Il mondo del pharma è stato fra i primi ad utilizzare le nuove tecnologie 4.0 e l’intelligenza artificiale, la pandemia del 2020 ha impresso un’accelerazione alla ricerca che tutti ricordiamo, ma è anche un settore con peculiarità per cui il salto dell’IA generativa presenta elementi di complessità. Legati a una produzione a lotti, con ogni fase che richiede validazioni specifiche, e aziende spesso organizzate a silos, con scarsa integrazione di dati fra i diversi processi. Ma anche alla tipologia di dati a disposizione. Quando pensiamo alla velocità della ricerca sui vaccini Covid, segnala Alfonso Pozzan, VP Molecular Architects Global Molecular Discovery di Evotec, «dobbiamo tenere presente che siamo nel campo dell’omica, che riguarda sistemi biologici in grado di generare moltissime sequenze. Quindi, l’IA e la sua capacità di aggregare big data e creare connessioni ha un forte impatto, così come nell’imaging. In altre aree, invece, l’impatto è intrinsecamente minore perchè il dato che viene generato è di natura diversa, in quantità diversa, molto più variabile, complesso, difficile da rendere omogeneo, a causa della diversità biologica. L’IA ha meno materiale su cui funzionare. Questo riguarda per esempio la farmacologia, o la biologia traslazionale che trasforma le scoperte scientifiche di base in applicazioni concrete».
Le criticità legate al processo di produzione riguardano molteplici aree aziendali: come vedremo, in base a un dibattito che si è sviluppato in occasione di un convegno a Sps Italia 2025, la manutenzione predittiva è più difficile da implementare rispetto ad altri settori per la minor disponibilità di dati estraibili dai processi. Lorenzo Loscalzo, sales engineer di Zerinth, aggiunge un elemento legato alla legacy di macchinari e impianti: «il pharma è stato fra i primi ad abbracciare la rivoluzione 4.0. Ora paghiamo un po’ il dazio dell’esploratore, perché abbiamo dei sistemi datati. La sfida dell’IA per noi consiste nel creare un modello scalabile negli stabilimento e nelle linee. Non è facile, anche perché molti processi sono a sé stanti».
Ci sono poi complessità legate alla regolamentazione, come segnala Matteo Sala, di Ibsa Farmaceutici: «il settore è molto regolamentato, quindi dobbiamo superare qualche ostacolo in più nell’inserire l’IA. L’implementazione comunque è in corso, ci sono applicazioni in diversi campi, da esempio le ispezioni». Conferma Marco Cesana, Engineering Maintenance & Excellence Lead di Bayer HealthCare Manufacturing: «nel controllo qualità utilizziamo l’intelligenza artificiale generativa, prende i dati anche dal mes e riesce a suggerire possibili correlazioni».
Dal punto di vista dei partner tecnologici, la sfida è aiutare il cliente a individuare i dati più coerenti per il suo use case. «Bisogna concentrarsi sulla selezione dei dati da raccogliere» sintetizza Mirko Bocassini, business manager Life Science di Honeywell Process Solutions. E’ un po’ il metodo di Brembo Solutions, business unit dell’omonimo gruppo che produce sistemi frenanti per l’automotive che fornisce soluzioni basate sull’intelligenza artificiale partendo da use case interni e adattandoli ad altri settori compreso il farmaceutico. Osserva Lorenzo Chiara: «nella manifattura riscontriamo complessivamente una scarsa fiducia nell’adottare l’IA in produzione e una anche scarsità di dati. Nel pharma invece c’è solo la scarsa fiducia, mentre i dati sono abbondanti. Quindi, prima di individuare le soluzioni di IA, accompagniamo le imprese a valutare la qualità del loro dato».
Il convegno organizzato a Spa Italia 2025 sul cambio di paradigma che l’IA impone al settore farmaceutico ha approfondito le sfide per l’intera filiera, con Alfonso Pozzan, VP molecular architect di Evotec, Marco Cesana, engineering maintenance & excellence lead di Bayer HealthCare Manufacturing, Lorenzo Loscalzo, sales engineer di Zerinth, Mirko Bocassini, business manager life science di Honeywell Process Solutions, Matteo Sala, senior production manager di Ibsa Farmaceutici, Pietro Boccaccini, di Deloitte Legal, Lorenzo Chiara, key account manager di Brembo Solutions, Roberto Ciccarelli, presidente dell’associazione italiana per l’automazione Anipla.
Il pharma è il quarto mercato al mondo in termini di vendite e il terzo per profitti complessivi, ma l’Europa sta perdendo terreno nei segmenti più innovativi: pochi investimenti, regole rigide
Prima di approfondire gli spunti offerti dagli esperti, forniamo una fotografia del contesto basandoci sul Rapporto Draghi sulla competitività europea. A livello globale, il settore farmaceutico è il quarto mercato al mondo in termini di vendite nette e il terzo per profitti complessivi. Il mercato dei farmaci valeva 1200 miliardi di euro nel 2022 a prezzi di fabbrica, e dovrebbe crescere fino a 1.760 miliardi entro il 2027. L’invecchiamento della popolazione è un fattore determinante di stimolo alla crescita della domanda. Nell’Unione Europea, il settore rappresenta il 5% del valore aggiunto all’economia di tutto il settore produttivo con punte superiori al 20% per il Belgio e la Danimarca nel 2020, e i prodotti farmaceutici rappresentano quasi l’11% delle esportazioni comunitarie. Infine, i report sottolinea l’importanza geostrategica del pharma, dimostrata dalla pandemia Covid. La capacità di sviluppare, produrre e somministrare rapidamente vaccini è stata fondamentale per consentire la ripresa economica.
