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L’editoriale / I confini incerti dei mercati finanziari


Nel bene o nel male, almeno un merito dobbiamo riconoscere all’approccio non convenzionale del presidente Trump: quello di aver assestato un formidabile colpo di maglio ad un mondo intorpidito incapace di correggere la rotta. Naturalmente non siamo ancora in grado di conoscere l’esito finale del processo in atto, ma certo ci attendono repentine e profonde trasformazioni.
Prendiamo il caso dei mercati finanziari, di per sè significativo perché presenta una multiforme realtà a seconda che si guardi da una o dall’altra sponda dell’Oceano.
Negli Stati Uniti stanno accadendo due eventi dirompenti: il primo è la lotta per la conquista del potere nella politica monetaria ed il secondo è la trasformazione del mercato tradizionale in un luogo di scambio di cripto-attività.
Come è noto, il governo della moneta, in tutti i Paesi di economia di mercato, è compito della Banca Centrale. La moneta è, infatti, un bene pubblico da salvaguardare. Se la gestisse chi detiene il potere politico, difficilmente resisterebbe alla tentazione di “far gemere i torchi” per ottenere il consenso degli elettori. Il duro confronto in atto tra il Presidente e la Federal Reserve, comunque si concluda, ha già provocato l’effetto di minare alle radici il principio dell’autonomia dell’autorità monetaria, a favore del primato della politica. Con la conseguenza di travolgere la fiducia nei confronti delle valute statali.

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D’altronde, sempre in America la politica si è imposta anche nelle scelte dell’autorità di regolazione dei mercati finanziari, dove è stato recentemente sostituito il presidente della Sec, la Consob americana. Non a caso, il neo-presidente Atkins si è affrettato ad assicurare il proprio impegno per una rapida trasformazione del mercato attraverso la tokenizzazione degli strumenti finanziari, cioè lo scambio mediante la trasmissione tra privati di un codice elettronico, senza passare da una borsa valori. Con la volontà di fare degli Stati Uniti la “capitale delle cripto nel Pianeta”.

In questo modo, verrebbe meno l’attuale scopo dell’esistenza dei mercati finanziari: la certificazione del valore del bene che si scambia, la trasparenza e le pari condizioni assicurate a tutti coloro che vi partecipano. Ma si otterrebbe in cambio l’afflusso di quegli ingenti capitali che attualmente restano confinati nel grigio mondo delle criptovalute. Ne deriverebbe una crescita immane ed incontrollabile, ma solo di quei mercati in grado di garantire una apertura verso questo nuovo mondo. Probabilmente una “bolla” destinata a scoppiare prima o poi, ma che nel frattempo porterebbe un fiume di denaro a chi è in grado di approfittarne.

Ma se Sparta piangerà, Atene non riderà. In Europa siamo rimasti ancorati al sistema tradizionale delle Borse regolamentate e prosegue lo straziante dibattito se sia più opportuno alleggerire la regolamentazione per attirare i capitali o se sia necessario stringere le maglie per garantire la sicurezza degli investitori. Nel frattempo, le nuove quotazioni languono, mentre molte importanti società abbandonano i mercati regolamentati, principalmente a causa dei costi eccessivi per adempiere ai precetti dei regolatori.

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Il che ha finito per erodere la fiducia dei risparmiatori nei confronti della Borsa e soprattutto delle imprese quotate. Per evitare i rischi collegati all’andamento della loro redditività, il mercato si sta spostando sempre più verso i fondi di investimento e gli Etf, che sono indici che rappresentano l’andamento complessivo di un certo settore o della totalità del mercato. Venuto meno il legame tra investitore ed impresa, ci si affida semplicemente ad un numero rappresentativo di un trend. In sostanza, anche da noi si preferisce una sorta di investimento “astratto “, sempre meno collegato all’effettivo valore dell’impresa in cui si investe, e quindi inidoneo a finanziare, come pur sarebbe necessario, l’imprenditoria locale.

Di fronte a quella che si annuncia come una deregolamentazione senza limiti, occorre che i legislatori passino rapidamente a definirne i confini. Altrimenti potremmo ritrovarci in un mondo dove il caos finanziario servirà ad alimentare la speculazione, lasciando soli imprese ed investitori.

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