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Il distacco dei lavoratori e la disciplina Iva


Con la recente circolare n. 5/E/2025, del 16 maggio scorso, l’Agenzia delle entrate interviene per fornire chiarimenti in merito all’applicazione dell’Iva per la casistica riguardante il distacco di lavoratori tra imprese, in specifico in relazione al caso di distacco in cui il distaccatario rimborsi, al distaccante, il solo costo puro da quest’ultimo sostenuto.

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La questione origina della novella normativa proposta ex articolo 16-ter, D.L. 131/2024, rubricato “Trattamento del prestito o distacco di personale agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto”, norma tesa ad adeguare le disposizioni nazionali alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’11 marzo 2020, causa C-94/19.

Tale disposizione ha, di fatto, abrogato quanto in precedenza indicato ex articolo 8, comma 35, L. 67/1988, il quale specificava come irrilevanti, ai fini Iva, i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali fosse versato solo il rimborso del relativo costo. Tale abrogazione decorre dal 1° gennaio 2025, per cui da tale data i distacchi di lavoratori, pur se con mero rimborso del costo del lavoro sostenuto dall’effettivo datore, dovranno essere assoggettati a Iva. Ciò ove siano presenti, naturalmente, tutti i presupposti per l’assoggettamento a tale imposta.

Stante la definizione di distacco posta ex articolo 30, DLgs. 276/2003, che coinvolge in genere datori di lavoro soggetti a Iva, in quanto esercenti attività di impresa, l’Agenzia delle entrate specifica come il requisito soggettivo di applicabilità dell’imposta sul valore aggiunto emerga senza alcun dubbio. Viene indicato, inoltre, che nel caso di un ente non commerciale il requisito soggettivo sarà soddisfatto solo nell’ipotesi in cui detto ente svolga anche attività di impresa, anche non prevalente, e se il distacco risulti operato nell’ambito di detta attività.

Ancor più rilevante la questione circa il requisito oggettivo di assoggettabilità ad Iva, considerato come la Corte UE abbia evidenziato essere sussistente il nesso diretto tra il distacco o prestito di personale, da un lato, e il pagamento del corrispettivo, dall’altro, quando le due prestazioni vengono a condizionarsi reciprocamente; ossia quando una prestazione è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra. Si tratta in sostanza, ai fini Iva, di una prestazione di servizi. La somma erogata dal distaccatario, quindi, dev’essere qualificata come corrispettivo, in quanto essenziale nel sinallagma contrattuale, ciò a prescindere dal suo ammontare. Non rileva, pertanto, se il pagamento vada semplicemente a ristorare il solo costo del lavoro sostenuto dal distaccante. In tal senso l’Agenzia delle entrate fa notare, inoltre, come “l’intero ammontare dello stesso costituisce la base imponibile di cui all’articolo 13 del decreto IVA”. Dunque solo qualora l’operazione venga effettuata a titolo gratuito, nel mero interesse d’impresa distaccante, la stessa è da considerarsi fuori dal campo di applicazione dell’Iva.

In relazione al requisito territoriale, viene evidenziata la necessità che entrambi i soggetti attivi del distacco risultino soggetti passivi Iva in Italia, mentre non è soggetto all’Iva il distacco di personale effettuato nei confronti di un committente/distaccatario, non soggetto passivo Iva, ciò anche qualora il prestatore/distaccante sia un soggetto passivo Iva stabilito in Italia.

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Per quanto concerne l’aspetto temporale, l’Agenzia delle entrate indica come la novella normativa sia applicabile ai contratti stipulati dal 1° gennaio 2025, ovvero a rinnovi espliciti o taciti di accordi stipulati in precedenza. La disciplina previgente, ex articolo 8, comma 35, L. 67/1988, resta quindi applicabile alle sole operazioni effettuate in base a contratti stipulati ante 2025. Ai fini della prova della data di stipula sarà necessario riferirsi ad atti aventi data certa, tra questi anche le comunicazioni obbligatorie al Ministero del lavoro.

Vengono fatti salvi i comportamenti adottati dai contribuenti, anteriormente al 1° gennaio 2025, se conformi alla decisione della Corte di Giustizia UE, quindi con applicazione dell’Iva anche in vigenza della previgente disposizione.

La circolare dell’Agenzia si premura di interessarsi anche alla casistica della codatorialità, istituto giuridico ben distinto dal distacco. In tale situazione operativa, l’ammontare degli oneri che venga addebitato pro quota alle imprese codatrici, in funzione dell’utilizzo dei lavoratori ad esse direttamente e analiticamente imputabile, costituisce una mera cessione di denaro non rilevante ai fini Iva. Tali conclusioni si ritengono applicabili a prescindere dalla forma giuridica della rete, istituita dalle imprese che hanno aderito alla codatorialità: sia, quindi, nel caso di adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese (c.d. rete-contratto), sia nel caso in cui le suddette imprese prevedano la creazione di un nuovo centro di imputazione, dotato di distinta e autonoma soggettività anche ai fini tributari (c.d. rete-soggetto).



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