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Terapie a misura di paziente grazie all’AI


L’apprendimento automatico sta trasformando la scoperta di molecole e accorciando i tempi della sperimentazione clinica.

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Si chiama DSP-1181 ed è stato il primo farmaco progettato con l’intelligenza artificiale. Ha completato la fase di scoperta in soli dodici mesi rispetto ai 4-5 anni canonici.

Insilico Medicine ha generato invece molecole candidate in un anno e mezzo, mentre BenevolentAI ha identificato il baricitinib come trattamento per Covid-19 in tre giorni. Ad aver elaborato lo studio più completo sulla produzione di farmaci con l’intelligenza artificiale generativa è la società di consulenza Boston Consultingm che ha appena stimato come ci siano circa 65 molecole ispirate all’AI attualmente in fase di sperimentazione umana.

Circa un terzo di queste si trova nella seconda fase degli studi clinici, in cui il farmaco viene testato per verificarne l’efficacia e gli effetti collaterali. Le aziende devono poi decidere se procedere con i più costosi studi di fase tre su una popolazione più ampia. Meno di un terzo dei candidati farmaci fa questo salto. Nel corso del 2025, i risultati di questa seconda fase cruciale saranno comunicati per più di mezza dozzina. Alcuni progettati dall’intelligenza artificiale si sono già arenati.

BenevolentAi ed Exscientia, due promettenti startup britanniche, hanno recentemente riportato risultati deludenti negli studi clinici per i loro farmaci contro l’eczema e il cancro. Nonostante queste battute d’arresto, Christoph Meier, partner nella divisione Pharma di Boston Consulting, ritiene che i metodi basati sull’intelligenza artificiale potrebbero raddoppiare la produttività della ricerca e sviluppo. E sembra probabile che quattro o cinque trattamenti sviluppati dall’AI possano passare alla fase tre di sperimentazione nel 2025.

Una ricerca condotta da Andreas Bender dell’Università di Cambridge dimostra che riducendo di appena il 20% i fallimenti nella seconda fase di sperimentazione si potrebbero risparmiare quasi 450 milioni di dollari sullo sviluppo di un singolo farmaco.

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Negli ultimi due decenni, d’altronde, lo sviluppo farmaceutico è stato trasformato da innovazioni tecnologiche e dall’introduzione della genomica clinica che ha portato poi alla GenAI multimodale.

È noto come lo sviluppo di un farmaco sia un processo complesso e costoso. La probabilità di successo ha conseguenze dirette sulla produzione e sull’accesso dei pazienti a cure innovative. Negli anni 60, 1 miliardo di dollari (ai prezzi del 2008) spesi in ricerca e sviluppo (R&S) produceva circa dieci nuovi farmaci. Oggi lo stesso miliardo di dollari non è sufficiente per produrne nemmeno uno.

In media, oggi ci vogliono dieci anni e più di due miliardi di dollari per sviluppare un farmaco dall’inizio alla fine. Anche i rischi sono elevati: meno di un decimo dei candidati farmaci che entrano in sperimentazione clinica viene approvato dalle autorità di regolamentazione.

Nell’ultimo decennio la Fda americana, l’Authority di approvazione dei farmaci, ha approvato in media solo 53 preparati all’anno. Nella scoperta i ricercatori identificano bersagli biologici (i cosiddetti target), sviluppano molecole e le testano su pazienti con specifiche caratteristiche cliniche. Già nella selezione dei pazienti, la disponibilità e qualità dei dati è un primo importante ostacolo.

Le sperimentazioni cliniche, in tre fasi, coinvolgono migliaia di pazienti per valutare sicurezza, efficacia e tollerabilità, con ulteriori complessità legate ai requisiti regolatori. Per malattie gravi come il cancro, questi tempi rappresentano una barriera critica, spingendo l’industria ad introdurre soluzioni tecnologiche per accelerarne il processo.

La probabilità che un farmaco arrivi sul mercato è inferiore al 10%, con la maggior parte dei fallimenti che avvengono nelle fasi cliniche. I fallimenti, a cascata, aumentano i costi e rallentano il progresso scientifico, ritardando le cure per i pazienti.

La genomica ha un ruolo chiave nello sviluppo di farmaci basato sull’AI, grazie alla sua capacità di guidare la personalizzazione delle terapie e identificare target terapeutici validi. Utilizzando dati genomici, è possibile stratificare i pazienti in modo preciso, migliorando le probabilità di successo nelle successive fasi della sperimentazione. Consente di correlare varianti genetiche con obiettivi clinici. Supporta anche la medicina di precisione, identificando pazienti che rispondono meglio a specifiche terapie e ottimizzando il rapporto rischio-beneficio.

I Biomarcatori genetici, ad esempio, sono utilizzati per progettare studi clinici più mirati, riducendo il numero di partecipanti necessari e aumentando l’efficacia complessiva.

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L’integrazione dei dati genomici con altre fonti cliniche, automatizzata tramite l’intelligenza artificiale generativa, permette di generare insight più accurati e prevedere eventi avversi, aumentando la sicurezza delle terapie. Tuttavia, la complessità e la quantità di dati richiedono strumenti avanzati, e le questioni etiche, come la tutela della privacy, devono essere affrontate con attenzione.

L’interesse verso i modelli generativi in ambito farmaceutico ha raggiunto il livello di attenzione più alto con l’assegnazione dei premi Nobel per Demis Hassabis e John Jumper per l’AlphaFold che è in grado di predire le strutture proteiche. Le collaborazioni tra industria, accademia e autorità stanno accelerando l’integrazione.

L’articolo originale è stato pubblicato sul numero di Fortune Italia del maggio 2025 (numero 4, anno 8)



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