Il problema è che l’Europa sta perdendo terreno nei settori di mercato più dinamici: farmaci biologici, che sono prodotti a partire da organismi viventi come le cellule animali o vegetali, e non da sintesi chimiche. I farmaci orfani, che curano malattie rare e quindi rischiano di essere poco interessanti per la ricerca privata. E i farmaci basati su geni, tessuti o cellule (Atmp). Attualmente, il 55% dei farmaci orfani venduti nell’UE sono biologici e molti Atmp rientrano tra i farmaci orfani. Ma fra i dieci prodotti più venduti con esclusiva di mercato come farmaci orfani nell’UE e nello spazio Economico Europeo nel 2022, nessuno è commercializzato da aziende con sede nell’Unione europea. Sette, invece, sono stati commercializzati da aziende con sede negli Stati Uniti. I dati di vendita dei farmaci con status di farmaco orfano nello Spazio economico europeo mostrano un drastico calo per le aziende con sede nell’UE, da oltre il 40% del mercato nel 2012 (il Regno Unito da solo rappresentava più del 50%) a meno del 5% nel 2022, mentre gli Stati Uniti rappresentano oggi quasi il 70% del mercato. Ancora: i medicinali per terapie avanzate (Atmp) rappresentano un fatturato globale di circa 8 miliardi di euro: di questi, 1 miliardo di euro proviene da UE e See, soprattutto da prodotti commercializzati da aziende con sede negli Stati Uniti e in Svizzera. Quali sono le cause di questo divario competitivo? Investimenti pubblici in R&S ridotti e frammentati, minori investimenti privati in ricerca e sviluppo, quadro normativo lento e complesso, le difficoltà di funzionamento di uno Spazio europeo dei dati sanitari.
La pandemia ha dimostrato la velocità che l’intelligenza artificiale può imprimere alla ricerca, ma quando si passa alla trasformazione in applicazioni concrete è più difficile avere dati per far funzionare l’IA
Il rapporto fra i dati, il mercato, e la veloce evoluzione dell’IA è fondamentale. Si diceva che il Covid ha dimostrato l’importanza geostrategica della sviluppo dell’industria farmaceutica. Ma, come spiega Pozzan, di Evotec, la velocità di sperimentazione dei vaccini anti Covid è stata resa possibile da fatto che i campi scientifici che studiano le molecole biologiche (omica, dal suffisso delle discipline che la compongono, come genomica, microbiomica, proteomica) hanno la capacita di generare moltissimi dati. E i dati sono la base su cui poggia l’intelligenza artificiale. In aree in cui avere dati sintetici e significativi è più difficile, l’IA ha meno materiale su cui funzionare. La trasformazione della scoperta scientifica in applicazioni concrete (farmacologia, biologia traslazionale) è un ambiente in cui invece innestare l’intelligenza artificiale è più complicato. Si utilizzano ancora forme meno evolute di IA, modelli di machine learning tradizionali, come il random forest, che funziona bene con dataset piccoli o medi. «E’ un settore in cui non stiamo osservando i salti abilitati dall’IA generativa. Siamo portati a pensare che i large language model possano avere un piatto esponenziale immediato in qualsiasi settore, ma in realtà non è ancora così». La soluzione? «Cerchiamo di sfruttare l’interesse e gli investimenti nell’IA, per connettere gli specialisti dell’analisi con chi il dato lo genera. Dobbiamo riuscire a sfruttare meglio i dati per avere più informazioni, valorizzando tutte le collaborazioni possibile per migliorare i dati».
Bisogna anche mediare fra mercato e laboratorio. «Il ricercatore è tradizionalmente molto aperto all’innovazione. Ma bisogna capire che più si sta vicino al laboratorio più si capiscono le cose, mentre quando ci si sposta verso i vertici dell’azienda, in una fase di hype come quella attuale, si sentono messaggi che poi in laboratorio non hanno sempre riscontro».
