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“Investire nel restauro ecologico conviene”


Nel Palazzo Ducale di Genova, la seconda tappa del Festival dello Sviluppo Sostenibile ha acceso i riflettori sulla biodiversità come leva strategica per il futuro. L’evento “L’elefante nella stanza. Il valore (non solo ambientale) della biodiversità”, che si è tenuto il 9 maggio e ha avuto Iren in qualità di tutor, ha riunito esperti e istituzioni in un confronto ad ampio raggio sul valore ambientale, economico e sociale della biodiversità. Al centro dei lavori il nuovo Regolamento europeo sul ripristino della natura, che impone lo stop al consumo netto di suolo in migliaia di comuni italiani. Per l’occasione l’ASviS ha presentato un documento di proposta sul tema dal titolo “La Nature restoration law: un’opportunità per l’Italia”, mentre l’installazione “L’elefante della biodiversità” di Andrea Morini, allestita nell’atrio, ha dato il via a un ciclo di eventi curati dalla Fondazione Capellino per ripensare lo sviluppo mettendo la biodiversità al centro di ogni scelta.

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Moderato da Michele Brambilla, direttore de Il secolo XIX, il dibattito è stato aperto dai saluti di Ilaria Bonacossa, direttrice del Palazzo Ducale, e dall’intervento di Marco Bucci, presidente della Regione Liguria: “Lo sviluppo è sì ambientale, ma anche economico e sociale. Se i benefici non arrivano a tutti, non possiamo parlare di sviluppo sostenibile. Associare la seconda tappa del Festival a Genova, significa parlare anche di biodiversità marina. La diversità è sempre un valore aggiunto, e quella in natura va rispettata. Qui in Liguria, nel polo della subacquea, aziende private e amministrazione pubblica si sono unite per finanziare progetti di conoscenza del fondale marino”.

Mauro Rotelli, presidente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei Deputati, ha invitato a cambiare prospettiva sulla biodiversità: “Troppo spesso parliamo di biodiversità soltanto in termini negativi”. Rotelli ha sottolineato come oggi sia possibile coniugare efficienza energetica ed economia circolare, facendo leva sul concetto di materie prime seconde, “materiali recuperati e riutilizzati che stanno diventando sempre più centrali in una visione sostenibile dello sviluppo. Dal 2022 la tutela della biodiversità è stata inserita anche nella nostra Costituzione, un passo importante che rafforza l’impegno istituzionale su questo fronte”.

Sul ruolo strategico della biodiversità si è soffermato Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica: “La straordinaria ricchezza della biodiversità italiana non è assicurata e la tutela degli ecosistemi deve diventare una priorità. È un patrimonio da proteggere, e il problema è anche culturale: per questo dobbiamo lavorare alla crescita di una nuova consapevolezza collettiva. Grazie alla Strategia nazionale sulla biodiversità, intendiamo costruire politiche concrete e durature. E il Piano nazionale di ripristino (Pnr) lo costruiremo pensando non solo agli italiani del presente, ma anche a quelli del futuro”.

Sul tema ha offerto una riflessione anche Francesco Frati, Università di Siena e National biodiversity future center (Nbfc): “La biodiversità ha un ruolo fondamentale nel garantire i servizi ecosistemici, cruciali anche in un’ottica di One health, ovvero quella visione integrata che lega la salute dell’uomo, degli animali e dell’ambiente. Ma la diversità ecologica ha oggi anche un altissimo valore culturale, grazie all’approvazione dell’Agenda 2030 da parte dell’Onu, seguita dall’impegno dell’Unione europea che ha portato alla Nature restoration law (Nrl), una normativa che ci impegna direttamente in attività concrete di restauro ecologico. Un richiamo importante, infine, arriva anche dalla Laudato si’ di Papa Francesco, che ci ricorda come il sovrasfruttamento delle risorse sia in contrasto con i principi etici e spirituali condivisi dalla religione”.

