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Pnrr, agrivoltaico e monitoraggio – Bioenergie


L’agrivoltaico, secondo la definizione del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (Mite), è un “impianto fotovoltaico che adotta soluzioni volte a preservare la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale sul sito d’installazione”. Proprio sulla questione “continuità delle attività di coltivazione” e necessità di ottimizzare gli impianti in modo che produzione energetica e produzione agricola siano combinate e vadano avanti di pari passo, in una logica di consociazione, si sono concentrati diversi interventi di più conferenze che si sono svolte durante l’edizione 2025 di Macfrut a Rimini. In particolare la Fiera ha dedicato un’intera area all’agrivoltaico e all’Agrisolar Arena si sono susseguiti diversi incontri.

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Se è agrivoltaico anche un impianto a terra che destini almeno il 70% della superficie totale del sistema ad attività agricole, gli impianti incentivabili sono quelli che attuano un adeguato monitoraggio. Il sistema di monitoraggio che durerà per tutta la durata in cui si percepisce l’incentivo, è stato al centro della relazione di Nicoletta Muzio del Gestore Servizi Energetici (Gse). Fra l’altro, oltre ai fondi Pnrr, da poco è stato pubblicato sul sito del Mite il Decreto FER X Transitorio (30 gennaio 2025), dedicato alle energie rinnovabili e che riguarda anche la produzione d’energia in sistemi agrivoltaici. Il FER X Transitorio resta in vigore fino al 21 dicembre 2025 e ha una dotazione complessiva di 9,7 miliardi di euro. Gli impianti incentivabili infatti sono anche quelli agrivoltaici, e l’accesso è diretto, per impianti di potenza pari o inferiore a 1 MW, i cui lavori siano avviati dopo l’entrata in vigore del Decreto.

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Al momento c’è poi aperto il bando per i fondi residui da Pnrr, attraverso la Missione 2, Componente 2, Investimento 1.1. Da Pnrr si possono ottenere finanziamenti a fondo perduto in conto capitale fino al 40% delle spese ammissibili e incentivi sulla produzione netta di energia elettrica immessa in rete, per vent’anni. Fondamentale è però, appunto, l’attività di monitoraggio.

 

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Il monitoraggio che è stato implementato, ha spiegato Nicoletta Muzio, “è gerarchico. C’è un monitoraggio principale basato sulla continuità dell’attività agricola, che serve a garantire che vengano svolte sul terreno entrambe le attività e che i due sottoinsiemi del sistema si potenzino. Poi c’è un monitoraggio secondario che guarda a parametri ambientali e agronomici. È evidente – ha sottolineato – che la progettazione integrata della parte energetica e della parte agronomica non riguarda solo la fase iniziale ma va avanti per tutto l’esercizio”.

 

Sugli effettivi risultati che un impianto agrivoltaico porta alla produzione agricola e sulle criticità, c’è molto dibattito ma, di recente, durante il Primo Forum Nazionale sull’Agrivoltaico sono stati presentati dati d’impatto su rese agricole, gestione agricola e salute delle colture. Secondo i dati che arrivano da sperimentazioni di campo, la produttività della vite può aumentare fra il 15 e il 30%, le rese di lattughe e insalate possono aumentare del 10%, il consumo di acqua per il pomodoro da industria arriva a diminuire del 65%. Durante lo stesso incontro l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ha presentato alcuni risultati del progetto Value4Farm che ha evidenziato come le rese sotto impianto agrivoltaico di soia, mais e sorgo sono paragonabili o superiori rispetto al pieno sole.

