Le attività turistiche presenti sulle principali piattaforme online come Airbnb e Booking sono oggetto di un’ampia operazione di controllo da parte della Guardia di Finanza e dell’Agenzia delle Entrate. L’attenzione delle autorità si concentra in particolare su imposte non dichiarate relative ai redditi percepiti attraverso locazioni brevi e ospitalità turistica a partire dal 2017.
L’estensione dei controlli: oltre 600 mila strutture nel mirino del Fisco
Secondo le informazioni disponibili, l’azione congiunta delle autorità fiscali coinvolge un numero significativo di strutture ricettive presenti sulle OTA. Si parla di oltre 600 mila attività tra hotel, case vacanze, b&b, alloggi ad uso turistico, affittacamere, ostelli, campeggi e persino glamping. Le contestazioni riguardano imposte sul reddito, IVA e IRAP calcolate su ricavi presunti, determinati sulla base dei dati trasmessi dai portali di intermediazione.
Le contestazioni vengono recapitate a imprese e persone fisiche che non hanno dichiarato, in tutto o in parte, i canoni riscossi tramite portali esteri. Le verifiche riguardano sia i titolari diretti delle strutture, sia gli intermediari del settore, come i property manager che gestiscono più immobili per conto di terzi. Particolare attenzione è riservata ai casi in cui non è stata effettuata una corretta distinzione, in fattura e in contabilità, tra i compensi dell’intermediario e i redditi incassati per conto dei proprietari.
Property manager e affitti brevi: le implicazioni fiscali
Nel caso in cui i property manager non abbiano distinto in modo adeguato, in fattura e in contabilità, le proprie competenze dalle somme percepite e riversate ai proprietari, esiste il concreto rischio che tutto il reddito venga attribuito a loro. Questo può comportare l’applicazione di imposte sull’intero importo, anche quando l’intermediario agiva solo per conto altrui.
Situazione differente invece per i privati, i cui redditi da locazione sono già stati assoggettati alla ritenuta d’acconto operata dai portali, riducendo così i margini di contenzioso.
I dati al centro delle attività di accertamento
Le verifiche si basano su una mole considerevole di dati messi a disposizione direttamente da Airbnb e Booking. Le informazioni riguardano le prenotazioni effettuate e gli importi riscossi per ciascuna struttura pubblicata online. Nel dettaglio:
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Airbnb ha fornito dati relativi agli anni 2017-2021, periodo corrispondente alla recente transazione fiscale da 576 milioni di euro con lo Stato italiano per imposte non versate
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Booking ha trasmesso informazioni relative agli anni 2016-2019, probabilmente in seguito alla transazione IVA da 94 milioni di euro del 2023 o al recente accordo sulle ritenute per il 2024.
Le opzioni per gli operatori: ravvedimento o contenzioso
Gli operatori che si trovano a dover rispondere agli accertamenti possono valutare due strade principali. Da un lato, è possibile presentare dichiarazioni integrative e procedere al ravvedimento operoso, cercando di contenere l’impatto delle sanzioni. Dall’altro, laddove si ritenga che i dati forniti dai portali non rappresentino in modo corretto la realtà, si può optare per una contestazione formale, affidandosi alla valutazione del giudice tributario.
Tuttavia, i recuperi d’imposta basati su queste metodologie di controllo fiscale possono rivelarsi particolarmente gravosi, soprattutto per le piccole realtà turistiche, anche in presenza di riduzioni sanzionatorie.
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