Il processo produttivo dei farmaci non facilita la raccolta di dati rilevanti e standardizzati, un esempio di manutenzione predittiva in Bayer
Sia Marco Cesana, di Bayer, che Matteo Sala, di Ibsa farmaceutici, segnalano che gli ambienti produttivi del pharma sono molto regolati e fanno ancora fatica a scambiarsi tutti i dati che servirebbero per far funzionare bene l’intelligenza artificiale. Il coinvolgimento e la responsabilizzazione di tutte le persone dell’organizzazione è uno dei pillar della Trasformazione 5.0, che si contrappone a precedenti modelli a silos che, però, ancora oggi caratterizzano invece il settore farmaceutico. Anche a causa della tipologia di produzione. «Nelle nostre fabbriche abbiamo molti dati, ma non la capacità immediata di correlarli» sintetizza Sala. L’IA viene comunque applicata a molti processi: «manutenzione preventiva, monitoraggio parametri quantitativi, prevenzione delle deviazioni, monitoraggio e ottimizzazione dei processi». In Bayer ci sono processi, come il controllo qualità, in cui si utilizza anche l’IA generativa: «prendiamo i dati anche dal Mes, il manufacturing execution system, e analizzandoli riusciamo a stabilire possibili correlazioni fra cause ed effetti», racconta Cesana. Ci sono anche use case di IA generativa, per esempio in fase di manutenzione o di problem solving sempre utilizzando i dati del mes. «Abbiamo investito anni ed energie per avere dati dagli impianti: siamo in una fase molto interessante, ma ancora iniziale».
L’engineering maintenance and excellence lead della casa farmaceutica tedesca guidata in Italia da Monica Poggio propone un esempio emblematico che riguarda la manutenzione predittiva. «Richiede dati di qualità, provenienti dagli impianti. Bisogna far dialogare macchine diverse prodotte da aziende differenti. Recentemente in relazione a una comprimitrice, il produttore ha proposto l’aggiunta di sensori per rilevare nuove vibrazioni e rumori, da utilizzare combinandoli con quelli già presenti e con le esperienza dell’operatore. Non siamo ancora arrivati a un risultato che rende effettivamente predittiva la macchina». Eppure la manutenzione predittiva è un segmento in cui esistono use case molto avanzati applicati in diversi settori. A che cosa si devono le maggiori difficoltà rilevate nella produzione di farmaci? «Alla combinazione di tecnologia e processo. Ci sono processi, ad esempio nelle utilities, con macchine che lavorano a ciclo continuo, in cui il predittivo è ormai la regola. Nel processo farmaceutico, prevedere quando si romperà un punzone della comprimitrice, evento che in teoria non dovrebbe mai accadere, è molto difficile. Per questo stiamo raccogliendo maggiori dati, anche grazie all‘expertise del costruttore, ma ancora non abbiamo una base solida per predire i pattern. Tutto questo per dire che a maggior difficoltà è dovuta alla tipologia di macchinari, molto specifici, e al settore. I nostri processi chiave, come produttori di solidi orali, sono granulazione, compressione e laccatura. E hanno una dimensione che rende ancora difficile applicare efficacemente l’IA».
I partner tecnologici si concentrano su processi specifici selezionando quelli più adatti all’IA: Alchemix di Brembo, dai freni alle molecole
Il dialogo con costruttori di macchine e partner tecnologici è centrale per implementare la tecnologia. Brembo ha soluzioni di vision, controllo qualità, controlli di processo trasversali a diversi settori, fra cui il pharma. «Ad esempio Alchemix, una soluzione basata su Azure OpenAI di Microsoft, sviluppata per accelerare la ricerca e sviluppo di nuove formulazioni, è applicabile anche al pharma per predire le aspettative su molecole, e ha anche una componente creativa», spiega Lorenzo Chiara.
«La cosa importante è aiutare il cliente a raccogliere i dati più coerenti sul suo case – aggiunge Mirko Bocassini, di Honeywell Process Solutions -. Il rischio è essere inondato da dati, invece bisogna concentrarsi sulla selezione dei dati da raccogliere. automazione a ai a questo punto ci aiutano maggiormente. Per rendere uno stabilimento AI driven bisogna concentrarsi su aspetti che possono essere interessati dall’intelligenza artificiale, escludendo invece quelli che sono meno impattati. Quindi, non digitalizzare tutto, ma fare un’analisi iniziale selettiva. E anche coinvolgere le risorse umane nelle decisioni di digitalizzazione, può aiutare a creare la cultura della digitalizzazione».
Gli aspetti regolatori richiedono precise policy in materia di responsabilità gestionali: vale per molti settori ma nel pharma è una sfida prioritaria anche per la presenza di dati sensibili
Infine, anche in chiave di compliance normativa, «bisogna definire linee guida precise, e metodologie per valutare i sistemi, anche di terzi, analizzando quindi l’affidabilità del fornitore – conclude Pietro Boccaccini, di Deloitte Legal -. Un pilastro del nuovo regolamento è che l’uomo resti al centro. Bisogna individuare nell’organizzazione persone formate per gestire il tema delle responsabilità».
Roberto Ciccarelli, presidente di Anipla segnala che in parte la questione delle policy in materia di gestione, controllo e coordinamento riguarda un po’ tutti i settori produttivi, perché l’IA «modifica i sistemi di produzione, passando da modelli statici e reattivi a modelli predittivi, adattivi, in continuo cambiamento». Ma nel pharma, aggiunge Pietro Boccaccini «i casi d’uso, anche a livello di sperimentazioni cliniche, reclutamento per i trial, comportano l’utilizzo di dati sensibili. E questo richiede quindi da parte dell’organizzazione una precisa individuazione delle responsabilità».
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