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Rimborso per il personale nella codatorialità fuori campo IVA


Facendo seguito alla recente circolare n. 5, l’Agenzia delle Entrate ha fornito ulteriori chiarimenti in merito alla disciplina IVA del rimborso del costo del personale in caso di codatorialità.

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Sul tema, è stata pubblicata ieri la risposta a interpello n. 136, nella quale sono stati indagati i rapporti dell’istituto della codatorialità rispetto al distacco del personale, per il quale la disciplina ai fini IVA è mutata per i contratti stipulati o rinnovati dal 1° gennaio 2025.

In via preliminare, va osservato come, ai sensi dell’art. 30 del DLgs. 276/2003, il distacco di personale si possa considerare lecito quando un datore di lavoro (distaccante), per soddisfare un proprio interesse, ponga temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto (distaccatario) per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa.

In tale contesto assume particolare rilievo la previsione di cui al comma 4-ter della predetta norma, secondo cui in caso di assegnazione in distacco tra aziende che hanno sottoscritto un contratto di rete, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete. La medesima norma stabilisce poi che per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso.

Ciò premesso, nella tesi sostenuta dalla società si evidenzia come l’interesse dell’impresa distaccante sia il requisito necessario per legittimare il distacco mentre la codatorialità si possa considerare differente in quanto i poteri datoriali competono contestualmente a più imprenditori associati nella rete, non si possa considerare “temporanea” e preveda un “utilizzo cumulativo del lavoratore” da parte di più soggetti.

Su questa base, la società ritiene che non sia applicabile l’IVA al rimborso del solo costo dei lavoratori in codatorialità all’interno della rete.

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Nella risposta, l’Agenzia delle Entrate ricorda in primis che nel nostro ordinamento manca una definizione legale di codatorialità e che tale lacuna è stata colmata dalla giurisprudenza di legittimità che ha definito tale la situazione di fatto che si viene a creare all’interno dei gruppi societari quando, a prescindere dal tipo di contratto utilizzato, un lavoratore dipendente presta la propria attività lavorativa a favore di più imprese (datori di lavoro). Con l’occasione, è stata dunque operata una distinzione tra codatorialità tipica, espressamente richiamata in relazione al contratto di rete, e codatorialità atipica, che può realizzarsi anche al di fuori del contratto di rete e in presenza o meno di un collegamento funzionale tra imprese (Cass. n. 3899/2019 e Cass. n. 16975/2022).

In tale ottica, secondo l’Agenzia, il comma 4-ter in parola si pone come norma speciale che ammette l’utilizzo della codatorialità nelle reti di imprese, alle condizioni ivi previste, tra le quali non figurano gli elementi “costitutivi” individuati dalla Corte di Cassazione, riscontabili nei gruppi societari e rispetto ai quali le reti di impresa sono altra cosa. Infatti, mentre nei gruppi societari l’interdipendenza delle diverse imprese si realizza tramite l’attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c., realizzata da una di esse (in genere la controllante di ultimo livello) nei confronti delle altre, nelle reti di impresa è realizzata mediante l’attuazione del programma comune di rete, che presuppone un obiettivo comune alle associate.

Sulla base di queste premesse, come già tratteggiato nella circolare n. 5/2025 (§ 3.1), nell’istituto della codatorialità non è possibile rinvenire un rapporto sinallagmatico tra le prestazioni, come avviene invece nel distacco del personale (tra l’impresa distaccante e la distaccataria), a prescindere dall’importo del corrispettivo pattuito.

Nella codatorialità non sussiste un simile nesso sinallagmatico in quanto le imprese che accettano le regole di ingaggio fissate nel contratto di rete assumono ciascuna il ruolo di datore di lavoro, direttamente responsabile per la quota di propria competenza del pagamento dello stipendio al lavoratore.

Secondo l’Agenzia delle Entrate, dunque, il rimborso degli oneri ha la mera finalità di restituzione di quanto solidalmente anticipato al dipendente dall’impresa referente. In sostanza, a ciascuna impresa aderente alla rete viene rimborsato il costo del personale dipendente in proporzione all’effettivo contributo che ha ricevuto da ogni lavoratore.

Questo comporta che, ai fini IVA, l’operazione integri una mera movimentazione di denaro e, in quanto tale, non sia soggetta a imposta ai sensi dell’art. 2 comma 3 lett. a) del DPR 633/72.

La circolare n. 5/2025 ha, inoltre, precisato che l’irrilevanza ai fini IVA si applica a prescindere dalla forma giuridica di rete istituita dalle imprese che hanno aderito al regime di codatorialità e, dunque, sia nel caso di adozione di un modello contrattuale “puro” di rete di imprese (c.d. “rete-contratto”), che prevede una collaborazione tra le imprese retiste senza istituzione di un nuovo soggetto giuridico, sia nel caso in cui le suddette imprese prevedano, invece, la creazione di un nuovo centro di imputazione, soggettivamente autonomo ai fini tributari (c.d. “rete-soggetto”).



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