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A ribadire la gravità del momento è stato Roberto Danovaro, università Politecnica delle Marche, sottolineando che con la crescita demografica le risorse naturali saranno ancora più consumate. Ha poi affermato: “Stiamo superando i limiti biofisici del Pianeta. La vera sfida è dunque conciliare lo sviluppo umano con due grandi crisi: quella climatica e la perdita di biodiversità. Distruggere un ecosistema può richiedere pochi giorni, costruire uno sviluppo sostenibile richiede invece decenni. Eppure, le soluzioni esistono: si basano su un approccio strategico articolato su tre livelli. Il primo è la riduzione degli impatti e dell’inquinamento. Il secondo è la protezione attiva degli habitat e della biodiversità. Il terzo è il restauro degli ecosistemi, che comprende anche le bonifiche ambientali. Abbiamo bisogno di una visione trasformativa, che cambi anche i nostri modelli di produzione e consumo. Gli studi internazionali lo dimostrano chiaramente: investire nel restauro conviene. Ogni euro investito in interventi di recupero ambientale genera un ritorno economico compreso tra 7 e 30 euro”.

Durante la tavola rotonda “L’impegno delle istituzioni e delle imprese per la biodiversità” diversi esperti e rappresentanti del mondo imprenditoriale hanno condiviso riflessioni e azioni concrete per affrontare la crisi della biodiversità.

Gianluca Bufo, Amministratore delegato di Iren, ha dichiarato che “Oggi la sostenibilità è circolare, si va dalla transizione energetica fino al riuso del rifiuto e al recupero dei materiali. Nell’ultimo anno, il 70% dei nostri investimenti sono stati indirizzati verso attività sostenibili, investimenti che ritornano sul territorio e che permettono ad altre imprese di crescere insieme”.

Pier Giovanni Capellino, presidente della fondazione Capellino e di Almo Nature, ha voluto evidenziare l’importanza di una visione imprenditoriale orientata alla tutela della biodiversità: “Come fondazione, ci siamo posti l’obiettivo di orientare le scelte aziendali nella giusta direzione. Con Almo Nature ci siamo chiesti quale fosse la scelta giusta: investire in biodiversità significa contribuire al Pil e creare occupazione. In futuro, le imprese potrebbero destinare parte dei profitti a grandi progetti di conservazione”.

Tiziana Cattani, direttrice delle Politiche sociali di Coop Liguria, ha condiviso le iniziative della cooperativa per ridurre l’impatto ambientale: “Essendo una cooperativa di consumatori, la nostra missione include l’impegno verso l’ambiente e le generazioni future. Negli anni abbiamo ridotto l’uso di gas Cfc, abbattuto gli additivi nei detersivi e sviluppato una serie di linee di prodotti sostenibili, come Viviverde. Inoltre, ci impegniamo a sensibilizzare i nostri consumatori sulla sostenibilità”.

Mariachiara Chiantore, ricercatrice presso l’università di Genova e il National biodiversity future center (Nbfc), ha illustrato l’importanza della formazione: “Abbiamo la responsabilità di formare le persone che saranno protagoniste nell’attività di restauro. Il concetto di interventi di restauro è anche collegato alle soluzioni ispirate dalla natura. Stiamo realizzando un catalogo sulle Nature based solutions, un documento utile ai pianificatori per scegliere la soluzione più adeguata agli interventi da perseguire”.

Giuseppe Costa, presidente e Ad di Costa edutainment, ha parlato di alcuni progetti portati avanti dalla sua azienda: “Con ‘Delfini metropolitani’ da anni monitoriamo lo stato dei cetacei in una zona minacciata dall’inquinamento. Inoltre, lavoriamo alla riproduzione dei coralli nelle Maldive, distrutti da maremoti e temperature elevate. Stiamo inoltre cercando di capire come accelerarne il processo di riproduzione, e siamo coinvolti nella cura delle tartarughe marine”.

