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RIPARTE ASSE USA-CINA, CRESCONO CARGO (+18%) E CONTAINER NAVI (+16%)


Il commercio tra Stati Uniti e Cina torna a crescere con forza dopo l’accordo bilaterale siglato a inizio maggio: le prenotazioni di container verso gli Usa sono più che raddoppiate, mentre il costo del nolo sulla rotta Shanghai–Los Angeles è salito del 16%, raggiungendo quota 3.136 dollari per container da 40 piedi, il maggiore incremento settimanale del 2025. Anche il traffico aereo cargo in uscita dalla Cina è aumentato del 18% secondo il Ministero dei Trasporti di Pechino. Tuttavia, l’incremento delle spedizioni rischia di creare nuove strozzature logistiche nei prossimi mesi, secondo l’osservatorio Drewry. È quanto segnala il Centro studi di Unimpresa.

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Nel frattempo, sul fronte interno, il Congresso americano ha approvato con un solo voto di scarto (215 a 214) il controverso pacchetto fiscale “One Big Beautiful Bill Act” proposto da Donald Trump: la misura prevede proroghe ai tagli fiscali del 2017, tagli a Medicaid e all’abrogazione del programma SNAP, con un impatto stimato sul debito pubblico di oltre 3.400 miliardi di dollari entro il 2034 e fino a 23.700 miliardi entro il 2055 se le misure saranno rese permanenti. Secondo il CBO, le famiglie a basso reddito vedranno un calo del 4% nel reddito disponibile, mentre il decile più ricco otterrà un beneficio analogo. Il provvedimento è stato approvato all’indomani del declassamento del rating sovrano da parte di Moody’s (da “Aaa” a “Aa1”).

Resta fragile la fiducia dei consumatori: l’indice dell’Università del Michigan è sceso a 50,8, ai minimi da giugno 2022, con aspettative di un anno in crescita al 7,3%, il massimo dal 1981. Intanto il PMI di maggio mostra segnali di ripresa – composizione a 52,1 – ma segnalano anche forti pressioni sui prezzi. Cresce infine il consenso all’interno della Federal Reserve per un rinvio dei tagli ai tassi almeno fino a settembre: i governatori Williams, Musalem, Bostic e Hammack hanno espresso preoccupazioni legate all’effetto dei dazi e all’eventuale disancoraggio delle aspettative di inflazione, mentre Kashkari ha evidenziato un rallentamento degli investimenti a causa dell’incertezza commerciale.

«La riapertura dei flussi commerciali tra Stati Uniti e Cina rappresenta un segnale positivo per l’economia globale, in particolare per le filiere produttive che negli ultimi anni hanno subito lacerazioni profonde. L’aumento delle spedizioni e del traffico merci è un indicatore da osservare con attenzione, anche per gli effetti indiretti che possono generare sul nostro sistema manifatturiero orientato all’export. Tuttavia – e lo diciamo con preoccupazione – l’impennata dei noli marittimi e il rischio di nuove strozzature logistiche ci riportano a uno scenario che speravamo di lasciarci alle spalle: quello di una catena del valore esposto a shock ricorrenti e a costi sempre più elevati per le imprese» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora.

Secondo il Centro studi di Unimpresa, nel maggio 2025, l’economia americana mostra segnali misti, dove accanto a timidi miglioramenti ciclici emergono nuove fonti di debolezza. Le tensioni geopolitiche e commerciali, le scelte politiche interne sempre più polarizzate e il deterioramento delle aspettative inflazionistiche rendono il quadro particolarmente complesso.

La ripresa del commercio USA-Cina – uno dei rari elementi positivi – sembra riflettere un ritorno di fiducia dopo la firma di un nuovo accordo tra Washington e Pechino. Le prenotazioni di container verso gli Stati Uniti sono più che raddoppiate nella settimana successiva all’intesa, i costi di spedizione sulla rotta Shanghai–Los Angeles sono saliti del 16% e anche il traffico cargo aereo dalla Cina ha registrato un balzo del 18%. Tuttavia, secondo il Ministero dei Trasporti cinese e l’osservatorio Drewry, il volume totale delle spedizioni rimane in linea con quello dello scorso anno. Ciò potrebbe significare che alcune aziende stanno semplicemente anticipando le scorte oppure rimangono in attesa di una maggiore chiarezza normativa. La conseguenza più probabile, nel breve periodo, è un aumento delle pressioni sulle catene logistiche, che rischiano di tornare sotto stress nei prossimi due-tre mesi, come già avvenuto nei picchi pandemici.

