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Che cos’è l’upskilling e come farlo nelle PMI


La globalizzazione, la concorrenza dei mercati emergenti e le straordinarie sfide dell’innovazione hanno indebolito progressivamente questo mito, che era proprio dell’ecosistema produttivo italiano. La piccola-media impresa, la “fabbrichetta”, per riprendere un termine un po’ riduttivo, è stata protagonista del nostro miracolo economico. Oggi però rappresenta uno dei limiti della cultura industriale italiana. Siamo troppo piccoli, poco managerializzati, molte aziende italiane soffrono della mancanza di competenze digitali e della vision internazionale per sopravvivere in un contesto economico esposto a una rivoluzione continua. A ciò si aggiunge il problema dello skill mismatch, la mancanza di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

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Come si risolve un handicap strutturale che, a prima vista, rischia di metterci davvero in ombra nel mercato globale? Per mantenere la competitività e garantire una crescita sostenibile, è fondamentale investire nello sviluppo delle competenze del personale aziendale, attraverso l’adozione di iniziative di formazione 5.0, oltre all’introduzione di percorsi di upskilling e reskilling in azienda, la valorizzazione delle soft skills più richieste dal mercato. L’upskilling, ovvero l’aggiornamento e azioni come il potenziamento delle abilità dei dipendenti, rappresenta una strategia chiave per affrontare queste sfide e cogliere nuove opportunità.​

Che cos’è l’upskilling

Upskilling si riferisce al processo di miglioramento delle competenze esistenti dei dipendenti, attraverso la formazione e l’apprendimento continuo. Questo approccio mira a colmare il divario tra le competenze attuali e quelle richieste dalle nuove tecnologie, dai cambiamenti nei processi aziendali e dalle esigenze del mercato. A differenza del reskilling, che implica l’acquisizione di competenze completamente nuove per svolgere ruoli diversi, l’upskilling si concentra sull’espansione delle abilità all’interno del ruolo attuale del dipendente.​

Perché l’upskilling è prezioso per le Pmi

Di fronte all’adattarsi alle rapide evoluzioni tecnologiche e alle nuove dinamiche di mercato, l’upskilling offre alle Pmi l’opportunità di rafforzare la propria competitività, migliorare l’efficienza operativa e attrarre talenti qualificati.​ Investire nell’upskilling di affrontare il mismatch tra le competenze disponibili e quelle richieste dal mercato. Secondo una ricerca dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano, solo il 15% delle Pmi italiane valuta regolarmente le competenze del personale, evidenziando la necessità di una maggiore attenzione alla formazione continua.

Inoltre, l’upskilling contribuisce a migliorare la produttività e l’efficienza operativa. Dipendenti più qualificati sono in grado di utilizzare le nuove tecnologie in modo più efficace, riducendo gli errori e ottimizzando i processi. Questo si traduce in una maggiore competitività sul mercato e in una migliore capacità di adattamento ai cambiamenti.​

Un altro vantaggio significativo riguarda la fidelizzazione delle persone . Le opportunità di crescita professionale offerte attraverso l’upskilling aumentano la soddisfazione lavorativa e riducono il turnover del personale. Secondo uno studio di Adecco, quasi il 50% delle PMI italiane è alla ricerca di operai specializzati, evidenziando la necessità di trattenere e sviluppare i talenti interni.

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Sfide comuni nell’implementare l’upskilling nelle Pmi

Nonostante i numerosi vantaggi, le Pmi italiane affrontano diverse sfide nell’implementazione di programmi di upskilling. Una delle principali difficoltà è la mancanza di tempo e risorse da dedicare alla formazione. Il 40% delle Pmi dichiara di non avere abbastanza tempo da dedicare alla formazione durante il turno lavorativo, mentre il 32% segnala l’assenza di una struttura organizzativa adeguata per gestire i programmi formativi.

Un’altra sfida riguarda la scarsa consapevolezza delle opportunità di finanziamento disponibili per la formazione. Molte Pmi non sono a conoscenza dei fondi e degli incentivi offerti per supportare l’upskilling, limitando così le possibilità di accesso a programmi formativi di qualità. Per esempio, la terza edizione del Fondo Nuove Competenze, con uno stanziamento di 731 milioni di euro, rappresenta un’importante opportunità per le aziende che desiderano sviluppare le competenze dei propri collaboratori. ​

Infine, la mancanza di una visione strategica della formazione rappresenta un ulteriore ostacolo. Molte Pmi si limitano a offrire solo la formazione obbligatoria o adottano modalità informali, senza una pianificazione strutturata e allineata con le esigenze aziendali. Solo il 15% delle Pmi include la formazione nella propria strategia aziendale, evidenziando la necessità di un cambiamento culturale in questo ambito.

Come avviare un programma di upskilling efficace

Per superare le sfide sopra descritte e implementare con successo programmi di upskilling, le Pmi devono adottare un approccio strategico e strutturato. È fondamentale iniziare con una valutazione delle competenze esistenti e delle esigenze future, per identificare le aree di intervento prioritario. Successivamente, è necessario definire obiettivi chiari e misurabili, selezionare i metodi formativi più adatti e monitorare costantemente i risultati ottenuti.​

Strategie di successo per l’upskilling

Tra le strategie più efficaci per l’upskilling nelle PMI, vi è l’integrazione della formazione nel contesto lavorativo quotidiano. L’adozione di modalità di apprendimento flessibili come l’e-learning e il microlearning, consente alle persone di acquisire nuove competenze senza interrompere le attività operative. Inoltre, la collaborazione con enti di formazione specializzati e l’utilizzo di piattaforme digitali possono facilitare l’accesso a contenuti formativi di qualità. In questo senso, l’adozione di Learning Management System (Lms) e piattaforme di digital learning consente di tracciare i progressi, personalizzare i percorsi formativi e fornire feedback tempestivi.

Un altro elemento chiave per il successo è il coinvolgimento attivo dei manager e dei responsabili di funzione. Sono loro i primi a dover comprendere l’importanza dell’upskilling e a promuovere una cultura dell’apprendimento continuo, integrando la formazione negli obiettivi aziendali e nei percorsi di crescita del personale. Inoltre, la definizione di Kpi formativi, come il livello di engagement o il miglioramento delle performance operative, aiuta a misurare l’efficacia degli interventi.

L’importanza della formazione continua nelle PMI

La formazione non è più un evento isolato, ma un processo continuo e integrato. In un’epoca segnata dalla transizione digitale e green, la rapidità con cui cambiano le tecnologie e le normative rende obsolete molte competenze in tempi brevi. Secondo il World Economic Forum, entro il 2027 il 44% delle competenze lavorative individuali sarà soggetto a trasformazioni. Le Pmi devono quindi abbandonare una logica reattiva e adottare un approccio proattivo alla formazione.

Questo richiede anche un ripensamento dei ruoli: non solo gli operativi, ma anche il middle management deve essere coinvolto in percorsi di aggiornamento. Inoltre, la formazione continua può diventare un asset reputazionale: le aziende che investono nelle persone attraggono talenti più facilmente, soprattutto tra i giovani che cercano contesti lavorativi dinamici e in crescita.

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In Italia, iniziative come Fondimpresa, Fondo Nuove Competenze e i voucher regionali per la formazione rappresentano strumenti preziosi per abbattere i costi e accedere a percorsi formativi su misura. Tuttavia, è essenziale che le Pmi si dotino di una figura dedicata – anche part-time – alla gestione delle opportunità di finanziamento e alla costruzione di un piano formativo coerente.



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