Uno dei dibattiti più accesi nel mondo dell’intelligenza artificiale (AI) riguarda la sua capacità reale di innovare: i modelli generativi sono davvero in grado di creare qualcosa di nuovo o si limitano a rimescolare ciò che hanno già appreso durante l’addestramento? Questa domanda non è solo teorica: ha implicazioni pratiche, soprattutto per le PMI e l’industria, che si trovano sempre più spesso a valutare se e come integrare l’IA nei propri processi produttivi e decisionali.
Per provare a rispondere a questa domanda, almeno in parte, sta prendendo forma un progetto targato Google DeepMind, che si chiama AlphaEvolve. Questo sistema, sviluppato con una combinazione delle capacità di codifica dell’IA Gemini, tecniche di test dell’efficacia algoritmica e metodi evolutivi per la generazione di soluzioni, dimostra che sì, l’AI può davvero superare l’ingegno umano nella progettazione.
Oltre l’intelligenza artificiale convenzionale
AlphaEvolve non si limita a “scrivere codice” ma, ad oggi, è in grado di produrre algoritmi più efficienti di quelli esistenti, persino – in alcuni casi – più di quelli ideati da esseri umani in decenni di ricerca. Un esempio emblematico riguarda il superamento del celebre algoritmo di Strassen, utilizzato per i calcoli su matrici da oltre 56 anni. AlphaEvolve è riuscito a generare una variante ancora più efficiente, riducendo il numero di calcoli necessari: un miglioramento che, in contesti industriali e informatici, può tradursi in significativi risparmi di tempo e risorse.
Secondo Pushmeet Kohli, responsabile dell’area “AI for Science” di DeepMind, il sistema è in grado di affrontare problemi chiave: dalla programmazione delle attività nei data center, alla progettazione dei chip, fino all’ottimizzazione degli algoritmi alla base degli stessi modelli linguistici come Gemini. Questi non sono dettagli: sono le fondamenta dell’infrastruttura tecnologica su cui si regge gran parte dell’industria digitale odierna.
L’AI è in grado di ragionare?
Uno dei punti di forza di AlphaEvolve è che non si limita a produrre “buone idee” o “codice funzionante”, ma risultati misurabili e verificabili. Come spiega Matej Balog, uno dei principali ricercatori coinvolti nel progetto, è difficile dire se un testo o un pezzo di codice scritto da un modello linguistico sia realmente nuovo. Tuttavia, è possibile dimostrare in modo rigoroso che una determinata soluzione non era presente nei dati di addestramento e non è mai stata proposta prima da un essere umano. Questo eleva AlphaEvolve a un nuovo livello: non solo generazione, ma vera scoperta computazionale.
Josh Alman, professore alla Columbia University specializzato in progettazione di algoritmi, sottolinea che il sistema “non può semplicemente aver rimescolato qualcosa già noto”: deve necessariamente avere prodotto qualcosa di nuovo. Questo punto è fondamentale anche per le aziende: non si tratta più di automatizzare processi esistenti, ma di generare innovazione laddove prima servivano mesi o anni di ricerca.
Impatti per l’industria e le PMI: oltre la semplice automazione
Per le piccole e medie imprese e per il tessuto industriale, il messaggio è chiaro: l’AI non è più solo uno strumento di supporto, ma può diventare un partner creativo e progettuale. Le possibilità sono ampie: ottimizzazione dei flussi produttivi, progettazione automatica di componenti, generazione di strategie logistiche o finanziarie personalizzate. Grazie alla capacità dell’intelligenza artificiale di esplorare ampi spazi di soluzione attraverso tecniche evolutive, anche problemi tradizionalmente complessi o poco strutturati possono essere affrontati con approcci nuovi.
E qui entra in gioco un elemento dirompente: l’accelerazione dell’innovazione. Come sottolinea Neil Thompson, ricercatore al MIT, il vero potenziale non sta solo nella capacità di trovare soluzioni migliori a problemi ben definiti, ma nel poter affrontare anche questioni più vaste, meno strutturate, che oggi richiedono enormi investimenti in ricerca e sviluppo. Se AlphaEvolve è riuscito a scoprire un algoritmo migliore di Strassen dopo mezzo secolo, cosa potrebbe fare per un’impresa che cerca il modo più efficiente di ottimizzare la logistica o progettare un nuovo prodotto?
Una nuova era per la collaborazione tra umani e IA
Un’altra frontiera interessante è la possibilità di una collaborazione diretta tra umani e intelligenze artificiali. I ricercatori di DeepMind hanno osservato che, dando ad AlphaEvolve degli input iniziali sotto forma di idee o intuizioni, è possibile stimolare la generazione di soluzioni originali e inattese. Si tratta di una forma di brainstorming evolutivo che unisce l’intuizione umana alla capacità computazionale dell’AI. In un contesto aziendale, questo potrebbe tradursi in team di sviluppo che lavorano fianco a fianco con modelli come AlphaEvolve per progettare soluzioni su misura in tempi ridotti.
Per le PMI, però, la sfida sarà culturale prima ancora che tecnologica: passare dall’uso dell’AI come supporto operativo all’adozione come partner creativo e progettuale richiede formazione e una nuova consapevolezza per i lavoratori. Per l’industria, la posta in gioco è ancora più alta: c’è la possibilità di rivoluzionare interi cicli produttivi, dimezzare i tempi di innovazione, aprire strade inaspettate nella progettazione di prodotti, processi e servizi ma solo se vengono applicati i giusti meccanismi di apprendimento.
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