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Il rischio di deindustrializzazione in Italia, orsini di confindustria lancia l’allarme sulla politica energetica e fiscale


L’industria italiana si trova in una situazione critica. Il presidente di confindustria, emanuele orsini, ha ricordato martedì a bologna, durante l’assemblea annuale, come il nostro paese e l’Europa siano avviati verso la deindustrializzazione. La discussione si è concentrata su ostacoli di natura politica ed economica che mettono a rischio le imprese italiane, soprattutto in relazione ai costi dell’energia e alla pressione fiscale. Nicola rossi, ex professore di economia a roma tor vergata, ha sottolineato la necessità di creare condizioni più favorevoli al lavoro delle imprese.

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L’industria italiana e il rischio deindustrializzazione

Orsini ha evidenziato problemi concreti per l’industria nazionale, legati a una struttura economica sempre più debole nel confronto con altri paesi europei. Questo rischio non nasce solo dalla concorrenza globale ma anche dalla politica comunitaria che, secondo lui, impone vincoli e regole che limitano le aziende italiane. Nel corso dell’assemblea si è parlato soprattutto di come gli attuali interventi europei, in particolare quelli relativi alla transizione energetica, possano mettere in difficoltà le imprese manifatturiere.

La proposta di nicola rossi

Nicola rossi, intervenuto nel dibattito, ha insistito sul fatto che l’unico modo per evitare una perdita definitiva di capacità industriale sia consentire agli imprenditori maggiore libertà di azione. Rossi ha proposto meno regole inutili e un ambiente nel quale l’impresa possa svilupparsi senza troppi ostacoli burocratici o fiscali.

Un aspetto fondamentale emerso è come la mancanza di impresa nuova, di start-up che possano sostituire le realtà che chiudono, renda il problema ancora più grave. Le poche giovani imprese nate in Italia spesso si spostano all’estero appena possono, segno evidente delle difficoltà a crescere nel nostro paese.

Le criticità del green deal e la politica energetica europea

Il green deal europeo è al centro delle discussioni perché impone obiettivi di decarbonizzazione molto ambiziosi, ma per molti rischia di aumentare i costi per le imprese italiane senza offrire soluzioni adeguate. Orsini ha ribadito come la volontà di regolamentare a tutti i costi, tipica della politica comunitaria, finisca per mettere in secondo piano le esigenze reali delle aziende.

Secondo i protagonisti dell’assemblea, il green deal potrebbe aver fatto un passo troppo lungo, imponendo norme che non tengono conto delle diverse situazioni nazionali. Le regole attuali rischiano di rallentare la crescita industriale, soprattutto se non accompagnate da interventi mirati a sostenere le imprese nelle fasi più delicate.

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I costi dell’energia

Uno dei temi più caldi è quello dei costi dell’energia, che in Italia sono decisamente più alti rispetto alla media europea. A questo si aggiungono i limiti normativi che frenano la diffusione delle rinnovabili e impediscono di sfruttare nuove tecnologie come il nucleare di nuova generazione. Gli esperti presenti hanno condiviso l’idea che sia indispensabile cambiare radicalmente la strategia energetica, puntando su soluzioni che riducano concretamente le spese energetiche.

Le richieste di confindustria al governo e all’ue per sostenere le imprese

Il presidente di confindustria ha chiesto interventi concreti per creare un ambiente in cui le imprese possano nascere e crescere liberamente. Su questo fronte, ha indicato la riduzione della pressione fiscale come priorità assoluta. Più che i sostegni economici temporanei, che hanno mostrato limiti nel passato, servono misure strutturali capaci di abbassare il carico fiscale sulle società.

Orsini è critico sul piano di sostegni da 8 miliardi all’anno per gli investimenti proposto da alcuni ambienti politici. Per lui sarebbe più utile un intervento fiscale più ampio che favorisca tutte le imprese, anche quelle che devono ancora nascere.

Nel dibattito è emersa anche l’esigenza di riformare profondamente la pubblica amministrazione per renderla più rapida e trasparente. Lo Stato deve intervenire meno, evitando eccessive regole burocratiche che limitano le attività imprenditoriali.

La riduzione dei costi dell’energia resta un punto fondamentale, perché pesa direttamente sulla competitività italiana rispetto agli altri Paesi europei. I precedenti aiuti economici non hanno scongiurato le difficoltà, pertanto si richiede ora una revisione delle scelte politiche con un orientamento pratico verso le tecnologie a basso costo e più accessibili.

Un’alternativa energetica per abbassare i costi e rilanciare il paese

L’assemblea di confindustria del 2025 ha sottolineato che l’attuale struttura energetica italiana non è sostenibile. Le bollette troppo elevate danneggiano le imprese soprattutto nei settori manifatturieri tradizionali, che rappresentano la spina dorsale del sistema produttivo.

Il rilancio appare possibile solo con un cambio netto: abbandonare i vecchi vincoli sulla produzione energetica e aprire concretamente al nucleare moderno. Questa tecnologia, insieme a un maggiore sviluppo delle rinnovabili, potrebbe ridurre in modo significativo i costi.

Altri paesi europei hanno già percorso questa strada ottenendo bollette più basse e condizioni più favorevoli per l’industria. L’Italia, partendo in ritardo, ha un margine di miglioramento importante, ma deve muoversi rapidamente per non perdere ulteriore terreno.

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Il rischio concreto per il futuro industriale

In sintesi, l’assemblea di bologna ha messo in chiaro che senza scelte coraggiose e una vera revisione delle politiche europee e nazionali, il rischio che il settore industriale scompaia in Italia diventa sempre più concreto. Il futuro delle imprese italiane dipende da decisioni politiche precise, volte a un sostegno reale più che a misure temporanee e inefficaci.



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