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Mutui alti nonostante il taglio dei tassi Bce, gli scenari fino al 2030


Nonostante la decisione della Banca Centrale Europea di iniziare a ridurre i tassi di interesse, i mutui casa in Italia restano elevati. Lo confermano sia l’ultima relazione annuale della Banca d’Italia, sia uno studio pubblicato dalla BCE. Le rate continueranno a pesare sulle famiglie, con un impatto diretto sul potere d’acquisto almeno fino al 2030.

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Ma perché i tassi sui mutui restano alti se la BCE sta tagliando quelli ufficiali? La risposta sta nei tempi di trasmissione della politica monetaria al mercato. In particolare in Italia, dove è ancora diffusa la formula del tasso variabile, le famiglie a reddito medio-basso stanno subendo più di altre gli effetti della stretta iniziata nel 2022.

Nuove erogazioni in calo

Secondo quanto rilevato dalla Relazione annuale 2024 di Bankitalia, il tasso medio sui nuovi mutui per l’acquisto di abitazioni ha raggiunto il 4,4%, in netto rialzo rispetto all’anno precedente. Si tratta di un aumento di oltre 1,5 punti percentuali in meno di due anni, che ha inciso in maniera significativa sul costo del credito per le famiglie italiane.

Contemporaneamente, le nuove erogazioni di mutui si sono ridotte di molto, con un calo su base annua pari al 30%. Un ulteriore elemento critico riguarda la distribuzione dei tassi, tra tasso variabile (che si è ridotta nel complesso al di sotto del 10%) e quelli a tasso fisso.

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I mutui a tasso variabile restano più diffusi tra i nuclei a reddito medio-basso, ma sono più esposti alle oscillazioni.

Perché i tassi salgono anche se la BCE li abbassa

Nonostante la BCE abbia interrotto la stretta monetaria e ci sia un nuovo taglio dei tassi previsto a giugno, i tassi dei mutui continuano a crescere.

Il motivo, spiegano gli analisti della Banca Centrale Europea, è legato alla lenta sostituzione dei vecchi prestiti a tasso basso con nuovi finanziamenti a condizioni più onerose. Questo fenomeno crea un effetto ritardato, per cui i tassi medi continuano a salire anche dopo l’inversione della politica monetaria.

I mutui a tasso fisso, in tutta Europa, hanno registrato una lieve risalita, passando dal 2,82% al 3,00% nello stesso periodo. Al contrario, i mutui a tasso variabile hanno beneficiato maggiormente del calo dell’Euribor, scendendo dal 3,69% al 3,29%.

In Italia, invece, la quota di mutui a tasso variabile (circa il 25%) è superiore alla media dell’Eurozona, rendendo il sistema più sensibile alle decisioni della BCE.

Le famiglie con meno risorse economiche, che spesso optano per soluzioni variabili per contenere i costi iniziali, risultano essere le più penalizzate.

Scenario al 2030: rischio stagnazione

Secondo lo studio BCE, gli effetti dell’inasprimento monetario non si esauriranno a breve. Anche con altri tagli dei tassi ufficiali, i mutui resteranno costosi a lungo. Il motivo è sistematico, come abbiamo già descritto, ma questo cosa comporta?

La previsione è che i mutui restino più pesanti fino al 2030, incidendo soprattutto sui bilanci delle famiglie a reddito medio-basso. In parallelo, si prevede un calo strutturale dei consumi interni: quasi una famiglia su due con un mutuo dichiara di voler contenere le spese nel 2025 e questo trend potrebbe estendersi per diversi anni.

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