Secondo il Presidente del NAMM i dazi di Trump minacciano l’industria della chitarra: costi imprevedibili, filiere interrotte e aziende già sotto pressione.
John Mlynczak, presidente e CEO della National Association of Music Merchants (NAMM), ha lanciato un chiaro allarme sull’effetto che le recenti tariffe doganali volute dall’amministrazione Trump stanno già producendo – e potrebbero ulteriormente aggravare – nel mercato statunitense degli strumenti musicali, con un’attenzione particolare al comparto delle chitarre.
Un settore in allerta
Mlynczak ha descritto la situazione come particolarmente critica non solo per l’entità dei costi aggiuntivi, ma soprattutto per la loro imprevedibilità e rapidità di applicazione, che impedisce alle aziende di adattarsi in tempo.
Il rischio maggiore? Interruzioni nelle catene di fornitura, già messe a dura prova da anni di tensioni commerciali e instabilità globale.
“Le aziende non hanno il tempo di pianificare, adattarsi o evolvere” (John Mlynczak)
In un momento in cui molte imprese stanno ancora cercando di recuperare la stabilità operativa dopo la pandemia, queste nuove misure potrebbero rappresentare un ulteriore ostacolo alla ripresa.
La reazione dell’industria
Non a caso, per la prima volta dopo 17 anni, i rappresentanti di alcune delle più importanti aziende del settore si sono riuniti a Washington D.C..
Tra i presenti, oltre allo stesso Mlynczak, figurano nomi di rilievo come Justin Norvell (Fender), Erin Salmon (Gibson), John McElroy (Martin), Meghan Efland (PRS) e Scott Paul (Taylor Guitars).
L’obiettivo è chiaro: difendere il settore attraverso un’azione diretta di lobbying presso il Congresso, in particolare davanti alla Commissione Ways and Means, l’organo preposto alla legislazione fiscale.
Le conseguenze concrete
Le ripercussioni delle tariffe sono già tangibili: Moody’s ha declassato il rating di credito di Fender, anche tenendo conto di queste nuove pressioni fiscali.
Alcuni produttori, come Morgan Amps, prevedono un aumento sensibile dei prezzi per i consumatori, mentre Mike Matthews di Electro-Harmonix ha sottolineato come l’approvvigionamento dall’estero resti imprescindibile per la maggior parte dei marchi statunitensi.
Un appello all’azione
Secondo Mlynczak, è essenziale che anche i cittadini statunitensi si mobilitino:
“La cosa più importante che si possa fare ora è contattare il proprio membro del Congresso” (John Mlynczak)
Una pressione collettiva, spiega, potrebbe portare alla creazione di esenzioni mirate per strumenti musicali e materiali usati nella loro produzione, come già avvenuto in altri settori, ad esempio quello automobilistico o tecnologico.
Oltre le tariffe: il valore dei materiali
Durante l’incontro nella capitale, la delegazione ha anche sottolineato il ruolo chiave dei tonewoods nella cultura musicale americana e nella sostenibilità del settore, ponendo l’accento su come politiche commerciali non calibrate rischino di compromettere un equilibrio già fragile.
Mentre si attende l’intervista integrale a Mlynczak che verrà pubblicata da Guitar World prossimamente, una cosa è certa: i dazi non sono più solo una questione economica, ma una minaccia diretta alla tenuta dell’intero ecosistema musicale statunitense.
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