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L’allarme di Panetta: “I dazi costano un punto alla crescita mondiale”




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Nelle sue “Considerazioni finali”, il governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, traccia un quadro inquieto dell’economia globale, segnata da profonde trasformazioni nei rapporti di forza tra le economie mondiali. “Nel 2000 le economie del G7 generavano quasi metà del Pil mondiale, oggi meno di un terzo”, osserva, sottolineando come “il peso acquisito dalle economie emergenti non poteva non alterare l’equilibrio esistente”.

Il nuovo scenario globale ha accompagnato una globalizzazione che “ha sollevato oltre due miliardi di esseri umani dalla povertà; ma non tutti ne hanno tratto pienamente vantaggio”, generando un “disincanto diffuso” e alimentando “dispute commerciali”, che Panetta interpreta come “il sintomo di un logoramento dei rapporti politici ed economici internazionali che ha radici profonde”.

In questo contesto, le politiche protezionistiche adottate dagli Stati Uniti — in particolare l’imposizione di dazi — rischiano di “ridurre il commercio internazionale di circa il 5 per cento”, contribuendo a “una riconfigurazione delle filiere produttive globali” e spingendo verso “un sistema di scambi meno integrato e meno efficiente”.

Il governatore mette in guardia da una “crisi profonda degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni”, avvertendo che “le politiche protezionistiche stanno spingendo l’economia mondiale su una traiettoria pericolosa”. A essere minacciata non è solo la libertà degli scambi, ma anche “la struttura del sistema monetario internazionale, oggi incentrato sul dollaro”, insieme alla libertà di movimento dei capitali, delle persone e delle idee, con effetti deleteri su innovazione e prosperità condivisa.

“Lo stesso ruolo del dollaro come architrave del sistema monetario internazionale è messo in dubbio”, rileva Panetta, mentre “il sistema multilaterale che cercava di risolvere i problemi in base a regole condivise, accogliendo le istanze comuni, è in crisi”. Al suo posto, “si sta imponendo un ordine multipolare in cui aumenta il peso dei rapporti di forza”.

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Gli effetti dei dazi

L’inasprimento delle tensioni commerciali rappresenta un rischio concreto per l’economia globale. Secondo Panetta, “l’inasprimento delle barriere doganali potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio”, con un impatto particolarmente rilevante negli Stati Uniti dove “l’effetto stimato è circa il doppio”. I dazi, infatti, “potrebbero comportare una minore domanda di lavoro e un aumento delle pressioni inflazionistiche, in una fase già caratterizzata da aspettative di inflazione in rialzo”. Inoltre, “stanno incidendo negativamente sulla fiducia di famiglie e imprese, con possibili ripercussioni su consumi e investimenti”. L’instabilità generata da “il susseguirsi di annunci, smentite e revisioni” contribuisce a “alimentare incertezza e volatilità sui mercati”, in un contesto in cui “è improbabile che l’innalzamento delle barriere doganali riesca a correggere l’ampio disavanzo commerciale degli Stati Uniti”, legato a squilibri strutturali interni. Il pericolo, più profondo, è che “il commercio, da motore di integrazione e dialogo, si trasformi in una fonte di divisione, alimentando l’instabilità politica e mettendo a repentaglio la pace”.

Lo strapotere di Big Tech

Accanto al commercio di beni, Panetta pone l’accento sulla crescente centralità dei servizi, che “dalla crisi finanziaria globale in poi, ha registrato una crescita superiore a quella degli scambi di beni”, fino a rappresentare “il 15 per cento del PIL mondiale, un quarto del commercio complessivo e un terzo degli scambi all’interno delle filiere produttive globali”. Anche nei beni, la componente dei servizi — come “il marketing, il design e l’assistenza post-vendita” — incide in misura crescente sul valore aggiunto. Il Governatore sottolinea come “il commercio di servizi può rappresentare un potente motore di crescita della produttività”, ma avverte che per rendere sostenibile questa transizione servono “sistemi di protezione sociale e investimenti mirati nel capitale umano”, così da tutelare “i lavoratori più esposti ai cambiamenti tecnologici”. Un ulteriore rischio, avverte Panetta, deriva dalla “concentrazione di potere in poche grandi imprese globali, che guidano l’innovazione tecnologica, controllano enormi volumi di dati e minacciano la concorrenza”. Il solo valore delle prime sette aziende tecnologiche statunitensi “supera oggi i 15.000 miliardi di dollari”: serve quindi “un’efficace regolamentazione che tuteli i diritti dei consumatori, la pluralità dell’informazione e la concorrenza, senza soffocare l’innovazione”.

Importante ridurre il debito

Infine, Panetta richiama l’attenzione sul peso crescente del debito pubblico: “negli ultimi quindici anni il rapporto tra debito pubblico e Pil a livello globale è aumentato sensibilmente, con un’accelerazione marcata nelle due maggiori economie mondiali”. Di fronte alla fragilità di molti paesi poveri, è necessario “rafforzare il meccanismo introdotto dal G20 per agevolare la ristrutturazione del debito”, ancora poco utilizzato a causa di “ostacoli procedurali”. Una “cooperazione più efficace tra gli attori coinvolti” è indispensabile per superare le “contrapposizioni tra paesi” e offrire “prospettive di benessere a oltre un miliardo di persone”. Ma la questione riguarda anche le economie avanzate, che devono “ridurre il peso del debito sul Pil per liberare risorse da destinare allo sviluppo”.

Panetta auspica “politiche in grado di rilanciare la crescita attraverso riforme, innovazione e istruzione”, da accompagnare con “un percorso di consolidamento fiscale che sia a un tempo credibile e graduale”. Tuttavia, chiarisce, “l’equità è una condizione imprescindibile per il successo di qualsiasi strategia di risanamento”, perché “senza consenso sociale, nessuna politica fiscale può dirsi sostenibile nel lungo periodo”.



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