Nei primi mesi del 2025 l’attività economica globale ha evidenziato segnali di indebolimento e le attese per l’anno in corso sono state ulteriormente ridimensionate. Gravano, in particolar modo, gli annunci di nuovi dazi all’import da parte dell’amministrazione statunitense con pesanti ricadute sull’economia mondiale anche a causa delle incertezze sulla loro applicazione.
Nel primo trimestre del 2025 l’attività industriale nel suo complesso, sebbene nel confronto congiunturale abbia registrato una variazione positiva (+0,4% che ha sostanzialmente compensato la flessione dello 0,4% segnata a fine dicembre), in quello tendenziale i livelli prodotti risultano, invece, diminuiti del 3,4%.
Analoga situazione, ma più marcata, si osserva nel settore metalmeccanico: i volumi di produzione nel periodo sono sì mediamente aumentati dello 0,7% rispetto al precedente trimestre (quando invece c’era stato un calo congiunturale dell’1,8%) ma, con riguardo all’analogo periodo del 2024, l’attività settoriale si è confermata negativa con una contrazione del 5,8%.
Le dinamiche produttive sono state disomogenee nei diversi comparti e questo anche perché il settore metalmeccanico è fortemente eterogeneo sia per l’inclusione di una vasta gamma di attività produttive, molto diversificate tra loro, sia per le differenti dimensioni che caratterizzano le imprese metalmeccaniche.
In questo primo trimestre si evidenzia, inoltre, una forte disarmonia tra l’analisi congiunturale e quella tendenziale della produzione metalmeccanica. Se da un lato, infatti, la gran parte delle attività del settore, nel periodo, ha segnato variazioni congiunturali positive (con l’eccezione dei comparti di Computer, apparecchi radio-tv e strumenti di precisione e degli Altri mezzi di trasporto), dall’altro il confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente sottolinea lo stato di forte sofferenza nel quale continua a versare l’industria metalmeccanica (solo la Metallurgia e gli Altri mezzi di trasporto registrano una modesta variazione positiva).
«Oggi analizziamo i primi tre mesi dell’anno e già siamo dentro uno scenario completamente nuovo», commenta il vice presidente di Federmeccanica Diego Andreis. «Diventa sempre più difficile fare analisi congiunturali quando le cose possono cambiare da un giorno all’altro. Da aprile viviamo letteralmente alla giornata tra annunci e misure che incidono pesantemente sull’economia globale e sull’attività di chi fa impresa. In questo contesto estremamente volatile e di riduzione delle marginalità, bisogna fare i passi giusti ed evitare assolutamente passi falsi, a tutti i livelli. Con fiducia e propensione agli investimenti ai minimi, le politiche industriali, mirate ed efficaci, dovrebbero giocare un ruolo chiave mettendo in campo strumenti che siano funzionali per la crescita delle imprese. Dalla nostra indagine emergono in maniera chiara le carenze del Piano Industria 5.0. Un buon intento che non si è tradotto in un positivo impatto, rimanendo in larghissima parte inutilizzato ed inutilizzabile. Serve quindi un cambiamento di rotta per essere più competitivi in una fase nuova, nella quale potremmo essere costretti a rivedere i contorni di catene del valore globali estremamente instabili».
Nell’Unione Europea, la produzione metalmeccanica, pur evidenziando un’attenuazione delle dinamiche negative (in questi primi tre mesi dell’anno la flessione congiunturale è stata dello 0,2% in risalita dal -2,7% segnato nel primo trimestre 2024) continua a riscontrare delle difficoltà produttive nei principali Paesi membri. In Spagna, infatti, nel primo trimestre, il calo è stato dell’1,9% rispetto al precedente, mentre in Francia è stato molto più modesto (-0,2%). Germania e Italia hanno, invece, segnato variazioni congiunturali positive rispettivamente pari a +0,4% e +0,7%.
L’export complessivo del nostro Paese, in questi primi tre mesi dell’anno, segna una leggera ripresa, ma sulle prospettive incombe, in particolar modo, la politica commerciale degli Stati Uniti con l’introduzione di nuovi dazi, non solo per gli effetti diretti sulle nostre esportazioni, ma anche per quelli indiretti attraverso i nostri principali partner commerciali.
Nel primo trimestre 2025, l’export del settore metalmeccanico è cresciuto dell’1,3% nel confronto con l’analogo periodo dell’anno precedente e l’import del 2,1%, determinando un avanzo commerciale di 11,2 miliardi di euro nel periodo.
Con riferimento ai mercati di sbocco, le vendite all’estero di prodotti metalmeccanici sono aumentate in misura più marcata per i flussi diretti sui mercati extracomunitari (+1,6% nel confronto con il primo trimestre 2024) rispetto a quelli verso i paesi UE (+1,1%). Nell’area comunitaria sono riprese le esportazioni verso la Germania (+7,1% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente), mentre nell’area extra UE si confermano negative quelle verso gli Stati Uniti (-1,1%).