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Il business deve integrare nuove competenze per gestire il tema della biodiversità”, ha invece affermato Stefania Lallai, vicepresidente di Msc, “negli anni abbiamo fatto un grosso lavoro di monitoraggio per capire i nostri impatti sulla biodiversità e stiamo lavorando sulla revisione delle rotte marittime. Siamo stati tra i primi nel 2019 a decidere di non percorrere la rotta artica, dando un segnale forte anche ai nostri competitor”.

Barbara Mazzolai, direttrice del Bioinspired soft robotics laboratory dell’Istituto italiano di tecnologia, ha evidenziato il legame tra scienza e natura: “Dobbiamo approfondire le ricerche per fornire soluzioni agli agricoltori, per esempio, per ridurre l’uso di sostanze chimiche e acqua. La natura è anche una fonte di ispirazione per sviluppare tecnologie a basso impatto, come robot fatti con materiali biodegradabili o riutilizzabili”.

Infine, Daniela Picco, direttrice esecutiva della Msc foundation, ha parlato delle iniziative a sostegno della biodiversità marina: “Abbiamo un comitato scientifico che ci guida nella direzione giusta. Supportiamo la biodiversità marina e ci occupiamo anche delle comunità. Tra i nostri progetti, c’è uno che esplora le caratteristiche dei coralli per capire quale genotipo possa resistere ai cambiamenti climatici”.

Nel panel “Che aria tira alla Cop? E in Italia?“, Alessandra Prampolini, direttrice generale di Wwf Italia, ha dato l’inizio a una riflessione sul ruolo della comunicazione: “Nel tempo, alcuni hanno cercato di contrastare le evidenze scientifiche e le decisioni prese durante le Cop. Oggi, ciò che dice un ente accademico, con dati validati nel tempo, non può essere messo in discussione dal parere di chiunque. Eppure, abbiamo visto accadere questo, causando una paralisi globale. Le scelte passate sono state scavalcate, e oggi è fondamentale sostenere con forza i progressi ottenuti. Parlando del Green deal, la sua debolezza nel comunicare soluzioni concrete al pubblico l’ha esposta a facili attacchi. Questo è un problema che non possiamo più permetterci”.

Stefano Raimondi, responsabile biodiversità di Legambiente, ha portato l’attenzione sugli effetti tangibili della crisi climatica sulla biodiversità. “Dall’ultima Cop sulla biodiversità, che si è conclusa a Roma, emergono luci e ombre. Le decisioni prese hanno permesso di focalizzare l’attenzione su un accordo economico che mobiliterà oltre 200 miliardi di dollari annui entro il 2030 a favore della conservazione della natura, ma purtroppo la mobilitazione è stata procrastinata al 2028. Anche sul fondo Cali, per la condivisone delle risorse genetiche, ancora non è chiaro chi saranno i beneficiari. Per quanto riguarda il raggiungimento degli obiettivi della Nrl, siamo in ritardo. Solo l’11%-12% del territorio italiano è protetto realmente, rispetto a un obiettivo di protezione del 30% entro il 2030. Se dovessimo basarci sui ritmi attuali, raggiungeremo questa soglia nel 2100”.

Telmo Pievani, filosofo della biologia ed evoluzionista, ha offerto una riflessione sul paradosso comunicativo che caratterizza il dibattito sulla crisi ambientale: “La prima regola fondamentale nella comunicazione è essere onesti. Non stiamo andando bene nella lotta alla crisi climatica e alla perdita di biodiversità. Viviamo però in un paradosso comunicativo: questa mattina abbiamo raccontato tante buone pratiche, però il trend è negativo. Il pubblico, quindi, è portato a pensare: come mai non funziona? Siamo poi in una fase geopolitica in cui è molto difficile immaginare i grandi Paesi che si siedono intorno a un tavolo per discutere di clima o biodiversità. L’attuale contesto è pieno di retoriche che non sono più solo negazioniste, ma anche attendiste. Una tecnica comunicativa molto efficace che porta, per esempio, a dire che dobbiamo frenare sul Green deal. Chi comunica deve sempre dire perché dobbiamo cambiare le cose. Bisogna poi mescolare emozioni positive e negative. Va però detto che è difficile comunicare la crisi ambientale, un ‘iper-oggetto’ complicato da far afferrare al pubblico. Spiegare la complessità e tutte le interconnessioni è una impresa ardua”.