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Intanto, il dibattito politico statunitense è stato monopolizzato dal dibattito “One Big Beautiful Bill Act”, la proposta fiscale voluta da Donald Trump e approvata alla Camera con un solo voto di scarto. Il provvedimento punta a prorogare i tagli fiscali del 2017, tagliare drasticamente la spesa sociale e smantellare alcune delle principali misure del piano Biden, tra cui i crediti verdi dell’Inflation Reduction Act. Secondo le proiezioni del Budget Lab, queste misure comporterebbero un aumento del debito di 3.400 miliardi di dollari tra il 2025 e il 2034, con un’esplosione fino a 23.700 miliardi entro il 2055 se il pacchetto venisse reso permanente. Il rapporto debito/PIL potrebbe superare il 200% e il deficit strutturale restare inchiodato attorno al 6% del PIL.

Dal punto di vista redistributivo, le misure sono chiaramente sbilanciate: le famiglie a basso reddito potrebbero vedere un calo del reddito disponibile fino al 4% entro il 2033 a causa dei tagli a Medicaid e SNAP, mentre il decile più ricco riceverebbe un beneficio netto simile, ma in aumento. È un intervento che rischio di diseguaglianze alimentari e tensioni sociali, e che arriva peraltro all’indomani del declassamento del rating USA da parte di Moody’s, da “Aaa” a “Aa1”, un chiaro segnale di preoccupazione dei mercati per la sostenibilità della politica fiscale americana.

Nel frattempo, la situazione peggiora fiducia delle famiglie. Il sentiment rilevato dall’Università del Michigan è sceso a 50,8, ai minimi da giugno 2022, con cali sia nelle condizioni correnti che nelle aspettative. Ancora più preoccupante è l’aumento delle aspettative inflazionistiche: 7,3% su base annua (massimo dal 1981) e 4,6% su orizzonte 5-10 anni, il valore più alto dal 1991. Tre consumatori su quattro indicano i dazi come principale fonte di incertezza. È un dato che mostra come la politica commerciale stia già incidendo sulla psicologia dei consumatori, con potenziali ripercussioni sulla domanda interna.

In questo contesto, il miglioramento dell’indice PMI di maggio – salito a 52,1, sopra la soglia di espansione – va letto con cautela. Il rimbalzo riguarda sia i servizi che il manifatturiero, ma entrambe le componenti segnalano un ritorno delle pressioni inflazionistiche sui prezzi pagati e ricevuti. La riduzione, dunque, rimane un fattore strutturale ancora ben lontano da essere domato.

Proprio per questo, dalla Federal Reserve si leva un consenso crescente a favore di una pausa prolungata nella normalizzazione dei tassi. Tra i membri votanti, John Williams (Fed NY) ha definito l’attuale politica solo “leggermente restrittiva”, lasciando intendere che servirà tempo, probabilmente oltre l’estate, per valutare nuove mosse. Anche Musalem (St. Louis) ha sottolineato il rischio che le misure commerciali disanorino le aspettative di inflazione, innescando nuovi spinte sui prezzi. Tra i membri non votanti, Bostic (Atlanta) ha parlato apertamente di un solo taglio nel 2025, mentre Hammack (Cleveland) ha evocato esplicitamente il rischio di stagflazione. Più pragmatico Kashkari (Minneapolis), secondo cui l’incertezza commerciale sta già frenando gli investimenti privati.

«Sul piano politico ed economico, non possiamo non evidenziare con forte preoccupazione gli effetti del nuovo pacchetto fiscale approvato a Washington. La decisione di prorogare i tagli fiscali alle fasce più abbienti, finanziata con tagli drastici al welfare e con una previsione di aumento esponenziale del debito pubblico, rischiando di produrre squilibri che avranno riflessi non solo interni, ma anche a livello sistemico. Un debito che tende verso il 200% del PIL statunitense, in un contesto di aspettative inflazionistiche crescenti e fiducia dei consumatori in calo, è un segnale che l’Europa – e l’Italia in particolare – non può ignorare» aggiunge Spadafora.

Grafico Unimpresa – Ripresa del commercio USA-Cina (maggio 2025)

Ufficio Stampa Unimpresa
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