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Il neoliberismo è in crisi, ma le sue scorie sono ancora tra di noi


L’unico modo in cui una elité decadente è in grado di proteggere la propria ricchezza è tramite il ricorso all’autoritarismo, con l’ausilio di idee egemoniche, ma anche della forza schiacciante del potere economico e militare

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La crisi del neoliberismo è evidente da tempo, ma i suoi germi e le sue scorie continuano a infestare la società. Il modello estrattivo e predatorio che ha segnato gli ultimi 40 anni della storia contemporanea ha lasciato veleni nell’humus valoriale delle persone che sono difficili da smaltire. Il senso del suo fallimento è ormai accertato e consolidato nell’opinione pubblica.

Riforme ed egemonia

L’83 per cento degli italiani ritiene assolutamente necessario riformare il modello capitalistico attuale (dato in crescita di due punti percentuali rispetto al 2022 e che sale all’86 per cento nei ceti popolari). In più il 74 per cento del paese giudica la nostra società a pezzi (una percezione che vola all’81 per cento nei ceti popolari e al 78 per cento tra i giovani della Generazione Z).

Per il 36 per cento degli italiani, secondo una recente ricerca dell’osservatorio Fragilitalia del centro studi Legacoop e Ipsos, uno dei principali nemici del futuro è la concentrazione in poche mani della ricchezza e, per il 32 per cento, il mercato è organizzato dai possessori di grandi ricchezze con il solo obiettivo di arricchirsi. Nonostante le critiche verso il modello neoliberista diversi germi continuano a sussistere nella coscienza collettiva. Una sussistenza che è il frutto della capacità egemonica esercitata dal neoliberismo negli ultimi 40 anni che ha saputo far divenire la propria visione della società e della relazione tra gli individui parte integrante della coscienza collettiva.

I tratti di questa egemonia sono rintracciabili in diversi tratti: nella capacità di illudere le persone sul ruolo salvifico del mercato, che da solo e senza regole può creare benessere per tutti; nella valorizzazione dell’ipercompetizione tra le persone (i meritevoli sarebbero emersi solo grazie a un agonismo senza frontiere con gli altri); nella seduzione dell’equazione più soldi hai più sei una persona migliore; nella diffusione del dogma egoista del pensare solo a sé stessi (perché essere solidali non serve: ci penserà la mano invisibile del mercato a sistemare le cose e a rendere ognuno capace di produrre l’agognata ricchezza); nello svilimento del ruolo dello stato, trasformato in una piovra che con le tasse sottrae ricchezza ai singoli; nel patrocinio delle mani libere per le imprese, soprattutto nella gestione del lavoro e dei dipendenti; nell’imporre quale fine primo e ultimo di ogni impresa la logica del profitto a breve termine per gli azionisti (e il suo aumento costante).

Visioni più o meno in auge

Alcune di queste visioni sono nel tempo arretrate. Oggi la fiducia negli imprenditori e nei manager è decisamente scemata e secondo l’84 per cento degli italiani gli imprenditori e i manager sono troppo attenti al profitto e poco alle persone. In frenata il tasso di iper-competitività: solo il 19 per cento degli italiani si sente teso e arrabbiato se un’altra persona fa meglio e ha più successo. Così come sul tema della solidarietà la società italiana mostra alte dosi di resistenza al credo neoliberista: solo il 25 per cento ritiene che sia un tema ormai superato.

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Restano alti, invece, i germi antistatali (le tasse sono un furto nelle tasche delle persone per il 59 per cento) e quelli aziendalisti puri (le imprese devono avere meno vincoli e operare con maggiore libertà, 62 per cento). Per quanto attiene all’iperindividualismo, il quadro è in evoluzione. Il famigerato “prima vengo io e poi penso anche agli altri” è assestato al 47 per cento (dato alto ma non maggioritario).

La crisi del neoliberismo è una buona notizia ma, in assenza di una spinta verso una nuova visione della società, porta con sé alcuni pericoli. Come ci ricorda lo storico Karl Polani l’unico modo in cui una elité decadente è in grado di proteggere la propria ricchezza è tramite il ricorso all’autoritarismo, con l’ausilio di idee egemoniche, ma anche della forza schiacciante del potere economico e militare. E le dinamiche degli ultimi anni mostrano ampiamente le derive verso cui si sta spingendo il neoliberismo per non lasciare spazio a nuovi modelli sociali e per far terra bruciata intorno.


NOTA METODOLOGICA. Doppia fonte cawi dei dati. Osservatorio fragilitalia Legacoop Ipsos, campione 800 soggetti. Interviste 2-7 dicembre 2024. Osservatorio sociale dell’autore, campione 800 soggetti, interviste prima decade di marzo 2025.

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