Per quanto riguarda i risultati della presente indagine trimestrale, occorre sottolineare che la stessa si è conclusa a metà aprile e pertanto gli esiti considerano solo parzialmente i recenti accadimenti internazionali quali, in particolar modo, le dichiarazioni dell’amministrazione statunitense sui dazi all’UE (2 aprile 2025) e le crescenti tensioni geopolitiche che potrebbero condizionare, in misura più o meno significativa, il sistema economico/finanziario globale.
I risultati della consueta indagine trimestrale evidenziano un’attenuazione della fase negativa osservata nella precedente rilevazione sebbene permanga un clima d’incertezza sulla congiuntura del Settore. Le prospettive a breve delle imprese mostrano, infatti, segnali contrastanti: se da un lato è attesa una ripresa, seppur modesta, della produzione, sia totale sia per l’estero, dall’altro è prevista una contrazione dell’occupazione:
- Il 28% delle imprese intervistate ha dichiarato una diminuzione delle consistenze in essere del portafoglio ordini a fronte del 24% di quelle che, invece, hanno registrato un aumento;
- Sale al 55% (era il 50% a fine dicembre) la quota delle imprese intervistate che pensa di mantenere stabile i propri volumi di produzione (il 26% prevede aumenti contro il 19% che, al contrario, prospetta diminuzioni);
- Aumenta al 12%, la percentuale di imprese che valuta “cattiva o pessima” la situazione della liquidità aziendale;
- Il 14% delle intervistate (in discesa dal precedente 17%) pensa di accrescere la propria forza lavoro contro il 19% che, invece, pronostica ridimensionamenti (era il 14% a fine dicembre);
- È pari al 68% la quota di imprese che non intende usufruire degli incentivi “Piano Transizione 5.0” (di queste poco meno metà per “mancata rispondenza alle esigenze aziendali”).
Misure protezionistiche
Alle tensioni geopolitiche in atto in aree strategiche, soprattutto per quel che riguarda le catene di approvvigionamento, da inizio anno si sta aggiungendo l’introduzione di nuovi dazi o la variazione delle relative tariffe, principalmente da parte degli Stati Uniti, ma, spesso come risposta, anche da altri paesi. Al fine di valutare la condizione delle imprese di fronte a questi continui cambiamenti del contesto nel quale devono operare, è stata inserita una domanda su cosa tutto ciò potrebbe significare/implicare per loro.
Sono pari all’80% delle imprese rispondenti quelle che vivono questa situazione con preoccupazione o che temono conseguenze per l’azienda in seguito all’introduzione di ulteriori misure protezionistiche. Il timore principale è quello di perdere quote di export (27% dei casi), poi c’è la preoccupazione di incontrare difficoltà nelle catene di approvvigionamento (24%) e quindi quella di un aumento della pressione competitiva sul mercato europeo per il potenziale reindirizzamento di prodotti non più totalmente assorbiti dal mercato USA (23%). Nel 20% dei casi si teme una perdita di competitività e nel 6% delle restanti risposte sono state dichiarate altre conseguenze (incremento costi energetici/materie prime, incertezza/indebolimento dei mercati, ecc.).
Rapporti commerciali con Usa e Germania
In tale scenario, si sviluppano i nostri rapporti commerciali con gli Stati Uniti e la Germania che sono i nostri principali partner economici e, con riferimento al nostro settore, rappresentano i primi due mercati di sbocco dei prodotti metalmeccanici:
- Il 43% delle imprese rispondenti esporta negli Usa (di queste il 78% fino al 15% del totale export aziendale);
- Il 65% esporta in Germania ( l’86% fino al 25% del totale esportazioni dell’impresa);
- Per fronteggiare eventuali difficoltà commerciali con Usa e/o Germania, poco più di un terzo delle imprese rispondenti dichiara di non aver alcuna strategia da mettere in atto, mentre circa il 60% pensa di aumentare le esportazioni/vendite in altri mercati;
- Con specifico riferimento agli Usa, solo una quota esigua di imprese considera fattibile l’ipotesi di rilocalizzare nel paese attività o fasi produttive.
«Dal segno meno si passa al segno più della produzione industriale congiunturale e questo è positivo, ma si tratta di uno zero virgola, dopo un peggioramento continuo durato ventitré mesi e questo è negativo; in più il confronto anno su anno continua ad evidenziare un pesante segno meno e questo è molto negativo», afferma Stefano Franchi, Direttore Generale di Federmeccanica. «Poggia e buca non fa pari e i conti non tornano, anche perché il lievissimo aumento della produzione, da prefisso telefonico, va pesato con i costi della produzione. L’innalzamento verticale dei prezzi alla produzione di quasi venti punti che c’è stato negli ultimi anni non accenna a ridursi. In tanti ci segnalano che il piccolo aumento dei volumi, laddove c’è stato, si è poi tradotto in riduzione della profittabilità. Praticamente si produce un po’ di più e allo stesso tempo si genera un po’ meno ricchezza. Un circolo vizioso, mentre si deve creare un circuito virtuoso e incrementare la marginalità che è fondamentale per avere capacità di investimento e per la redistribuzione. Tutto questo senza considerare, ancora, l’impatto che avranno i dazi che, comunque vadano le cose, già oggi sono del 10% e possono cambiare tutto, in peggio».
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