Nelle considerazioni finali della Relazione annuale della Banca d’Italia a Palazzo Koch, a Roma, il governatore Fabio Panetta ha posto l’accento sul rapido deterioramento del quadro economico internazionale, individuando nelle politiche protezionistiche degli Stati Uniti il “principale fattore scatenante” di una “crisi profonda degli equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni”. L’escalation di barriere doganali, ha avvertito, “potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale nell’arco di un biennio” e sta “spingendo l’economia globale su una traiettoria pericolosa”. I dazi attualmente in vigore rischiano di ridurre il commercio internazionale di circa il 5%, innescando una riconfigurazione delle filiere produttive globali che renderebbe il sistema di scambi “meno integrato ed efficiente”. L’annuncio di dazi elevati, ha osservato Panetta, sembra essere utilizzato come leva negoziale, ma si tratta di una strategia che “può comportare effetti difficili da prevedere e da gestire”, e il susseguirsi di annunci e revisioni “alimenta incertezza e volatilità”.
Gli effetti delle politiche protezionistiche, tuttavia, non si limitano alla sfera commerciale. Esse “rischiano di travalicare la sfera commerciale, alterando la struttura del sistema monetario internazionale, oggi incentrato sul dollaro, e limitando i movimenti dei capitali”. Panetta ha sottolineato come, diversamente dal passato, i titoli pubblici statunitensi a lungo termine e il dollaro si siano deprezzati, sollevando “interrogativi sull’assetto futuro del sistema monetario internazionale e sul ruolo centrale della divisa americana come valuta di riserva e di denominazione degli scambi commerciali”. Le conseguenze potrebbero spingersi “oltre, frenando la circolazione di persone, idee, conoscenze“.
A lungo termine, l’indebolimento della cooperazione globale, anche in campo scientifico e tecnologico, ridurrebbe gli incentivi all’innovazione e ostacolerebbe il progresso, compromettendo i presupposti stessi della prosperità condivisa. Ma il rischio più profondo, ha concluso Panetta su questo punto, è che “il commercio, da motore di integrazione e dialogo, si trasformi in una fonte di divisione, alimentando l’instabilità politica e mettendo a repentaglio la pace“. Le attuali dispute commerciali non sono un malessere temporaneo, ma “il sintomo di un logoramento dei rapporti politici ed economici internazionali che ha radici profonde”, che accelera una riconfigurazione degli scambi già in atto. Nel contesto statunitense, l’effetto stimato dei dazi è circa il doppio di quello globale. Potrebbero comportare minore domanda di lavoro e aumento delle pressioni inflazionistiche, oltre a incidere negativamente sulla fiducia di famiglie e imprese. Un altro rischio segnalato dal governatore deriva dalla concentrazione di potere in poche grandi imprese globali. È sorprendente, osserva ancora, che le dispute commerciali si concentrino sui beni, nonostante un ampio surplus statunitense nei servizi, specie digitali.
Sul fronte delle prospettive economiche globali, Panetta ha ricordato che l’incertezza sulle politiche commerciali “ostacola la pianificazione delle imprese e ne innalza i costi di finanziamento“. Le previsioni di crescita sono state abbassate da Fmi e Commissione europea, attestandosi per il prossimo biennio “a meno del tre percento, ben al di sotto della media dei decenni scorsi”. Mentre i prezzi dell’energia sono diminuiti e l’euro si è rafforzato, contribuendo in un contesto di crescita debole e intensa concorrenza a comprimere le dinamiche dei prezzi al consumo, e le aspettative indicano un ritorno dell’inflazione sotto il 2%, Panetta ha avvertito che si tratta di un quadro economico “non ancora definito“. Un ulteriore apprezzamento dell’euro, un aumento dell’incertezza o condizioni finanziarie più restrittive potrebbero amplificare l’effetto recessivo dei dazi. La fiducia degli investitori resta labile. Infine, riguardo all’Italia, il governatore ha visto “segni di vitalità”, ma ha lanciato un monito: “Siamo solo all’inizio: il debito resta elevato, i bilanci siano prudenti”. Ha inoltre segnalato che i salari sono ancora sotto i livelli del 2000, evidenziando la necessità di innovare, e ha sollecitato un intervento urgente sui costi dell’energia. Bankitalia, infine, si è chiamata fuori dal risiko bancario, indicando che “decide il mercato”.
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