strategica, strutturare piani di risanamento che siano al contempo solidi dal punto di vista tecnico, credibili per i creditori e sostenibili per il debitore, negoziare efficacemente con tutte le parti coinvolte (banche, altri creditori, OCC, tribunale): sono tutte attività che richiedono competenze multidisciplinari elevate (legali, economiche, finanziarie, aziendalistiche), un aggiornamento professionale costante e un’esperienza consolidata sul campo. Retefin.it si pone con autorevolezza come partner strategico e di fiducia sia per i debitori (consumatori, piccoli imprenditori, professionisti) che cercano una via d’uscita dignitosa, legale e sostenibile dalla morsa del sovraindebitamento, sia per i creditori (istituti di credito, società di gestione del credito) che mirano a massimizzare il recupero dei propri crediti in modo efficiente, tempestivo e socialmente responsabile, minimizzando i rischi e i costi. Affidarsi a professionisti del calibro di quelli che compongono il team di Retefin.it significa, in ultima analisi, trasformare le ardue sfide poste dal sovraindebitamento in concrete opportunità di risanamento, di recupero e di creazione di valore, nell’interesse precipuo delle parti direttamente coinvolte e, più in generale, dell’intero sistema economico e sociale del Paese.





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