Secondo gli ultimi dati raccolti, il fatturato medio di una farmacia italiana si attesta attorno a 1,4 milioni di euro lordi l’anno.
La farmacia è un presidio di fiducia, una micro-impresa familiare, un luogo dove salute, competenza e rapporto umano si incontrano. Per molti laureati in farmacia, l’obiettivo professionale resta quello di diventare titolari di un esercizio autonomo. Ma nel 2025, con un mercato sempre più competitivo, l’ascesa delle parafarmacie, l’arrivo delle catene e la diffusione dell’e-commerce, la domanda torna a imporsi: conviene davvero ancora aprire una farmacia?
La risposta non è semplice, e dipende da una molteplicità di fattori: dalla posizione geografica, all’investimento iniziale, dalle potenzialità della clientela fino alla capacità di differenziare i servizi offerti. Oggi la farmacia moderna non si limita più a vendere farmaci su prescrizione: offre prestazioni sanitarie, consulenze, prodotti parafarmaceutici, dermocosmetici e dispositivi tecnologici per l’autodiagnosi. Per questo motivo, l’analisi della convenienza economica deve tener conto di parametri molto più ampi rispetto al passato:
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Numeri e margini, quanto fattura una farmacia in Italia oggi
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Regime fiscale e normativa, il quadro 2025 per la farmacia
Numeri e margini, quanto fattura una farmacia in Italia oggi
Secondo gli ultimi dati raccolti nel 2024 e aggiornati ai primi mesi del 2025, il fatturato medio di una farmacia italiana si attesta attorno a 1,4 milioni di euro lordi l’anno, con una redditività netta variabile tra il 10% e il 18% a seconda della localizzazione e dell’organizzazione interna. Le farmacie urbane, situate in quartieri ad alta densità abitatIva o in prossimità di studi medici, possono raggiungere anche ricavi annui superiori ai 2 milioni di euro, mentre quelle rurali o isolate faticano a superare il milione. Le regioni in cui si registrano le migliori performance economiche, in termini di fatturato medio, sono la Campania, la Toscana e l’Emilia Romagna, mentre nel Mezzogiorno e in alcune aree interne del Centro si rileva una maggiore frammentazione dei risultati.
In media, i prodotti venduti senza obbligo di prescrizione sono oggi oltre il 40% del giro d’affari di una farmacia. Il farmaco da banco, insomma, è sempre più affiancato da offerte collaterali che garantiscono margini maggiori. Al contrario, i medicinali con ricetta, pur essendo una quota ancora centrale della professione, comportano margini ridotti e vincoli regolamentari più rigidi, in parte compensati dalla remunerazione aggiuntiva statale, che però non è garantita nel lungo periodo.
Nonostante la tenuta complessiva del settore, il numero di nuove aperture è in calo rispetto a dieci anni fa. Il costo medio per avviare una farmacia, considerando l’acquisto della licenza, l’arredo, la tecnologia e le scorte iniziali, può oscillare tra i 600.000 e 1.200.000 euro. In alternativa, chi opta per l’acquisto di una farmacia già avviata può dover affrontare esborsi ben superiori, soprattutto nelle grandi città, dove i valori di mercato superano facilmente i 2 milioni di euro.
Regime fiscale e normativa, il quadro 2025 per la farmacia
Dal punto di vista fiscale, una farmacia è a tutti gli effetti un’impresa commerciale. I titolari devono far fronte al pagamento di Iva, imposte dirette e imposta regionale sulle attività produttive. L’Iva sui farmaci si attesta al 10%, mentre per altri prodotti può variare, arrivando al 22% per alcune categorie non sanitarie. La fiscalità ordinaria è aggravata dal costo del personale e dai canoni di locazione, spesso molto elevati nei centri urbani.
L’introduzione della remunerazione aggiuntiva, prevista inizialmente per sostenere le farmacie nel periodo post-pandemico, è stata abrogata. Al suo posto è entrata in vigore una nuova forma di remunerazione mista: una parte legata al prezzo del farmaco e un’altra ancorata a un compenso fisso per confezione dispensata. Questa nuova formula, che ha l’obiettivo di rendere più sostenibile l’attività, è però soggetta a tassazione integrale, come stabilito dall’Agenzia delle entrate.
Va anche segnalata la possibilità di accedere a incentivi per la digitalizzazione, tra cui il credito d’imposta per gli investimenti in tecnologie 4.0 che consente una detrazione fino al 20% della spesa.
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