di: Andrea Spinelli Barrile | 15 Maggio 2025
Il procurement alle Nazioni Unite, ovvero la gestione degli acquisti, è un processo complesso che coinvolge la Divisione Procurement delle Nazioni Unite, l’Ufficio delle Nazioni Unite per i Servizi e i Progetti (Unops) e tutte le sue agenzie, per soddisfare le esigenze di approvvigionamento della sede centrale, delle missioni di pace, degli uffici distaccati e di tutti i progetti in cui è coinvolta l’Onu.
Questo processo si concentra sull’identificazione delle esigenze, la selezione dei fornitori, la negoziazione dei contratti e la gestione dei pagamenti, e rappresenta, in tal senso, un’opportunità importante per il settore privato. Un’opportunità non solo di lavoro e di crescita, ma anche di innovazione, di messa alla prova delle capacità e del know-how interno delle stesse aziende private, siano esse multinazionali o piccole e medie imprese, che scelgono di mettersi in gioco e collaborare con i progetti delle Nazioni Unite. Come ha affermato Marcus McKay, rappresentante dell’Unops per l’Italia: “All’Unops abbiamo il mandato per la gestione delle infrastrutture e del procurement, il braccio operativo delle Nazioni Unite. Abbiamo bisogno del settore privato, e non solo delle grandi aziende: crediamo nello sviluppo di nuovi mercati e cerchiamo fornitori per fare vera capacity building”.
In un contesto attuale di “policrisi” — come ripetuto più volte da McKay durante il panel tematico organizzato a Codeway 2025, una situazione globale caratterizzata da una maggiore complessità dei contesti e delle criticità — “l’Onu non può fare da sola” e il settore privato assume un ruolo che, oltre a essere strategico, è anche tecnico: “Dobbiamo navigare tempi difficili e creare un futuro più resiliente”, ha detto McKay, specificando che questa azione “richiede capacità che vanno oltre quelle attuali”. Ed è proprio qui che entra in gioco il settore privato.
La forza trasformativa intrinseca nelle imprese, soprattutto nelle Pmi, ha storicamente avuto un “impatto profondo” sui progetti delle varie agenzie delle Nazioni Unite: “Unops ha l’esperienza e il settore privato fornisce oggi innovazione, agilità e accelera l’impatto dei cambiamenti”, che è poi esattamente ciò che oggi viene richiesto nella cooperazione tra le Pmi e le agenzie Onu. “Occorre creare resilienza”, ha detto McKay rivolgendosi alle imprese presenti in sala: “Le aziende, in questo, sono essenziali perché si concentrano sulla gestione dei rischi e sulla creazione di supply chain resilienti. In tal senso, il settore privato permette di garantire una continuità con gli sforzi dello sviluppo umanitario”, per portare aiuti e progetti dove servono, anche in circostanze difficili. “Il settore privato è il motore della crescita economica”, ha ricordato McKay, anche per i progetti Onu.
La sfida imprenditoriale, e la conseguente leva finanziaria, fanno oggi la differenza tra la morte e la sopravvivenza, e le Nazioni Unite dichiarano di voler continuare a lavorare con il settore privato, anzi di voler intensificare questa cooperazione, per attuare “uno sforzo strategico” e “sfruttare i punti di forza di tutte le parti”.
L’Italia, in questo, può giocare un ruolo importante. Lo hanno ricordato i rappresentanti delle due agenzie Onu con sede a Roma, la Fao e il Pam. Le aziende italiane contribuiscono alle necessità di procurement delle Nazioni Unite e, attraverso meccanismi collaborativi, hanno raggiunto la ragguardevole cifra di un miliardo di dollari in procurement tra il 2021 e il 2024. Si tratta, in questo senso, di un vero e proprio mercato di opportunità, oltre che di sviluppo e di sostegno. “Le aziende italiane”, ha concluso McKay, “vantano una grande eccellenza in molti settori critici per i mandati Onu, come nelle soluzioni innovative, nel farmaceutico, nelle costruzioni. Il procurement è uno strumento per raggiungere obiettivi condivisi e l’Italia non è solo fornitore, ma un abilitatore strategico”.
Il procurement e il settore privato sono due facce della stessa medaglia, come ha ricordato Duccio Maria Tenti del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite (Undp): “Lo sviluppo a livello locale”.
Una delle sfide più importanti di oggi per il procurement delle Nazioni Unite riguarda la riduzione dell’impatto ambientale dei vari progetti nel mondo: lo ha spiegato chiaramente Ignazio Matteini, dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr): “Lavoriamo con persone che sono tra le più colpite dal cambiamento climatico e vogliamo minimizzare la footprint delle nostre azioni. Il primo passo per noi è creare sostenibilità culturale, ma anche cambiare il materiale con cui lavoriamo”. Tra il 2022 e il 2025, l’Unhcr ha ridotto del 20% la propria impronta climatica e le componenti plastiche, “e continueremo in questa direzione”, ragion per cui “cerchiamo nuovi partner, nuove tecnologie per sostituire la plastica nel nostro procurement”.
Fornitori “etici”, in un certo senso, che riescano a coniugare business e crescita con un minor impatto climatico, migliori tecnologie e una tendenza all’innovazione.
L’obiettivo, per le Nazioni Unite, è mantenere un alto impatto sociale con un sempre più basso impatto ambientale: il contributo del settore privato, in tal senso, è quindi essenziale.
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