Contributi provinciali per start up e imprenditoria giovanile (un totale di 346mila euro) incassati grazie ad aziende create ad hoc, con un business di facciata e documentazione artefatta. E dall’altra lavori socialmente utili mai svolti eppure riportati sulla carta (dietro compenso), così da permettere a imputati e condannati di tutta Italia di estinguere i reati contestati. C’è anche il nome del ristoratore di Andalo, Claudio Agostini, — finito in carcere tre settimane fa assieme ai due figli ma nell’ambito di un’altra inchiesta, e cioè «Sciabolata» — tra i 67 indagati ai quali ieri è stata notificata la chiusura delle indagini preliminari da parte del pubblico ministero Davide Ognibene a seguito dell’«Operazione Fantasma». Un’indagine di finanzieri e carabinieri della sezione di polizia giudiziaria che a inizio aprile aveva portato in carcere tre persone. E cioè il 50enne trentino Michele Bragagna, considerato il promotore e la mente dell’associazione criminale (il tribunale del Riesame gli ha nel frattempo concesso i domiciliari con braccialetto elettronico in una struttura religiosa del centro), Monica Mosna, 57 anni, e Mauro Lunelli, 32, entrambi di Trento, ancora reclusi a Spini. La prima, legale rappresentante dell’associazione di categoria Confapi Trentino, sarebbe stata una stretta collaboratrice di Bragagna nella gestione delle ditte che venivano create ad hoc e associate alla confederazione (anche per l’accreditamento alla Provincia), mentre l’altro sarebbe stato il referente informatico del gruppo, esperto in bandi pubblici. Con ulteriori due compartecipi, ne sono convinti gli inquirenti, il sodalizio criminale per fare soldi facili.
Indagati da tutta Italia
Gli altri 62 sarebbero invece clienti, persone di tutta Italia che si erano rivolte all’associazione «A Chiese aperte» diretta dalla società Ihs di Trento (creata e gestita dai principali accusati): proprio grazie a questa onlus hanno ottenuto l’estinzione dei reati, pur non avendo svolto il programma stabilito dall’ufficio esecuzione penale. Non un’ora di lavori di pubblica utilità e messa alla prova da parte di questi che si trovavano altrove, anche in vacanza o all’estero. Favori, questi, ripagati con denaro o promesse di pagamenti, anche sotto forma di donazione volontaria. Le accuse a cui la sfilza di indagati devono rispondere a vario titolo sono quelle di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, false dichiarazioni o false attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, ma anche corruzione. E ora che hanno ricevuto l’avviso di conclusione indagine avranno venti giorni per depositare memorie difensive o farsi interrogare dal magistrato titolare dell’inchiesta.
Agostini, i soldi per il favore
Quanto a Claudio Agostini, se nell’inchiesta più recente («Sciabolata») gli viene contestato di essere stato il capo promotore di un’associazione finalizzata al traffico di droga che avrebbe spacciato lui stesso ma anche il vertice di un’associazione parallela, per il riciclaggio degli ingenti proventi del giro di cocaina, in questo fascicolo il 70enne di Andalo risponde di false dichiarazioni all’autorità giudiziaria in concorso con Bragagna, Mosna, Lunelli, altri due compartecipi e un avvocato, oltre che di corruzione, per fatti avvenuti tra fine 2023 e dicembre 2024. Questo perché, per la Procura, pagando mille euro e promettendo un’ulteriore donazione, avrebbe fatto figurare – solo sulla carta però – di aver svolto lavori di pubblica utilità sfruttando la gestione dell’associazione «A chiese aperte». Tanto che ha ottenuto – appunto per l’esito positivo della map (messa alla prova) – l’estinzione del procedimento a suo carico, per aver cercato di insabbiare le indagini sullo stupro commesso da un suo parente, arrivando anche ad offrire soldi alla vittima perché cambiasse versione.
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