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Dazi al 50% per l’UE, cosa cambia per le imprese italiane?


L’annuncio di Donald Trump di voler introdurre dazi del 50% su tutte le importazioni dall’Unione Europea a partire dal 1° giugno 2025 sta già scuotendo i mercati e mettendo in allarme le imprese italiane.

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Il presidente americano, attraverso un post sul suo social Truth, ha motivato la scelta con l’insoddisfazione per lo stallo nelle trattative commerciali con Bruxelles e con l’accusa all’UE di aver costruito barriere eccessive contro i prodotti americani.

L’eventualità di un’escalation protezionistica di queste dimensioni rappresenta una minaccia concreta per l’export italiano verso gli USA, che vale oltre 68 miliardi di euro l’anno, con un saldo commerciale positivo che supera i 38 miliardi.

Ma quali sono le reali conseguenze per le aziende tricolore e quali strategie possono adottare per difendersi?

Trump minaccia dazi al 50%: i settori italiani più a rischio

Se i dazi minacciati da Trump dovessero diventare realtà, le ripercussioni sarebbero immediate e pesanti soprattutto per quei comparti del Made in Italy che hanno nell’America uno dei principali mercati di sbocco.

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Le proiezioni di Prometeia sui precedenti scenari tariffari compresi tra il 10% e il 20% avevano già stimato costi aggiuntivi per l’Italia tra i 4 e i 7 miliardi di euro, ma con un aumento dei dazi al 50% le ripercussioni sarebbero verosimilmente molto più pesanti e continuerebbero a colpire in modo particolarmente gravoso settori come automotive, agroalimentare, farmaceutico e moda che subirebbero contraccolpi significativi, sia per l’aumento dei prezzi finali che per la perdita di competitività rispetto ai concorrenti extra-UE.

Nel settore agroalimentare, ad esempio, Confcooperative aveva già stimato che l’introduzione delle tariffe annunciate in precedenza avrebbe fatto perdere fino a 2 miliardi di euro di fatturato, con prodotti di punta come i formaggi DOP (Grana Padano, Parmigiano Reggiano) particolarmente esposti. Già i dazi del 2019 avevano causato un calo delle vendite del 20% per alcuni prodotti, e un nuovo incremento tariffario rischia quindi di tradursi in perdite ancora più insostenibili.


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Strategie di difesa e scenari futuri per le imprese italiane

Di fronte a una simile minaccia, le imprese italiane sono chiamate a reagire con rapidità e visione strategica. Oltre a una revisione dei contratti in essere e alla valutazione di eventuali clausole di salvaguardia, molte aziende stanno già considerando il rafforzamento della presenza produttiva direttamente negli Stati Uniti, per aggirare le nuove tariffe e mantenere l’accesso al mercato. Questa strategia, tuttavia, comporta investimenti significativi e non è alla portata di tutte le realtà, in particolare delle PMI.

Un altro fronte su cui muoversi è quello della diversificazione dei mercati. Puntare su nuove destinazioni extra-UE può infatti ridurre la dipendenza dagli USA e limitare i danni in caso di escalation commerciale. Tuttavia, la rapidità con cui potrebbero essere introdotti i dazi rende difficile una riconversione immediata dell’export.

Non va sottovalutata, infine, la pressione che la minaccia di Trump sta già esercitando sui mercati finanziari: dopo l’annuncio, le Borse europee hanno registrato forti cali, con Milano che ha perso quasi il 3% in poche ore. Un clima di incertezza che rischia di frenare anche gli investimenti delle imprese e di peggiorare ulteriormente il quadro macroeconomico.


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