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Nel corso del dibattito sulla Nrl e sul futuro Pnr, Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, ha espresso preoccupazione per la scarsa attenzione politica al tema. “Di fatto non c’è un euro nel piano strutturale di bilancio presentato in Ue per i prossimi sette anni dedicato alla biodiversità”, ha ricordato, sottolineando come sia urgente integrare il futuro Pnr a quelli di mitigazione e adattamento climatico. “C’è però una bella novità, in attuazione della modifica della Costituzione: il senato l’8 maggio ha approvato un articolo che dice che tutte le nuove leggi devono essere soggette a una valutazione di impatto intergenerazionale. Adesso il lavoro dell’ASviS e degli scienziati sarà quello di far comprendere come effettuare questa valutazione, anche nel rispetto della biodiversità. Non abbiamo solo bisogno di cambiare le leggi ma di attuarle”.

A ribadire il potenziale trasformativo della Nrl, descrivendo i punti salienti del Position paper dell’ASviS, è stata Rossella Muroni, coordinatrice del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 11 “Città e comunità sostenibili” e presidente di Nuove rigenerazioni: “La Nrl è davvero un’opportunità. Il Regolamento fissa obiettivi giuridicamente vincolanti per il ripristino degli ecosistemi degradati in tutta l’Unione: almeno il 20% entro il 2030 e almeno il 90% entro il 2050. Con la Nrl siamo chiamati a presentare entro il primo settembre 2026 un Piano nazionale di ripristino. Questo Piano sarà cruciale e dovrà essere in linea con l’approccio One health, che integra salute umana, salute degli ecosistemi e salute animale. In questo contesto il Pnr deve fungere da cabina di regia che non sostituisca ma coordini, e valorizzi, le strategie già varate, anche per poter connettere ecosistemi urbani, fluviali, agricoli e forestali, promuovendo politiche integrate nel contrasto alla crisi climatica”.

Sul ruolo della conoscenza scientifica e del coinvolgimento dei territori si è soffermato Stefano Laporta, presidente di Ispra: “Riguardo al Pnr, per evitare che resti nei cassetti, sarà fondamentale scriverlo insieme ad altri centri di ricerca. Sarà un Piano ambizioso, dove dovremo essere capaci di individuare le aree naturali da ripristinare, monitorandone i progressi nel corso del tempo. Tutto ciò con un’ottica di visione sistemica. Per poter essere realistico, il Pnr dovrà essere fatto anche insieme ai territori: senza la partecipazione dei territori sarà impossibile raggiungere gli obiettivi. Si tratta di un’opportunità che può essere sfruttata attraverso un’azione collettiva”.

Infine, Stefania Proietti, presidente della regione Umbria, ha parlato dell’esperienza del suo territorio: “La vera sfida è la cura. Abbiamo boschi ultracentenari che, se non gestiti, non proteggono. L’applicazione della Nrl significa anche fare terapia forestale e valorizzare i servizi ecosistemici, anche a fini di stoccaggio della CO₂. Come cuore verde d’Italia, vogliamo guidare il Paese in questa direzione, ricordando anche l’eredità spirituale di San Francesco”.

 

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L’evento integrale

Il comunicato stampa

Il Position Paper sulla Nature Restoration Law

La news sul documento

La presentazione di Francesco Frati

La presentazione di Tiziana Cattani

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La presentazione di Giuseppe Costa

La presentazione di Muroni e Giovannini



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