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Crisi welfare: l’allarme di AGCI Sicilia sulle cooperative


AGCI Sicilia: «Servizi essenziali a rischio, cooperative stritolate da ritardi e contratti inapplicati»

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Palermo – Cooperative sociali sull’orlo del baratro: costrette a lavorare senza garanzie, con stipendi incerti e bilanci in caduta libera. Il presidente di AGCI Sicilia, Michele Cappadona, accusa: «Un’emergenza nazionale nel silenzio generale. Il welfare rischia il blackout».

Un sistema che scricchiola: «E nessuno ascolta»

C’è un’onda lunga che parte dalla Sicilia ma che investe tutta l’Italia. È la crisi profonda delle cooperative sociali: quelle che ogni giorno, tra mille difficoltà, si prendono cura di chi ha più bisogno — disabili, anziani, bambini, famiglie fragili. Adesso, però, sono loro a chiedere aiuto.

Michele Cappadona, presidente di AGCI Sicilia, non usa giri di parole: «Stiamo affondando e nessuno ci tende la mano». A metterle in ginocchio, è una combinazione letale: l’applicazione del nuovo Contratto Collettivo Nazionale del settore socio-sanitario — entrato in vigore nel febbraio 2024 — e il mancato adeguamento delle tariffe da parte della pubblica amministrazione.

Il paradosso del contratto: tutela o trappola?

«Il nuovo CCNL avrebbe dovuto rappresentare un passo avanti per i lavoratori. Ma senza copertura economica, diventa il colpo finale per le cooperative», denuncia Cappadona. Il nodo è semplice quanto drammatico: le nuove condizioni, giuste e attese da anni, non sono state accompagnate da un riallineamento delle rette da parte di Comuni, ASP e Regioni. Risultato? Le cooperative non riescono a emettere fatture, i pagamenti si bloccano, i servizi rischiano di saltare.

Nel frattempo, migliaia di operatori attendono lo stipendio. E se salta il DURC, il documento che attesta la regolarità contributiva, si blocca tutto: bandi, appalti, convenzioni. Un cortocircuito che fa male a tutti.

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Numeri e volti: 400.000 lavoratori sospesi nel vuoto

Non parliamo di una nicchia. Le cooperative sociali in Italia impiegano circa 400.000 persone. «Ma è come se non esistessimo», accusa Cappadona. Il costo del lavoro, che in certi servizi arriva a pesare fino al 90% del totale, rende impossibile far quadrare i conti senza tariffe adeguate. E intanto, i Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), previsti dalla Costituzione e ribaditi dalla legge 328/2000, restano lettera morta.

Sicilia, cartina al tornasole di un’emergenza nazionale

Qui, dove la prossimità territoriale è vitale e dove ogni servizio sociale rappresenta un presidio contro la marginalità, la crisi assume contorni ancora più drammatici. Ritardi nei pagamenti, totale assenza di risorse dedicate, indifferenza istituzionale. E mentre il dibattito politico si concentra sull’autonomia differenziata, nei territori si spegne l’unico welfare reale rimasto.

«Ogni mese di ritardo ci costa debiti che non possiamo sostenere», aggiunge il presidente. «E intanto le famiglie restano senza aiuti, i centri chiudono, gli operatori se ne vanno. Ma di questo non si parla».

Le richieste: fondo di garanzia e Osservatorio regionale subito

AGCI Sicilia chiede l’immediata attivazione di:

  • Un Fondo nazionale di garanzia per evitare il collasso.
  • Linee di credito agevolate dedicate alle cooperative sociali.
  • Il coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti per aiutare i Comuni in difficoltà a onorare i propri impegni.

Ma c’è anche un fronte regionale, su cui Cappadona batte da tempo: la creazione dell’Osservatorio paritetico sugli appalti e gli accreditamenti, già previsto dal CCNL ma mai attivato. Uno strumento fondamentale per controllare le gare, segnalare anomalie e garantire trasparenza.

Il futuro? Appeso a un filo

«Non chiediamo elemosine, chiediamo solo che vengano rispettati i contratti e garantiti i servizi ai cittadini», conclude Cappadona. «Non è solo una battaglia economica, è una questione di civiltà. Se salta questo sistema, sarà troppo tardi per pentirsene».

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