A quattro anni dallo scoppio della pandemia, l’occupazione femminile in Umbria resta segnata da profonde asimmetrie. Il convegno “Il passo pari: lavoro ed equilibrio di genere in Umbria”, tenutosi il 28 maggio a Palazzo Donini, ha offerto uno spaccato dettagliato sulla condizione lavorativa delle donne umbre, grazie alla presentazione di tre ricerche promosse dalla Regione e dall’Agenzia Umbria Ricerche.
Donne e lavoro in Umbria, i dati parlano chiaro: dopo il Covid il gender gap si è ampliato
I dati rivelano una situazione ancora lontana dalla parità. Le donne umbre sono impiegate in misura prevalente nei settori del turismo, del commercio e dei servizi, ambiti più vulnerabili alle crisi e caratterizzati da maggiore precarietà contrattuale. Nel post Covid, infatti, è diminuita sensibilmente la percentuale di contratti a tempo indeterminato per le lavoratrici. In particolare, il momento della maternità segna spesso un punto di svolta negativo: molte donne, dopo il primo figlio, si trovano costrette ad accettare lavori a termine, più flessibili ma anche più instabili, con il rischio concreto di una dipendenza economica e psicologica all’interno della famiglia.
Uno scenario che non riguarda solo il singolo individuo, ma l’intera struttura sociale e produttiva, che perde in termini di potenzialità e competitività ogni volta che esclude o limita il contributo femminile. Le implicazioni economiche del gender gap sono infatti ben documentate anche a livello nazionale e internazionale: ridurre le disuguaglianze di genere nel lavoro ha effetti positivi sul PIL, sull’innovazione e sulla coesione sociale.
Il gender gap nelle imprese umbre, tra soffitto di cristallo e part-time forzato
Una delle indagini più significative, “Occupazione maschile e femminile nelle imprese umbre”, ha fotografato la realtà delle aziende con oltre 50 dipendenti nel biennio 2022-2023. Le differenze tra uomini e donne sono ancora marcate: ruoli apicali prevalentemente maschili, retribuzioni inferiori per le donne, maggiore incidenza del part-time non scelto e assenze dovute alla cura familiare che gravano quasi esclusivamente sul genere femminile.
Nonostante una lieve tendenza al riequilibrio rispetto alla rilevazione precedente, il quadro resta critico. Come ha evidenziato la consigliera di Parità della Regione Umbria, Rosita Garzi, “le statistiche ci dicono che c’è ancora disparità in termini di partecipazione al lavoro, di gap salariale e di occupazione in figure apicali“. Il cosiddetto soffitto di cristallo continua a ostacolare le carriere femminili, nonostante le competenze e la preparazione siano spesso paragonabili, se non superiori, a quelle maschili.
Verso un nuovo equilibrio tra vita e lavoro: le proposte dal territorio
Il terzo documento presentato, ancora in fase di completamento, raccoglie i risultati di focus group e interviste condotte sul territorio. Emergono bisogni diffusi legati alla difficoltà di conciliare tempi di vita e lavoro, soprattutto per chi si occupa della cura di figli o anziani. Le proposte che ne derivano puntano su politiche di welfare aziendale e su strumenti concreti di supporto alla genitorialità condivisa.
“Dobbiamo lavorare per cercare di raggiungere una parità di genere giusta per una società più equa, più sostenibile e anche più forte” ha dichiarato l’assessora regionale Simona Meloni, sottolineando il valore dell’emancipazione economica femminile come chiave per uscire da situazioni di disagio e dipendenza. È in questa direzione che la Regione ha già avviato iniziative concrete, tra cui l’ampliamento dei fondi ai centri antiviolenza e l’estensione della copertura territoriale nelle zone sociali prima sprovviste di servizi dedicati.
Un futuro più inclusivo passa dal lavoro
Il lavoro, ribadiscono i ricercatori e le istituzioni presenti al convegno, non è solo un mezzo di sussistenza ma uno strumento essenziale di autodeterminazione. Investire sulla parità di genere nel mondo lavorativo significa rafforzare l’intero tessuto sociale ed economico della regione.
Per rendere possibile questo passo avanti, è necessario continuare a monitorare i dati, coinvolgere il tessuto produttivo e attivare sinergie tra istituzioni, imprese e società civile. Solo così si potrà davvero superare il divario di genere e costruire un’Umbria più giusta, coesa e resiliente. Il convegno di Palazzo Donini rappresenta solo un primo passo, ma l’attenzione dimostrata dai diversi attori istituzionali e accademici fa ben sperare per l’attuazione di politiche concrete ed efficaci sul lungo periodo.
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