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Dalla nautica alle auto tra Napoli e Tunisia il ponte dello sviluppo


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Pasquale Palescandolo, nolano, imprenditore di seconda generazione, alla guida dell’omonimo gruppo siderurgico nato 70 anni fa e da un quarto di secolo specializzato nelle travi saldate per la costruzione delle grandi navi, non ha dubbi: «La stragrande maggioranza degli scafi più imponenti che solcano oggi i mari del mondo – dice – è nata grazie alle nostre produzioni, specie dopo l’apertura del secondo stabilimento a Bizerte, in Tunisia. Abbiamo trovato manodopera qualificata e disponibile e burocrazia zero».

Anche Simona La Marca, responsabile finanziaria di Nolanplastica, azienda di packaging di Saviano che in Tunisia ha aperto due siti (Bizerte e Menzel Bourguiba) è più che soddisfatta dell’investimento: «Le relazioni con la comunità locale sono eccellenti, siamo impegnati da tempo anche in iniziative di carattere sociale e culturale», sottolinea l’imprenditrice. Esperienze positive pure per Francesco Schettino di LSM (arredi per gli interni delle auto, 1500 dipendenti in vari Paesi partendo dalla Campania), produzione completamente esportata, che a Tunisi ha fondato Sage, filiale del Gruppo: «Scelta vincente, ma ci occorrerebbero più navi di quelle disponibili da parte della Tunisia per far fronte alle nostre esigenze di mercato», osserva.

Cavalieri del lavoro, Sergio Mattarella premia le imprese campane

Il piano Mattei 

Le tre testimonianze di Pmi campane ascoltate durante l’incontro organizzato a Napoli da Confindustria Campania, guidata da Emilio De Vizia, per presentare le opportunità del mercato tunisino agli imprenditori della città e della regione si commentano da sole. Nel senso che si capisce perfettamente perché da anni sono un migliaio le aziende italiane presenti nel Paese (con circa 80mila dipendenti). E perché il Piano Mattei, lanciato dal Governo un anno fa sulla base di un partenariato paritario che ha coinvolto finora 14 nazioni africane, sia partito proprio da qui, anche in virtù del fatto che l’Italia è il secondo partner commerciale di Tunisi. «Abbiamo in comune una grande dote, la stabilità politica, che è un valore decisivo anche qui, nel lato Sud del Mediterraneo», dice l’ambasciatore in Italia Mourad Bourehla, alla guida di una delegazione molto rappresentativa del sistema economico locale (tra gli altri, il presidente della Camera di commercio Tunisia-Italia, i presidenti delle società di promozione agli investimenti, il vice CEO della Banca internazionale di Tunisi che fa capo ad un importante istituto del Kuwait). «Il Piano Mattei si conferma decisivo per l’intera area euromediterranea – dice da remoto Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e delegato di Confindustria per il Piano stesso – confermando come il ruolo dell’Italia sia sempre più fondamentale in questo contesto». Questione di empatia e di affinità culturali, dice Gozzi («In Tunisia ci sentiamo a casa», spiega l’industriale ligure) mentre l’ambasciatore riconosce che «la Campania è un polo industriale di primaria importanza per la Tunisia». Parole che non sfuggono all’assessore regionale alle attività produttive e al lavoro, Antonio Marchiello: «In Campania abbiamo puntato sulle Academy di filiera per garantire agli imprenditori la migliore qualità della formazione nella ricerca del personale», spiega. E non c’è dubbio che proprio la formazione, nell’ampio spettro dei possibili, ulteriori investimenti italiani in Tunisia, sia un tema centrale: «In Tunisia l’Ance (l’Associazione dei costruttori, ndr) sta elaborando un piano formativo per 2mila giovani della filiera edile mentre Fincantieri punta sui saldatori. Poi toccherà anche a noi di Federacciai», insiste Gozzi, riferendosi all’esigenza di manutentori meccanici che in Italia si fa fatica a trovare.

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Gli investimenti

Certo, le condizioni del mercato del lavoro in Tunisia sono sicuramente molto convenienti (il salario minimo/medio oscilla tra 110 e 260 euro, più basso di Marocco, Bulgara e Cina (in quest’ultimo caso il range è tra 180 e 350 euro). E le condizioni di fiscalità per chi investe nelle 25 zone di sviluppo regionale, disseminate nel Paese, con significative detrazioni tributarie, sono motivi strategici per investire. Ma è soprattutto la grande partita dell’energia a rendere strategico il rapporto con l’Italia: puntuale il riferimento, nell’iniziativa di Confindustria Campania, ad Elmed, il grande elettrodotto sottomarino che sarà costruito tra i due Paesi e rappresenterà il primo caso di fornitura di corrente continua tra i due continenti, utilizzando le fonti rinnovabili largamente presenti in Tunisia. Il progetto, curato da Terna e dalla società energetica locale, è ormai in fase di ultimazione, assicura Gozzi: 900 milioni di spesa, 300 dei quali assicurati dall’UE. I cavi che attraverseranno il Canale di Sicilia per circa 200 km assumeranno anche un valore geoeconomico e politico strategico. E ancora una volta ribadiranno la centralità dell’Italia e del Mezzogiorno come ponte tra Europa e Africa, obiettivo che travalica le esigenze energetiche e che con il Piano Mattei è diventato necessario e inevitabile. Per noi e per loro.





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