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M&A in calo nel primo quadrimestre 2025


La notizia cattiva è che il numero di transazioni di M&A nel primo quadrimestre 2025 è sceso del 16% rispetto allo stesso periodo del 2024, con una riduzione del 70% del volume totale delle operazioni. Quella buona è che la pipeline per quest’anno resta solida. A dirlo è l’EY Parthenon Bulletin, diffuso oggi.

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M&A IN CALO NEL PRIMO QUADRIMESTRE 2025

I settori che hanno guidato gli investimenti in termini di numero sono principalmente l’industriale, con il 24% del numero di operazioni annunciate, seguito dai beni di consumo con il 17% e dal settore tecnologico con l’11%.

Secondo lo studio di EY Parthenon, la contrazione dell’M&A nei primi quattro mesi del 2025 è attribuibile alla dimensione media contenuta delle operazioni e alla rilevante riduzione dei megadeal, ovvero operazioni con controvalore superiore a 1 miliardo di euro. Inoltre, sull’attività dei fondi di private equity hanno pesato il clima di scarsa fiducia sul mercato e l’attesa di una ulteriore riduzione dei tassi di interesse.

Ciononostante, nei primi quattro mesi dell’anno il private equity e i fondi infrastrutturali hanno continuato a essere un elemento trainante del mercato M&A italiano, con 150 operazioni di buy-out su target italiane, per un valore aggregato, ove disponibile, di circa 4,5 miliardi di euro. Nello stesso periodo del 2024 erano state censite 208 operazioni, per un valore di 10,1 miliardi.

I fondi continuano a costituire una percentuale rilevante di acquirenti nelle operazioni annunciate, raggiungendo il 39%. In aggiunta, continua a essere significativa la percentuale di investimenti realizzati tramite le portfolio companies, note anche come add-on, che sottolineano il loro ruolo fondamentale nel processo di trasformazione delle aziende.

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LE PROSPETTIVE PER IL 2025

Tuttavia, la pipeline di potenziali M&A nel 2025 in Italia resta solida, specialmente per le grandi operazioni di consolidamento nel settore bancario e assicurativo. In proposito, Marco Daviddi (nella foto), managing partner di EY Parthenon in Italia, ha spiegato: Nonostante un inizio d’anno difficile in ambito M&A, si stanno gettando le basi per operazioni capaci di ridisegnare alcuni settori chiave come quello finanziario, del fashion & luxury e industriale. La liquidità nel sistema rimane elevata e i fondi di private equity giocheranno un ruolo significativo. Le aziende italiane dovranno affrontare molteplici sfide, rendendo necessario un incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo, impianti, macchinari e formazione del personale per affrontare la trasformazione in atto. Aprire il capitale a investitori finanziari o procedere con processi di consolidamento, rappresentano valide opzioni per affrontare gli ostacoli attuali e cogliere le opportunità emergenti”.

Il bollettino di EY Parthenon segnala che il 46% dei ceo nazionali ha intenzione di procedere con operazioni di M&A. Una percentuale che sale al 57% a livello mondiale, in modo da incrementare la massa critica e perseguire sinergie ed efficienze. Inoltre, le aziende italiane stanno rafforzando le attività di investimento in target estere dove, sebbene da inizio anno il numero di operazioni sia sostanzialmente stabile, con poco meno di 100 deal, il volume di investimento è raddoppiato a circa 10 miliardi di euro, grazie ad alcune operazioni di dimensione rilevante. “Joint venture e alleanze strategiche, ad ogni modo, per il 68% degli intervistati appare la principale opzione strategica per condividere investimenti e per affrontare la rivoluzione tecnologica in corso”, sottolinea Daviddi.

L’IMPATTO DEI DAZI SULLE IMPRESE ITALIANE

Sul contesto macroeconomico italiano pende la spada di Damocle dei dazi introdotti dal presidente americano Trump, che preoccupano in particolare le imprese dei settori moda e lusso. In Italia, il 40% degli intervistati (rispetto al 25% a livello globale) dichiara di essere in fase di ripensamento dell’intensità degli investimenti in tecnologie AI, a causa delle incertezze riguardanti le aspettative di ritorno.

Daviddi in merito evidenzia: “Le aziende italiane stiano già adottando misure per mitigare l’impatto delle nuove regole tariffarie e per diversificare i propri mercati. Sebbene sia opportuno concentrarsi sul breve periodo, soprattutto per la riorganizzazione dei mercati di riferimento, la struttura delle catene di fornitura e le relazioni con i propri consumatori e utenti, è fondamentale non trascurare altre questioni strategiche, che richiedono capacità di intervento e azioni decise. Tra queste vi sono, in particolare, il contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo di politiche sostenibili, le trasformazioni dei modelli operativi e di business indotte dall’impatto dell’intelligenza artificiale”.

Secondo EY Parthenon, le aziende esposte verso il mercato Usa dovranno comprendere quale è l’elasticità al prezzo in relazione alla base clienti di riferimento e, eventualmente, quanto dell’incremento dei prezzi dovuto alle nuove tariffe potrà essere trasferito sulla filiera produttiva, già in molti casi sotto pressione, e quanto potrà essere assorbito come riduzione della profittabilità. Inoltre, molte aziende stanno conducendo analisi strategiche riguardo all’opportunità di trasferire o installare capacità produttiva negli Stati Uniti, sebbene la mossa sia molto complessa nel breve termine.

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