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Se tutto ciò può rincuorare gli agricoltori, le regole per accedere e mantenere gli incentivi impongono di dimostrare appunto la continuità dell’attività e di monitorarla. Secondo le Regole Operative del DM Agrivoltaico (31 maggio 2024) dall’entrata in esercizio degli impianti e per tutto il periodo di incentivazione le aziende agricole devono tenere aggiornato il fascicolo aziendale e, se hanno avuto accesso agli incentivi tramite aste, hanno l’obbligo di essere iscritte e monitorate dalla Rica, la Rete di Informazione Contabile Agricola. Nell’anno di entrata in esercizio dell’impianto devono anche presentare una relazione agronomica asseverata, redatta da un professionista o da Caa che riguarda la gestione colturale (monitoraggio principale). La relazione andrà presentata poi ogni anno e fino al sesto anno si andrà a comporre la cosiddetta baseline di riferimento. Il monitoraggio secondario, da portare avanti attraverso sistemi tecnologici, riguarda invece il recupero della fertilità del suolo, il risparmio idrico, il microclima, la resilienza ai cambiamenti climatici. Ciò consentirà, è scritto proprio nelle Regole Operative, di “costruire un set di dati di supporto al fine di effettuare ulteriori valutazioni nel caso in cui si rilevino valori non in linea con quelli attesi”.

 

Infatti, il monitoraggio continuo (principale e secondario) potrebbe portare a situazioni in cui il Gse verifica che la continuità dell’attività agricola non è garantita o almeno non lo è ai livelli attesi, con conseguente avvio di un procedimento di verifica con sopralluogo. Dal settimo anno in avanti (quando si entra effettivamente in fase di normale esercizio), il Gse verifica con cadenza triennale la resa agricola. Se vengono riscontrate difformità, l’azienda agricola può perdere parte della tariffa incentivante per i successivi tre anni. “Dove ci siano scostamenti rilevanti rispetto ai parametri attesi – ha spiegato Nicoletta Muzio – si indaga sulle ragioni. C’è infatti un dialogo costante e un miglioramento continuo. Il Gse può impartire prescrizioni e, comunque, durante gli accertamenti è anche possibile che si scopra che gli scostamenti sono giustificati. Il modello è fatto in modo da garantire il rigore nell’assegnazione delle risorse, ma certi scostamenti rispetto ai valori attesi potrebbero non essere dovuti a cattiva gestione”. Alla verifica del successivo triennio è possibile ottenere nuovamente la tariffa piena oppure, nella peggiore delle ipotesi, si può arrivare anche alla decadenza delle tariffe incentivanti.

 

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Un ruolo fondamentale in questo processo di monitoraggio continuo per chi ha ottenuto fondi in conto capitale Pnrr e tariffe incentivanti, è quello assegnato alla Rica (obbligatorio per chi ha partecipato alle aste, facoltativo per chi ha avuto accesso tramite registri). La Rica è un’indagine campionaria annuale voluta dall’Unione Europea. Rappresenta l’unica fonte armonizzata di dati microeconomici sull’evoluzione dei redditi e sulle dinamiche economico-strutturali delle aziende agricole.

 

Il Crea Politiche e Bioeconomia, per l’Italia, è l’organo di collegamento tra l’Italia e la Commissione Ue. “Aderire alla Rica – ci ha spiegato Pierpaolo Pallara del Crea – è una grande opportunità per le aziende agricole. Non è infatti solo uno strumento di ricognizione ma anche di elaborazione delle informazioni raccolte attraverso regole precise. Gli agricoltori attraverso i propri tecnici raccoglieranno le informazioni con una metodologia consolidata, informaticamente sostenuta e quindi si avrà certezza della tipologia di informazione da raccogliere e del fatto che i dati siano archiviati per essere poi elaborati”.

 

Il vantaggio per chi aderisce è anche quello di avere un termine di confronto. Le imprese monitorate in Italia sono circa 11mila, ciò significa che in caso di scostamenti di rese da parte di una determinata azienda agricola, con la Rica si può capire se ciò è comparabile a ciò che sta succedendo, nella stessa area, ad aziende simili. Può essere quindi un utile strumento per giustificare al Gse risultati al di sotto delle attese.

 

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