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Ucraina, la ricostruzione attraverso infrastrutture e sanità: «Solo 11 aziende italiane hanno risposto ai 192 bandi»


di
Matteo Sorio

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Summit a Verona con Antonio Tajani e Oleksii Kuleba. Il presidente dell’agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese italiane: «È una nazione che avrà bisogno di aziende che producono tecnologie sanitarie, che si occupano di edilizia, che sanno fare bonifiche e sminamenti»

Sugli schermi dell’auditorium della Fiera di Verona compare un grafico che parla della zona di Zaporizhzhia. «Rebuilding infrastructure with energy efficiency», si legge. Tradotto: serviranno infrastrutture della ricostruzione che facciano rima con efficientamento energetico. «Sì, è un esempio di quello che già serve, in Ucraina, e che servirà una volta finita la guerra», dice Matteo Zoppas, già a capo di Confindustria Veneto e ora presidente di Ice, l’agenzia per l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Dalla «speranza di una pace» all’«opportunità per le imprese italiane e venete», il passo è breve quando si parla di economia post-bellica.

Divisa in 24 province, estesa su 603 mila chilometri quadrati, l’Ucraina raccontata lunedì 12 maggio a Verona, durante la tappa di presentazione della «Conferenza per la ricostruzione» del 10 e 11 luglio a Roma, è una nazione che, spiega Zoppas, «avrà bisogno di imprese che producono tecnologie sanitarie, che costruiscono infrastrutture, che si occupano di edilizia immobiliare, che possono esportare grano e mais, che sanno fare bonifiche e sminamenti». C’erano il ministro degli Esteri Antonio Tajani e il vice-primo ministro ucraino Oleksii Kuleba, lunedì, a Verona, a «spingere» verso una direzione cui le imprese italiane non stanno ancora guardando.




















































Nuovi bandi per l’Ucraina

Aspettando la messa a sistema delle iniziative istituzionali ucraine, ci sono già 192 bandi legati alla ricostruzione e «soltanto a 11 di questi hanno risposto anche nostre aziende», rifletteva lunedì Zoppas citando il portale online «ProZorro», nato da un accordo tra imprese e governo ucraino, e le iniziative della Banche multilaterali di sviluppo. «Verona è la città industriale di una regione importante per l’economia reale italiana: vogliamo che le nostre piccole e medie imprese siano protagoniste della ricostruzione in Ucraina», il rinforzo di Tajani.

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Quattrocento realtà in ascolto

A Verona, ieri, risultavano accreditate circa quattrocento realtà fra istituzioni e imprese. Di queste, circa centocinquanta da tutt’Italia e diverse dal Veneto. «Prima della guerra esportavamo tanto marmo in Ucraina – così Debora Alberti, imprenditrice veronese, titolare della Ditta Alberti Marmi e consigliere del Verona Stone District –. Adesso che il mercato tedesco è fermo per la crisi, ritrovare certi mercati sarebbe un’opportunità». Non solo marmo. Dalla provincia scaligera, prima della guerra, partiva anche tanto legno per gli arredi, verso l’Ucraina. Se poi allarghiamo il raggio a livello regionale, all’inizio del 2024 uno studio di Confartigianato Veneto su dati Istat lasciava intendere che «dall’inizio del conflitto in Ucraina abbiamo già perso oltre mezzo miliardo di euro di export: per fortuna si tratta “solo” dell’1,6% del valore esportato dalla nostra regione nel mondo ma si tratta di un mercato molto importante per le merci delle nostre piccole e medie imprese». Seduto fra la platea dell’auditorium di Veronafiere, lunedì, ascoltava interessato i programmi ucraini anche Claudio Perbellini, vice presidente di Fai Verona, la sezione provinciale della Federazione Autotrasportatori Italiani: «Da Verona all’Ucraina sono dieci, massimo dodici ore di camion. Importavamo in Italia il loro mais, prima della guerra, ed esportavamo il nostro vino, le nostre lavatrici. Con l’invasione russa si è bloccato tutto. Se dovesse arrivare la pace, e la ricostruzione accelerasse, noi avremmo un ruolo importantissimo». «Quanto» possa valere quel ruolo, è una domanda che rimbalza ancora a vuoto.

Il presidente del Consiglio Regionale

Da Verona – dov’erano presenti pure il sindaco Damiano Tommasi e il suo «collega» di Vicenza, Giacomo Possamai – il presidente del Consiglio Regionale del Veneto, Roberto Ciambetti, ha voluto comunque ricordare «in Veneto ci sono tre città che hanno rapporti di gemellaggio o di collaborazione con città ucraine: Venezia con Odessa, Vicenza con Zhytomyr, Zero Branco con Ivano-Frankove. Un modello di cooperazione possibile credo sia quello sperimentato dalla Camera di Commercio di Vicenza, che avviò negli anni ‘90 lo Sportello Balcanico per facilitare i rapporti tra le imprese vicentine e quell’area, iniziativa rilanciata anche recentemente dal progetto Balkanet, con cui il Centro Estero Veneto e la Camera di Commercio di Treviso, insieme a Unioncamere del Veneto e Informest, stanno attivando una serie di iniziative finalizzate a rilanciare la penetrazione commerciale e industriale delle aziende venete. Credo che altrettanto si possa fare con l’Ucraina».

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13 maggio 2025 ( modifica il 13 maggio 2025 | 15:42)

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