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India e Pakistan, chi c’è dietro la produzione di droni da combattimento impiegati nel conflitto


Continuano gli scontri lungo la Linea di controllo, il confine de facto che divide i territori contesi del Kashmir tra India e Pakistan, in un’escalation che vede un ricorso sempre più massiccio a droni da combattimento. L’8 maggio 2025 l’India ha lanciato tra i 25 e i 29 droni d’attacco Harop, di fabbricazione israeliana, contro obiettivi in diverse città pakistane — tra cui Lahore, Rawalpindi e Karachi — con l’intento di colpire radar e sistemi di difesa aerea. Secondo fonti pakistane, tutti i droni sono stati abbattuti, ma si registrano comunque vittime tra civili e militari. L’operazione è stata una rappresaglia a un tentativo pakistano, avvenuto la notte precedente, di colpire obiettivi militari indiani con droni e missili. Sebbene non sia la prima volta che Nuova Delhi e Islamabad impiegano velivoli senza pilota nei combattimenti, l’ampiezza e la precisione di questi ultimi attacchi segnano un salto di qualità nell’uso capillare di sistemi autonomi in uno scenario di confronto diretto. Un’evoluzione resa possibile da una rete articolata di fornitori internazionali e programmi nazionali di sviluppo, che alimentano una crescente corsa agli armamenti tecnologici tra due potenze nucleari.

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India e Pakistan, la corsa agli armamenti aerei senza pilota

La transizione verso l’impiego di velivoli senza pilota da parte dell’India è avvenuta gradualmente negli ultimi anni, ma ha subito un’accelerazione significativa nel 2023. Il paese ha infatti investito massicciamente nello sviluppo di capacità autonome nel settore dei droni militari attraverso il programma “Make in India”, una delle iniziative principali del governo di Nadrendra Modi per promuovere la produzione locale e ridurre la dipendenza dalle importazioni.

Lanciato nel 2014, “Make in India” mira a stimolare la crescita dell’industria manifatturiera locale, con un focus particolare su settori ad alta tecnologia come quello della difesa, aerospaziale e delle telecomunicazioni. Nonostante questi sforzi, l’esercito indiano continua a fare ampio ricorso a droni di fabbricazione israeliana. Secondo quanto riportato dall’Indian Times, l’esercito indiano ha dispiegato almeno dal 2021 lungo la Line di controllo un considerevole numero di droni Heron di fabbricazione israeliana, capaci di rimanere in volo per oltre 40 ore consecutive, e dotati di sofisticati sistemi di sorveglianza che consentono di monitorare le attività pakistane oltre il confine con un livello di dettaglio senza precedenti.

Il Pakistan, dal canto suo, non è rimasto a guardare e ha risposto rafforzando le proprie capacità in questo ambito, tanto più che la sua dipendenza tecnologica dalla Cina ha facilitato l’acquisizione di sistemi avanzati a prezzi relativamente contenuti. In quello che si è rivelato un chiaro segnale della direzione intrapresa da Islamabad, le forze armate pakistane hanno integrato nel loro arsenale i droni di sorveglianza Wing Loong e CH-4, entrambi di produzione cinese, capaci di trasportare anche armamenti per missioni offensive. Fonti militari pakistane hanno confermato che questi sistemi sono stati dislocati nelle aree sensibili lungo il confine, in particolare nelle zone montagnose dove la sorveglianza tradizionale risulta più complessa e rischiosa per il personale militare.

I fornitori e le implicazioni geopolitiche

Negli ultimi anni, l’India ha progressivamente diversificato le proprie fonti di approvvigionamento nel settore dei droni militari. Oltre a promuovere la produzione nazionale attraverso collaborazioni con aziende private come Adani Defence — impegnata nella realizzazione di velivoli senza pilota in partnership con l’israeliana Elbit Systems — Nuova Delhi ha stretto accordi strategici con attori internazionali per accedere a tecnologie avanzate. Tra questi, l’intesa con Israel Aerospace Industries per l’acquisto di droni armati Heron TP rappresenta un investimento da circa 400 milioni di dollari e si inserisce in una più ampia cooperazione militare tra i due paesi, che include anche il trasferimento di tecnologia nell’ambito dell’iniziativa “Make in India”. Gli Stati Uniti restano l’altro principale partner in questo settore: Washington ha recentemente approvato la vendita all’India di 31 droni MQ-9B SeaGuardian, destinati a rafforzare le capacità di sorveglianza delle forze armate.

Il Pakistan, a differenza dell’India, non ha lo stesso accesso alle tecnologie militari occidentali più avanzate. Questo è dovuto sia a motivi politici che di sicurezza. Islamabad, infatti, non fa parte di alcuni gruppi internazionali — come il Regime di controllo della tecnologia dei missili (Mtcr) o il Gruppo dei fornitori nucleari (Nsg) — che facilitano la cooperazione in campo militare. Inoltre, i rapporti tesi con Stati Uniti e Unione europea, legati anche ad accuse di legami con gruppi armati attivi in Afghanistan e Kashmir e a timori sulla gestione del suo arsenale nucleare, hanno reso difficile l’acquisto di tecnologie da aziende occidentali. Per questo motivo, il Pakistan si è avvicinato sempre di più alla Cina, che oggi è il suo principale partner nel settore della difesa. Negli ultimi cinque anni Islamabad ha acquistato da Pechino quasi cinquanta droni, tra cui i modelli armati CH-4 e Wing Loong II. Questa collaborazione va oltre la semplice fornitura: il Pakistan, con il supporto tecnico cinese, ha avviato anche la produzione del drone Shahpar-2, una versione aggiornata di un modello nazionale che incorpora tecnologia cinese.

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