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Situazione drammatica per l’ex Ilva, riaggiornato il tavolo a palazzo Chigi


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Il tavolo sull’ex Ilva a Palazzo Chigi – Ansa

Sciopero contro il raddoppio della cassaintegrazione, un vertice a palazzo Chigi aggiornato alla prossima settimana ed accuse incrociate sulle responsabilità per “salvare il salvabile” ed evitare che la vendita dell’ex Ilva agli azeri di Baku Steel sfumi nel nulla. La situazione è critica e la via d’uscita per l’acciaieria più grande e tormentata d’Italia sembra ancora lontana. In tutti gli stabilimenti di Acciaierie d’Italia ci sono state quattro ore di sciopero, con modalità diverse. A Taranto, dove si concentrano i 3mila cassintegrati sui 4mila annunciati, i lavoratori hanno bloccato per ore un tratto della via Appia e denunciato il ricatto dell’azienda. “Salute, ambiente e occupazione: non si ricattano i lavoratori. Il rilancio di un’azienda non è mandarli a casa” hanno ripetuto. In attesa che da Roma arrivassero notizie positive.

Aggiornato il tavolo a Palazzo Chigi. L’incontro tra i rappresentanti sindacali e il governo però si è concluso con un nulla di fatto dopo tre ore di dibattito. Al tavolo, presieduto dal sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro delle imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, la ministra del lavoro e delle politiche sociali Marina Calderone e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. I tre commissari di Acciaierie d’Italia Giovanni Fiori, Giancarlo Quaranta e Davide Tabarelli, i rappresentanti dei sindacati confederali e autonomi. “La situazione non è ancora definitivamente compromessa” ha detto Mantovano invitando le parti a lavorare per uscire dall’impasse. “Inutile sottolineare quanto sia drammatico il momento in cui cade questo incontro. Sicuramente il momento più difficile da quando abbiamo cominciato a vederci” ha aggiunto. Colpa di una “eredità pesante che stiamo provando a gestire soprattutto in materia di sicurezza degli impianti”. Il proseguimento dell’attività dopo l’estromissione del socio privato ArcelorMittal si è rivelato difficile, e ha reso necessaria una stata la continua ricerca di finanziamenti, mentre una serie di imprevisti, l’ultimo l’incendio e la successiva fermata dell’Altoforno 1, ha messo a rischio la produzione. Il tavolo si è concluso poco dopo le 14 con un nulla di fatto, di comune è stato sospeso e riconvocato per l’inizio della prossima settimana, probabilmente tra lunedì e martedì.

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I sindacati: dobbiamo evitare l’irreparabile, dal governo nessuna risposta. “Siamo a un passo da una situazione molto più complessa: dobbiamo evitare che diventi irreparabile” ha detto il leader della Fiom, Michele De Palma. ”Oggi non abbiamo avuto risposte quindi valuteremo quando ci convocheranno lunedì se dare una risposta in termini di lotta o se riusciamo a trovare una quadratura del cerchio” ha aggiunto il numero uno della Fim, Ferdinando Uliano. La nazionalizzazione, con l’ingresso dello Stato nella gestione dell’acciaieria è secondo il segretario della Uilm Rocco Palombella, l’unica soluzione.Il piano di ripartenza ipotizzato dai commissari con la fermata dell’altoforno 1 a Taranto di fatto non è percorribile, è la riflessione fatta dai sindacati, che hanno chiesto di sapere come si va avanti perché mancano risorse per dare continuità all’attività. Molte preoccupazioni rispetto alla tenuta dell’operazione con Baku e alla situazione che si sta determinando con il battibecco tra la Procura e il ministro Urso.

Urso al question time torna ad accusare la Procura di Taranto. Il responsabile del Mimit al question time alla Camera è tornato ad accusare la Procura di mettere a rischio la riconversione green e indirettamente la vendita agli azeri.“L’incidente all’Altoforno1 e il sequestro da parte della Procura di Taranto – ha detto – ha impedito necessari interventi di salvaguardia compromettendo l’altoforno. Ciò incide significativamente sul piano industriale elaborato dai commissari e condiviso con i sindacati, dimezzando la produzione prevista”. Secondo Urso i ritardi nelle autorizzazioni, smentite dalla Procura, mettono a rischio il processo riconversione ambientale del sito di Taranto. Sia per la sostenibilità economica dello stabilimento, sia per il negoziato in corso con le aziende che hanno partecipato alla procedura di gara che si ritrovano condizioni diverse rispetto a quelle contrattate, sia soprattutto per i rilevanti impatti occupazionali diretti e indiretti.

Le tre condizioni preliminari per la vendita a Baku Steel. Urso ha spiegato che ci sono “tre condizioni preliminari” necessarie per “finalizzare il negoziato” con Baku Steel: il rilascio in tempi brevi di un’Aia (autorizzazione ambientale), le autorizzazioni per la nave rigassificatrice che dovrà fornire di gas agli impianti per la produzione di acciaio green e il mantenimento in attività dello stabilimento per garantire un livello produttivo adeguato.

Dai sindacati è stato rilanciato l’allarme sula sicurezza degli impianti: la Uil ha chiesto informazioni su un imminente fermata dell’Acciaieria 2 (la settimana scorsa c’era stata una perdita di gas) a causa di presunti problemi tecnici riscontrati sul gasometro dell’impianto.





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